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Egregio Presidente del Consiglio provinciale,
Egregio Presidente della Provincia,
Egregi colleghi, gentili colleghe Capigruppo

In questi giorni e settimane stiamo vivendo una sospensione della vita pubblica per favorire la prevenzione e la limitazione dell’epidemia da Covid 19.

Noi condividiamo e sosteniamo in buona parte le misure prese. Ma al contempo vediamo anche in modo problematico le limitazioni del dibattito parlamentare.

Gli uffici del Consiglio provinciale continuano a funzionare in maniera lodevole, così come quelli dell’amministrazione provinciale. Alle interrogazioni si ricevono le risposte, ma non è questo il problema.

Preoccupante è il fatto che non solo le decisioni vengono prese unilateralmente dalla Giunta (fa parte della natura delle cose e nella situazione attuale è anche necessario), ma che non ci sia nessun luogo per l’obiezione politica, per lo scambio di informazioni, per fare domande. Il Consiglio provinciale è chiuso, le sedute sono sospese.

L’esecutivo di fatto non ha più una reale controparte, né dalla parte della maggioranza, né da quella della minoranza.

Si tratta di uno squilibrio democratico che dobbiamo arginare. Una possibilità è quella di realizzare delle videoconferenze a intervalli regolari (ad esempio settimanali) tra la Giunta e i/le Capigruppo del Consiglio provinciale. In questo modo può essere avviato uno scambio di informazioni e di opinioni. La Giunta così può trasmettere i propri provvedimenti a una opposizione informata per tempo e in modo corretto. La voce della minoranza politica trova ascolto e una giusta collocazione.
A nome del Gruppo Verde in Consiglio provinciale chiedo l’accettazione e la rapida attuazione di questa proposta.

Montagna, 18/03/2020

Capogruppo, Consigliera provinciale
Brigitte Foppa

MOZIONE.

Fino a pochi anni fa, i grandi gestori di servizi software e cloud che agiscono sul mercato globale hanno rifornito buona parte delle amministrazioni europee con i loro prodotti software conosciuti in tutto il mondo. Da qualche tempo in tutta Europa a livello politico e amministrativo si è giunti alla conclusione che una totale dipendenza da un ristretto numero di fornitori a livello mondiale di servizi software e cloud comporti un potenziale di rischio per le pubbliche amministrazioni, per cui in futuro sarà opportuno introdurre una concorrenza possibilmente ampia nelle gare per l’acquisizione e lo sviluppo di prodotti informatici.

Attualmente se ne sta discutendo a vario titolo all’interno della Commissione europea, degli Stati membri dell’UE e in Svizzera. Ci sono amministrazioni che si sono poste solo da poco il problema, ma ci sono anche Paesi in cui si è già legiferato in materia.

 

Gli sviluppi in Europa

Nel 2014 la Commissione europea ha deliberato una prima strategia open source allo scopo di aumentare la quantità di prodotti OSS utilizzati nell’amministrazione dell’UE. Nell’acquisizione di prodotti informatici, i fornitori di OSS e quelli mondiali di software proprietario vengono trattati allo stesso modo. Nei casi in cui i fornitori di prodotti OSS si aggiudicano una gara, questi prodotti sono poi, ove possibile, messi a disposizione di altre amministrazioni.

Nel 2018 in Svizzera è stato effettuato uno studio sull’open source in questo Paese, con lo scopo di aumentare l’utilizzo di prodotti OSS all’insegna del motto “via dalle licenze e verso i servizi”. L’attuale dipendenza dai fornitori mondiali di software proprietari viene definita pericolosa. Si consiglia quindi agli enti di valutare l’alternativa di inserire soluzioni open source in ogni progetto informatico. Inoltre, in Svizzera vale il principio per cui prodotti OSS applicati con ottimi risultati si rilasciano ad altre amministrazioni. Nello studio si suggerisce anche la possibilità per gli enti di elaborare applicazioni specifiche a basso costo in collaborazione
con altri enti.

In Austria nel programma di governo per il periodo 2020-2024 i partner di coalizione hanno concordato di elaborare una strategia a livello nazionale per l’utilizzo del software open source. A tale scopo verranno elaborati un masterplan e uno studio di fattibilità.

Nel settembre 2019 la commissione petizioni del parlamento tedesco ha approvato a larga maggioranza una raccomandazione rivolta all’assemblea legislativa affinché d’ora in poi gli organi federali chiedano con forza l’utilizzo di sistemi operativi a codice sorgente aperto nelle gare telematiche. La proposta è motivata con il fatto che in caso di problemi di sicurezza le autorità possono eseguire le verifiche solo se si tratta di sistemi applicativi aperti, poiché nel caso di software proprietari non hanno modo di vedere il codice sorgente. Oltre a ciò, a lungo andare i prodotti OSS risultano meno costosi, in quanto non vi sono oneri di licenza.

 

Gli sviluppi in Italia

Per quanto riguarda l’e-government l’Italia è all’avanguardia a livello europeo. Un passo importante nell’utilizzo di software open source è stato compiuto nel maggio 2019: con le “Linee Guida su acquisizione e riuso di software per le pubbliche amministrazioni”, entrate in vigore il 9 maggio 2019 (Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 119 del 23 maggio 2019), l’Italia ha avviato una svolta. In fase di elaborazione, le linee guida avevano ottenuto il parere positivo della Conferenza unificata e di seguito sono state anche approvate dalla Commissione europea.

In esse si stabilisce che la pubblica amministrazione debba acquistare preferibilmente applicazioni OSS e che la realizzazione ex novo di applicazioni dovrebbe avvenire con l’ausilio di OSS. Si sollecitano quindi le pubbliche amministrazioni a rispettare quanto segue:

  • nell’acquisizione di software va effettuata una valutazione comparativa delle soluzioni proprietarie o OSS, preferendo tendenzialmente i prodotti con software di tipo aperto; questo vale anche per i prodotti provenienti da altre amministrazioni;
  • lo sviluppo e l’acquisizione di software proprietario vanno motivati in modo esauriente;
  • tutti i software sviluppati dalla pubblica amministrazione vanno, se possibile, messi a disposizione di altre amministrazioni con una licenza aperta.

 

Gli effetti della strategia OSS per l’amministrazione provