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MOZIONE.

Già nel 2011 la Giunta provinciale aveva acquistato l’areale e gli edifici del convento delle Dame Inglesi a Bressanone. Allora, grazie alla mediazione dello studio bolzanino Plattner, il prezzo d’acquisto pagato dalla provincia è stato di 25 milioni di euro (compresa la lauta commissione versata allo studio). Poiché le poche suore che abitavano nel convento si sono trasferite altrove, ora alcune parti dell’edificio ospitano il “Marianum” e il “Maria Ward”, che continuano a svolgere l’importante funzione di studentato. Fino ad oggi il resto dell’edificio è utilizzato solo parzialmente. A parte il Centro pedagogico, la direzione del Museo delle Miniere, due classi della scuola professionale “Hannah Arendt” e la struttura di formazione “Galileo”, lo spazioso convento, ubicato in pieno centro a Bressanone, è in disuso da ormai quasi 10 anni. Lo stesso vale anche per il suo vasto giardino, esposto a sud e antistante il monastero, che si sviluppa verso via Bastioni Maggiori. È già tanto che durante il restauro della chiesa parrocchiale di San Michele, la chiesetta di San Giuseppe ne abbia temporaneamente svolto le funzioni.

Il sottoutilizzo del monastero sembra ancora più sconcertante se si considera che a Bressanone c’è una palese mancanza di spazi destinati al sociale e al mondo della cultura. Un’opzione sarebbe stata quella di collocare la nuova casa di riposo presso le “Dame Inglesi”, giacché si trovano poco distanti dalla casa del Beato Artmanno
(Hartmannsheim), invece di progettare una costruzione ex novo a nord della città, in prossimità di Varna. Si sarebbe anche potuto valutare l’utilizzo dell’edificio come sede bibliotecaria, anziché progettarne una nuova e molto costosa in via Bruno. L’edificio e l’areale delle “Dame Inglesi” potrebbero altresì ospitare degli alloggi sociali, di cui al momento c’è molta necessità a Bressanone.

Un’altra ipotesi che merita considerazione è quella di aprire il giardino delle “Dame Inglesi” al pubblico. Visto l’utilizzo previsto per il giardino vescovile, che chiaramente non viene incontro all’esigenza di creare nuovo verde pubblico, aprire alla cittadinanza il giardino delle “Dame Inglesi” sembrerebbe quasi una scelta naturale.

Lo sviluppo urbanistico della città e il fatto che la Provincia abbia voce in capitolo impongono che a questo prezioso areale, collocato in una posizione strategica di Bressanone, venga rivolta un’attenzione particolare, e che l’utilizzo venga adeguatamente pianificato.

Il Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano incarica quindi la Giunta provinciale

  1. di valutare sulla base di un preciso inventario gli spazi disponibili, gli interventi necessari di risanamento e i possibili utilizzi dell’edificio e dell’areale appartenuti in passato alle “Dame Inglesi” di Bressanone;
  2. di adoperarsi per un maggiore utilizzo, con vincolo di destinazione prevalentemente sociale e culturale;
  3. di mettere a disposizione dei cittadini il “giardino delle Dame Inglesi” qualora il “giardino vescovile” dovesse trasformarsi in un “monumento a Heller” con  ingresso a pagamento.

 

Bozen, 19.02.2020

Consiglieri provinciali
Brigitte Foppa
Riccardo Dello Sbarba
Hanspeter Staffler

COMUNICATO STAMPA.

Oggi, 22 maggio 2020 è la giornata della biodiversità, e proprio in tempi di crisi non dobbiamo dimenticarci del nostro ambiente e della nostra natura. Non a caso il Gruppo Verde ha scelto questo giorno per consegnare un disegno di legge per migliorare la tutela della biodiversità in Alto Adige. Infatti il tempo stringe.

Il Rapporto ONU sulla biodiversità avverte infatti che se continuiamo in questo modo provocheremo una crisi ecologica di dimensioni gigantesche. Non è ancora troppo tardi, se reagiamo subito ovunque e su tutti i livelli istituzionali, ma non c’è tempo da perdere.

Anche l’Alto Adige non verrebbe risparmiato da una tale crisi. La perdita di biodiversità, tra piante e animali, dell’Alto Adige/Südtirol viene documentato nella cosiddetta “lista rossa”. Secondo questa lista, il 27% delle piante selvatiche è in pericolo. Poiché la pubblicazione risale al 2006, c’è da temere che in questi 14 anni la situazione sia ulteriormente peggiorata. Ancora più drammatica è la situazione degli animali, di cui, secondi i dati risalenti al 1994, il 41% è a rischio. Probabilmente a soffrire in maniera particolare in questi ultimi decenni devono essere stati gli insetti – a livello europeo la moria di api e insetti è evidente e riconosciuta da tutti.

“Per questo – spiega il primo firmatario Hanspeter Staffler – con il disegno di legge presentato in Consiglio provinciale chiediamo di aggiornare la “lista rossa” e di renderla strumento di riferimento nella legge per la tutela della natura. Proponiamo inoltre di aumentare l’impegno per la tutela della biodiversità, soprattutto di quella particolarmente preziosa di alta montagna. Prendiamoci cura tutti insieme della nostra bella terra”.

DISEGNO DI LEGGE Nr. 54/20-XVI.

Modifiche alla legge provinciale 12 maggio 2010, n. 6, “Legge di tutela della natura e altre disposizioni”

Nel 2019 è stato pubblicato per la prima volta il rapporto sulla biodiversità nel mondo [1], che non dà un quadro incoraggiante dello stato del nostro ambiente vitale. In tutto il mondo gli habitat naturali vengono spinti sempre più ai margini e spesso distrutti. Le specie animali e vegetali selvatiche sono così private del loro ambiente e quindi scompaiono. Il declino globale della biodiversità è drammatico e l’estinzione delle specie ha raggiunto dimensioni enormi: il rapporto stima che circa un milione di specie vegetali e animali sono a rischio di estinzione nei prossimi anni e decenni.

Il rapporto elenca le cinque principali cause della perdita di biodiversità:

  1. cambiamenti nell’utilizzo del suolo e del mare
  2. eliminazione diretta di specie
  3. cambiamenti climatici
  4. inquinamento ambientale
  5. diffusione di specie invasive

La sintesi in lingua tedesca [2] per i responsabili politici/le responsabili politiche si occupa anche del cambiamento nell’utilizzo del suolo in Europa. Le strategie di sfruttamento sempre più intensivo in agricoltura e silvicoltura, insieme allo sviluppo urbano, hanno portato a un impoverimento della biodiversità. È stata ridotta l’estensione di habitat seminaturali di alto valore naturalistico, per cui sono a rischio anche le specie animali e vegetali che vi vivono.

In Europa i principali fattori di rischio per gli ecosistemi terrestri sono, oltre all’uso intensivo del suolo, i cambiamenti climatici, l’inquinamento e la diffusione di specie invasive. Oceani e mari soffrono per il massiccio sovrasfruttamento delle risorse ittiche e per l’inquinamento da plastica. Le foreste vergini ad alta biodiversità in Sudamerica, in Africa e nel Sudest asiatico vengono bruciate e sfruttate senza pietà. In certi casi l’essere umano caccia selettivamente molte specie animali, mettendone a rischio la sopravvivenza per profitto e con il bracconaggio

Il rapporto sulla biodiversità nel mondo lancia quindi un forte segnale di allarme, e avverte che continuare come si è fatto finora provocherà una crisi ecologica di proporzioni gigantesche. Ma non è ancora troppo tardi, se si imboccheranno immediatamente nuove strade a tutti i livelli istituzionali e in tutti i Paesi. Comunque non possiamo più permetterci di aspettare.

Oltre alle numerose argomentazioni avanzate dagli scienziati, anche alti rappresentanti della Chiesa si sono espressi sulla perdita di biodiversità e la distruzione di habitat: “Mantenere, preservare la ricchezza e la bellezza della natura e le funzioni ecologiche legate ad essa è un compito d’importanza capitale per l’umanità. Per poter condurre una vita felice e piena di senso abbiamo bisogno degli svariati doni che la natura ci offre.” [3] Così si è espresso il vescovo Felix Gmür di Basilea.

Inoltre papa Francesco scrive nella sua enciclica Laudato si’ [4]: “Poiché tutte le creature sono connesse tra loro, di ognuna dev’essere riconosciuto il valore con affetto e ammirazione, e tutti noi esseri creati abbiamo bisogno gli uni degli altri.”

Quindi scienza, tutela della natura e religione concordano: è responsabilità di noi umani fare tutto il possibile per far prosperare gli habitat naturali con flora e fauna selvatici. Funzioni dell’ecosistema come l’impollinazione delle colture, l’aria pura e l’acqua pulita sono indispensabili all’essere umano e sono d’immensa importanza per la salute, la qualità della vita e l’economia. Oltre a questo, però, noi umani abbiamo anche una missione spirituale e morale, e come specie dominante dobbiamo prestare attenzione a tutte le altre creature.

Quadro giuridico

A livello europeo, la direttiva Habitat [5] e la direttiva sulla conservazione degli uccelli [6] costituiscono il quadro di base dell’attuale politica di protezione della natura. La prima si basa su due pilastri: da una parte la rigorosa protezione delle specie selvatiche animali e vegetali; dall’altra la regolamentazione della rete europea di zone di conservazione Natura 2000. In Alto Adige sono stati finora individuati circa 40 siti d’importanza comunitaria. Ai sensi della direttiva sulla conservazione degli uccelli vengono individuate speciali zone di conservazione, a cui si applicano apposite misure di conservazione e di gestione.

Nel 2010 la Provincia autonoma di Bolzano, con la legge di tutela della natura [7] , ha recepito le direttive europee, pronunciandosi decisamente per una tutela a lungo termine degli habitat ad alta biodiversità nonché delle specie rare vegetali e animali. È vietato degradare e perturbare sia le aree protette individuate per decreto sia gli habitat non espressamente individuati. Ad esempio si può continuare a coltivare nella maniera tradizionale i prati di montagna ad alta biodiversità. Non sono permessi interventi di spianamento, drenaggio o eccessiva concimazione che possano perturbare o addirittura danneggiare le locali specie animali e vegetali. Lo stesso vale per habitat umidi come boschi ripari, torbiere, prati umidi e allagati.

Il 20 maggio 2020 la Commissione europea ha presentato la strategia sulla biodiversità per il 2030, che dev’essere ancora esaminata dal Parlamento e dal Consiglio europei. Dal punto di vista dei contenuti, vi è un chiaro impegno per l’ampliamento delle aree protette e per una più efficace protezione degli habitat ad alta biodiversità. Per realizzare questi obiettivi la Commissione intende mettere a disposizione 20 miliardi di euro l’anno. In Alto Adige ciò aumenterebbe fortemente le risorse, attualmente a dir poco modeste, destinate alla protezione della natura.

La particolare situazione in Alto Adige

La perdita di biodiversità della flora e della fauna altoatesine è documentata nelle cosiddette Liste Rosse. Le Liste Rosse indicano il grado di minaccia per le specie vegetali e animali in relazione a un determinato bacino. Sono elaborate secondo linee guida internazionali e sono quindi comparabili fra loro anche al di fuori dei singoli bacini. Le Liste Rosse sono una base indispensabile per poter prendere decisioni sulla salvaguardia della natura nel contesto di interventi in habitat ad alta biodiversità. Se gli habitat vengono ridimensionati, alterati o addirittura distrutti, ciò riguarda in ugual misura la loro flora e fauna: la distruzione dell’habitat comporta anche la fine di queste specie.

Le Liste Rosse sono elaborate da esperte ed esperti in base a criteri scientifici, e dovrebbero confluire nel lavoro di salvaguardia della natura. Tuttavia, per dare alle Liste Rosse rilevanza giuridica, è utile definirle a intervalli regolari mediante un atto giuridico. Il lavoro su di esse non si ferma mai, perché l’evoluzione e la scomparsa delle specie sono un processo continuo.

Dalla Lista Rossa delle piante vascolari in via di estinzione dell’Alto Adige [8] risulta che il 27% delle specie vegetali selvatiche è in qualche modo a rischio. Poiché questa pubblicazione risale al 2006, c’è da temere che nel frattempo la situazione sia peggiorata. La situazione è ancora più drammatica per le specie animali: secondo dati aggiornati al 1994 (!), il 41% delle specie animali esaminate [9] è considerato a rischio. Anche in questo caso è ragionevole supporre che dagli anni ‘90 la situazione sia notevolmente peggiorata. È probabile che la situazione degli insetti sia particolarmente grave: la morìa delle api e degli insetti in tutta Europa è ormai un fatto generalmente ammesso.

Come spiegato sopra, il declino della biodiversità ha una serie di cause. Ciò non dovrebbe però dissuaderci dall’adottare, ove possibile, misure mirate a tutela della biodiversità. L’anno scorso, ad esempio, nel comune di Curon Venosta dei prati di montagna ad alta biodiversità sono stati fertilizzati con colaticcio. Questa pratica deteriora molto rapidamente la composizione per specie di un prato di montagna, nonostante la legge vieti chiaramente di perturbare tali habitat ad alta biodiversità. L’eccessiva concimazione ha trasformato prati di montagna un tempo ricchi di specie in monotoni prati a fieno, com’è già stato dimostrato decenni fa riguardo all’Alpe di Siusi10. Sviluppi simili si sono avuti anche sull’altopiano del Salto.

Prati di montagna ad alta biodiversità, prati magri, prati aridi, zone umide e torbiere non resistono a una concimazione ricca di azoto mediante colaticcio o liquame. Tali habitat possono essere fertilizzati al massimo con stallatico ben marcito. La Giunta provinciale ha deciso che nei siti Natura 2000 prati ad alta biodiversità e terre magre a uso estensivo possono essere fertilizzati solo con
letame ben compostato. Tuttavia, poiché anche al di fuori dei siti Natura 2000 ci sono habitat ad alta biodiversità legalmente protetti, pure per questi ultimi devono valere, per analogia, le stesse condizioni. Per evitare la distruzione degli ultimi prati di montagna ad alta biodiversità e per agire nello spirito della strategia europea sulla biodiversità per il 2030, gli habitat ricchi di specie devono essere meglio protetti dalla legge.

Misure

Le Liste Rosse delle specie animali e vegetali minacciate in Alto Adige dovranno essere un punto di riferimento per il lavoro di salvaguardia della natura, e perciò dovranno essere approvate con delibera della Giunta provinciale. Nel valutare gli interventi, gli esperti potranno così attingere a un insieme di strumenti fondati giuridicamente e scientificamente. D’ora in avanti le specie animali e vegetali classificate nelle Liste Rosse come “in pericolo di estinzione” e “fortemente minacciate” dovranno essere considerate pienamente protette.

L’eccessiva concimazione di habitat ad alta biodiversità come prati, terre magre a uso estensivo, prati aridi, torbiere e zone umide, prati alberati, verde agricolo alpino e pascoli è già vietata nei siti
Natura 2000. Il presente disegno di legge estende questa tutela agli habitat ad alta biodiversità situati al di fuori dei siti Natura 2000. L’esperienza dimostra che attualmente la tutela di questi ultimi è insufficiente. È quindi necessario un migliore e più forte strumento giuridico.

 

BZ, 22.05.2020

Consigliere provinciale

Hanspeter Staffler

 

[1] IPBES, Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services, (2019): The global Assessment Report on Biodiversity and Ecosystem Services.

[2] IPBES (2018): Zusammenfassung für politische Entscheidungsträger des Regionalen Assessments zur biologischen Vielfalt und Ökosystemleistungen in Europa und Zentralasien der Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services. M. Fischer, M. Rounsevell, A. Torre-Marin Rando, A. Mader, A. Church, M. Elbakidze, V. Elias, T. Hahn, P.A. Harrison, J. Hauck, B. Martín- López, I. Ring, C. Sandström, I. Sousa Pinto, P. Visconti, N.E. Zimmermann und M. Christie (Hrsg.). IPBES-Sekretariat, Bonn, Deutschland. 48 Seiten.

[3] Bischof Felix Gmür: Beitrag in oeku-Nr. 2/2019. Kirche und Umwelt, oeku.ch.

[4] Laudato si. 2015. Die Umwelt-Enzyklika das Papstes. Verlag Herder , Freiburg im Breisgau.

[5] Richtlinie 92/43/EWG des Rates vom 21.05.1992 zur Erhaltung der natürlichen Lebensräume sowie der wild lebenden Tiere und Pflanzen.

[6] Richtlinie 2009/147/EG des Europäischen Parlaments und des Rates am 30.11.2009 über die Erhaltung wild lebender Vogelarten.

[7] Landesgesetz vom 12. Mai 2010, Nr. 6 „Naturschutzgesetz und andere Bestimmungen“.

[8] Wilhalm Th., Hilpold A. (2000): Rote Liste der gefährdeten Gefäßpflanzen Südtirols. Gredleriana, Vol. 6/2006. Pp.115-198.

[9] Unsere Tiere in Gefahr. Informationsbroschüre der Abteilung Natur und Landschaft. 2009.

[10] Grabherr, G. (2009): Biodiversitätsverlust durch moderne Hochlagen-Landwirtschaft. Jahrbuch des Vereins zum Schutz der Bergwelt (München). 74./75. Jahrgang. S. 29-40.

Servizio d’emergenza per le/i bambine/i: aiuto!

Giovedì 21 maggio abbiamo dedicato il nostro Green meeting point al tema scottante del servizio d’assistenza e di educazione per i bambini e le bambine: la provincia ha attivato un servizio d’emergenza a cui però pochissime famiglie hanno accesso. Che fare? E come evitare che degeneri in una “guerra tra poveri” (o meglio, tra povere)?

È stato uno scambio molto ricco per il quale ringraziamo tutte e tutti coloro che hanno partecipato che sono intervenuti portando la loro esperienza e tante proposte costruttive.

Qui potete visualizzare il raccolto commentato.

Il progetto Green Meeting Point viene accompagnato della cooperativa sociale Blufink, che, alla fine di ogni dialogo, riassume nel “raccolto” gli input, le domande e i commenti emersi.

MOZIONE.

Il trasporto pubblico collettivo è stato coinvolto pienamente nelle misure d’emergenza contro l’epidemia da Covid-19: i servizi sono stati bloccati o ridotti al minimo durante la fase di generale quarantena e nella successiva “riapertura” hanno ripreso in forma ridotta e con precise misure di distanziamento sociale che hanno diminuito le capacità di trasporto. Vi è stato anche un fattore psicologico, poiché le persone si sono abituate a considerare i mezzi pubblici come ambienti a rischio di epidemia. Alla ripresa delle attività infatti si è notato un aumento nell’uso del mezzo privato (a volte salutato positivamente sui mass media) e una scarsa propensione a riutilizzare treni e bus. In questo modo il Coronavirus rischia di cancellare anni e anni di politiche di promozione del trasporto pubblico collettivo e l’immagine stessa di questo modo ecologico di muoversi. I danni per l’ambiente possono essere ingenti e di lungo periodo.

Naturalmente va potenziata la possibilità di spostarsi in bicicletta o a piedi, ma ciò che preoccupa è tutta la mobilità finora gestita attraverso il trasporto pubblico. A questo tipo di mobilità va dedicato ora un intervento straordinario, che va considerato come parte integrante delle misure per ridurre al minimo i danni conseguenti alla pandemia – intendiamo parlare dei danni ecologici, che possono essere altrettanto gravi dei danni economici e che dunque meritano un forte investimento di risorse pubbliche.

La prima cosa da fare, se vogliamo aumentare di nuovo le persone che scelgono treni e bus, è certamente quella di potenziare le capacità di trasporto tenendo conto della necessità di rispettare tassativamente le misure di sicurezza anti Coronavirus, in modo da dare a chi sale su un mezzo pubblico una doppia certezza: che la sua salute è tutelata e che troverà di sicuro posto (aspetto, quest’ultimo, da comunicare chiaramente nella campagna pubblicitaria di rilancio del trasporto pubblico).

Inoltre, serve un forte incentivo economico che premi chi torna a preferire il trasporto pubblico sull’auto privata.  Tale incentivo deve essere caratterizzato dalla semplicità, dalla chiarezza, dalla capacità di essere apprezzato immediatamente dall’utenza e deve consistere in un’attraente riduzione tariffaria per chi viaggia spesso con i mezzi pubblici, o può decidere proprio grazie a questo incentivo di utilizzarli più spesso. Il modello è quello del ”Pass Abo+” e del “Pass 65+”: un attraente abbonamento annuale forfettario valido per tutti i mezzi e per tutte le tratte percorribili con l’”Alto Adige Pass”. In Tirolo ad esempio esiste lo “Jahres-Ticket”, come in moltissime altre regioni o città europee.

Si tratterebbe di una offerta a cui ogni persona può aderire oppure no, restando intatta la possibilità di optare per il sistema tariffario a chilometri del classico Alto Adige Pass. La categoria che potrebbe essere più interessata sono le lavoratrici e i lavoratori pendolari, che viaggiano molto per lavoro.

Tenendo conto delle attuali tariffe, per essere attraente il costo di tale abbonamento forfettario non dovrebbe superare i 300€ all’anno (cioè al massimo il doppio dell’Abo+), anche pagabili a rate mensili di 25€.

Infine, proprio dopo l’esperienza dell’emergenza Covid-19, per molte persone potrebbe crescere l’attrattiva per il car sharing, finora scelta da una nicchia relativamente ridotta di utenti. Qui la Provincia dovrebbe preparare un piano straordinario di rilancio e potenziamento del car sharing, che privilegi l’uso di mezzi elettrici o per lo meno ibridi,  offrendo incentivi e facilitazioni a chi si proponga – dando le opportune garanzie – per potenziare l’offerta di questo genere di mobilità.

Tutto ciò considerato,
Il consiglio della Provincia autonoma di Bolzano impegna la Giunta provinciale:

  1. A introdurre nel sistema tariffario provinciale l’offerta aggiuntiva e opzionale di un abbonamento annuale forfettario valido per tutti i mezzi e tutte le tratte percorribili con l’”Alto Adige Pass”, a un costo che non deve superare i 300€ all’anno, anche pagabili a rate mensili di 25€. Resta ferma comunque la possibilità di scegliere l’attuale sistema a tariffa chilometrica.
  2. A predisporre un piano straordinario di rilancio e potenziamento del car sharing, offrendo incentivi e facilitazioni a chi si proponga – dando le opportune garanzie e optando per l’impiego di mezzi elettrici o almeno ibridi –  per potenziare l’offerta di questo genere di mobilità.
  3. A potenziare le capacità di trasporto pubblico tenendo conto della necessità di rispettare tassativamente le misure di sicurezza anti Coronavirus, in modo da dare a chi sale su un mezzo pubblico la certezza di trovare posto insieme alla assoluta tutela della propria salute.

Bolzano, 21/05/2020

Cons. prov.
Riccardo Dello Sbarba
Brigitte Foppa
Hanspeter Staffler

 

COMUNICATO STAMPA.

Con il lento concludersi della prima ondata della crisi sanitaria da Covid19, iniziamo a fare un po’ d’ordine. Mentre con diverse interrogazioni in Consiglio Provinciale, nella commissione d’inchiesta e addirittura con delle indagini della procura, la “fase 1” viene ben analizzata ed elaborata, finora manca completamente lo sguardo sul periodo prima dello scoppio della crisi. Eppure secondo esperte ed esperti è proprio in questa fase che molto probabilmente sono stati fatti i “grandi errori”. È il periodo tra l’inizio dell’anno e l’inizio del lockdown, o comunque il tempo intercorso tra l’annuncio dell’emergenza nazionale fatta dal governo Conte il 31 gennaio 2020 e il decreto di chiusura (#iorestoacasa) del 9 marzo.
Regioni che in questa fase, che qui chiamiamo “fase 0”, hanno preso l’epidemia sul serio e quindi hanno reagito subito, sono state molto meno colpite nella fase acuta, rispetto a quelle Regioni che invece non hanno preso subito misure concrete ed efficaci, né a livello di sistema sanitario, né a livello sociale. Proprio in quelle settimane si sono avviate (o sono state evitate) le grandi catene d’infezione e così sono stati creati (o appunto evitati) anche i presupposti per la concentrazione in determinati hotspot.

In due interrogazioni presentate in Consiglio provinciale e che verranno trattate nella prossima seduta a giugno, il Gruppo Verde inizia a fare luce su questa “fase 0”. I Consiglieri provinciali Foppa, Dello Sbarba e Staffler chiedono, per prima cosa, come il sistema sanitario dell’Alto Adige/Südtirol si sia preparato alla fase acuta della pandemia che si stava rapidamente avvicinando, soprattutto per quanto riguarda:

  1. l’acquisto di mascherine e vestiario di protezione
  2. le istruzioni distribuite al personale e a tutte/i gli/le inservienti su come comportarsi durante la pandemia
  3. l’ampliamento delle risorse mediche di terapia intensiva.

Il secondo tema riguarda invece i grandi eventi. Si sa che i grandi affollamenti di persone sono stati uno dei fattori che hanno portato alle infezioni di massa. In Alto Adige/Südtirol i grandi eventi o manifestazioni che riguardano più comuni vengono approvati dall’amministrazione provinciale. Il Gruppo Verde chiede quindi, quali eventi di grandi dimensioni e quali manifestazioni che coinvolgessero più Comuni abbiano avuto luogo in Alto Adige/Südtirol nell’arco di tempo tra il 31/01/2020 e il 09/03/2020 e quali invece siano stati cancellati.
Capire che cosa sia successo in quelle settimane intanto ci fa sapere se “siamo davvero meglio di altre regioni”, come spesso si afferma. Soprattutto però ci aiuta a evitare errori fatali nel caso dovesse ripresentarsi una “seconda ondata” della pandemia.

21 maggio 2020

Cons. prov.
Brigitte Foppa, Riccardo Dello Sbarba, Hanspeter Staffler

COMUNICATO STAMPA.

È un vero peccato che i fornitori sudtirolesi non siano riusciti ad aggiudicarsi la gara per la fornitura del latte per gli ospedali e per le strutture di cura. E quello che fa arrabbiare in questa storia è che i fornitori locali hanno perso per un soffio.

In questo modo la Provincia si è lasciata sfuggire una filiera economica locale di cui in questo periodo avremmo tanto bisogno. Sarebbe stato così bello se i produttori altoatesini avessero potuto rifornire i nostri ospedali con il latte nostrano. Sarebbe stato un contributo importante per un’economia ecologica, sociale e locale. Purtroppo, è andata diversamente.

L’Agenzia per gli appalti della Provincia ha sicuramente offerto una procedura come si deve, secondo il quadro di tutte le regole vigenti e le normative. Siamo legati alle direttive europee per gli appalti, secondo le quali non sono previste limitazioni regionali per la fornitura di prodotti alimentari.

Ed è per questo che bisognerebbe intervenire politicamente a livello Europeo! Per un’economia rispettosa dell’ambiente e socialmente giusta, per gli appalti sui generi alimentari, ci sarebbe bisogno della possibilità di favorire i produttori regionali. “A parità di qualità del prodotto, non vince quello più a buon mercato, ma quello più locale” commenta Hanspeter Staffler.

Ma la partita non è ancora chiusa definitivamente. Rivolgiamo un appello al vincitore della gara Fasolo & Co. chiedendogli di avviare delle trattative con i produttori di latte sudtirolesi e di non trasportare fin qui il latte dalla Pianura Padana. “Siccome i prezzi si differenziano solo in misura minima, con un po’ di buona volontà da entrambe le parti, dovrebbe essere possibile trovare una soluzione” conclude Hanspeter Staffler.

Il 20 maggio 1970, quindi esattamente 50 anni fa, lo Stato italiano approvò la legge n. 300, altrimenti nota come lo Statuto (delle lavoratrici e) dei lavoratori.

Già nell’articolo n. 1 della Costituzione, approvata nel 1948, era stato riconosciuto e fissato il valore del lavoro. „L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” recita, ma per molti anni, nella pratica sembrava non esservene traccia.

L’immagine del lavoratore e della lavoratrice nel secondo dopoguerra era fortemente caratterizzata da una completa dipendenza dal “padrone”. Proprio come i braccianti del 19° secolo, i lavoratori erano totalmente in balia delle decisioni della direzione aziendale – chi non corrispondeva alle aspettative dell’azienda veniva scartato e sostituito, senza nessun tipo di tutela; chi osava criticare la direzione aziendale, o chiedere migliori condizioni di lavoro, o pretendere un aumento di salario veniva “premiato” molto spesso con il licenziamento.

Con lo Statuto delle lavoratrici e dei lavoratori si ottenne un cambio di paradigma che modificò radicalmente il mondo del lavoro in Italia. Dopo decenni di lotta di classe, di sfruttamento e assenza di tutele, con questa legge fondamentale si diede un importante ancoraggio legislativo al valore del lavoro, riconosciuto come diritto fondamentale e alla dignità delle lavoratrici e dei lavoratori.

In maniera particolare venne tutelato l’importante lavoro dei sindacati, sia a livello nazionale, sia soprattutto a livello delle singole aziende. Senza questi forti sindacati avremmo oggi un mondo del lavoro in cui le disparità e le incertezze sociali aumenterebbero in maniera ancora più drammatica.

In questo mondo globalizzato che richiama insistentemente a una maggiore liberalizzazione, viene comodo criticare lo Statuto dei lavoratori: per molti è una zavorra per l’economia, troppo poco flessibile per il mercato globale. Le misure di tutela quindi sono state ammorbidite e annacquate, e sempre più modelli contrattuali sono stati sviluppati proprio per non essere più compresi nell’ambito di questa legge così importante.

Il risultato: centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori – soprattutto ora in questo periodo di crisi – si ritrovano senza tutele. Sono i lavoratori e le lavoratrici apparentemente autonomi, precari e a tempo determinato a essere maggiormente colpiti dalle scosse sul mercato del lavoro. Sono i primi, proprio come cento anni fa, a essere eliminati e sostituiti per fare spazio a modelli di lavoro ancora più convenienti per le aziende.

Questa assenza di protezione per milioni di cittadine e cittadini, questa insicurezza nel proprio progetto di vita e quindi questa preoccupazione verso il futuro della famiglia, sta generando un enorme potenziale esplosivo a livello sociale che dobbiamo disinnescare.

Come società democratica siamo obbligati a rimettere il valore del lavoro al centro dell’azione politica. Dobbiamo lottare ancora una volta per un lavoro sicuro ed equamente retribuito; lottare per la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori. Una lotta non contro le imprese, ma insieme a loro.

Lo Statuto delle lavoratrici e dei lavoratori può sembrare una vecchia signora, ma i valori in esso contenuti – proprio oggi – sono più moderni e importanti che in qualsiasi altro momento dei suoi 50 anni di storia.

Felix von Wohlgemuth
Co-Portavoce Verdi Grüne Vërc

COMUNICATO STAMPA

Che bello che il 20 maggio sia la Giornata internazionale delle api! È una ricorrenza che ci fa ricordare dell’importanza delle api mellifere, quelle che, impollinando i fiori e producendo il miele, fanno tanto bene al genere umano. Ma ci fa ricordare anche che in Sudtirolo ci sono più di 500 specie di api selvatiche, di cui spesso non sappiamo nemmeno dell’esistenza.

La maggior parte delle specie di api selvatiche non vivono in alveari, ma sono solitarie e da sole si occupano della propria riproduzione. Gli ambienti dove ripararsi e riprodursi vengono scelti con cura nelle crepe dei muri a secco, nel legno morto pieno di fori, tra cumuli di sassi. Dopo un anno, escono le giovani api che si occupano a loro volta della generazione successiva.

Ogni anno però spariscono un’infinità di ambienti per la loro nidificazione, perché tanti muri a secco, il legname morto e tanti cespugli spariscono dal paesaggio rurale. In più, il massiccio uso di pesticidi in agricoltura le tormenta e le distrugge.

Eppure, anche le api selvatiche sono, proprio come quelle mellifere, delle lavoratrici instancabili e impollinano innumerevoli piante spontanee e coltivate. Per le persone sono poco pericolose, perché, a differenza dell’ape mellifera, quelle selvatiche hanno un pungiglione poco sviluppato che usano di rado.

Che cosa può fare ognuno di noi per migliorare la situazione delle api selvatiche? “Nel proprio giardino, basta lasciare un angolo selvatico, con pietre, pezzi di legno e piante spontanee. Si possono acquistare i cosiddetti “hotel degli insetti”, o è anche facile realizzarli con materiali naturali di recupero e appesi al balcone. Le api selvatiche ne saranno ben contente” commenta Hanspeter Staffler.

Anche gli agricoltori possono fare molto, ad esempio riducendo l’uso dei pesticidi, oppure lasciando delle aree di compensazione ecologica, così come previsto nelle direttive Agrios.

E anche i Comuni hanno una grande responsabilità: superfici non usate o “improduttive” non devono essere cementificate, perché offrono delle preziose possibilità di nidificazione per altri tipi di api, come le andrene.

Il Gruppo Verde si impegna da sempre per la tutela delle api e della biodiversità. Prossimamente speriamo di presentare e discutere in Consiglio provinciale la nostra proposta di legge per una “Svolta ecologica” e la nostra mozione dedicata alla tutela di questi piccoli e importanti insetti.

19/5/2020

INTERROGAZIONE.

Attualmente nella cura dell’infezione da SARS-CoV-2 esistono diverse classi di farmaci che vengono utilizzate per ridurre l’impatto del virus e del conseguente stato infiammatorio che hanno dimostrato una certa efficacia. Tra i più utilizzati ci sono:

  • Antivirali, che hanno lo scopo di inibire la moltiplicazione del virus.
  • Inibitori dell’infiammazione, per cercare di far fronte ai danni provocati dal virus legati ad una forte risposta
  • Anticorpi terapeutici prelevati dal sangue dei pazienti guariti-

Diversi esperti sostengono che anche grazie all’utilizzo di queste cure e all’individuazione precoce delle persone infettate, con intervento tempestivo del trattamento sanitario, è stato possibile abbassare progressivamente la gravità dello stato di malattia delle persone interessate, con conseguente riduzione della necessità di ospedalizzazione e di terapia intensiva. In molte Aziende Sanitarie italiane questi trattamenti sono anche stati sistematizzati in precisi protocolli, che rappresentano non di rado vere e proprie sperimentazioni di lotta farmacologica al Covid19 attuate con intese con l’Agenzia italiana del farmaco, l’Istituto superiore di sanità e lo stesso Ministero per la salute.

Tutto ciò considerato, si chiede:

  1. Quali farmaci utilizza l’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige per i pazienti affetti da Covid-19?
  2. In quali fasi della malattia e per raggiungere quali obbiettivi vengono utilizzati i farmaci di cui alla risposta precedente?
  3. Per la lotta farmacologica al Covid19 è stato adottato dalla Azienda Sanitaria un protocollo (o più protocolli) a cui le strutture sanitarie devono (o sono invitate a) attenersi?
  4. Se sì, da chi è stato formulato tale protocollo (o tali protocolli) e attraverso quale processo di confronto, coinvolgendo quali soggetti interni e/o esterni all’abito sanitario? Ed è stato approvato anche da autorità sanitarie e/o politiche, sia in sede locale che nazionale? Se sì, quali sono queste autorità?
  5. Da quale data è cominciata l’attuazione di tale protocollo (o tali protocolli)?
  6. Quali risultati stanno dando finora le metodologie di lotta farmacologica al Covid19 attuate dalla Azienda Sanitaria? Esiste già una valutazione e qual è?
  7. L’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige partecipa a qualche sperimentazione e/o studio di nuove terapie anti Covid19su scala nazionale, interregionale o europea? Se sì, a quali sperimentazioni partecipa e con quali partner? Esistono già primi risultati di questo lavoro?

 

Bolzano, 17 maggio 2020

Cons. prov.
Riccardo Dello Sbarba
Brigitte Foppa
Hanspeter Staffler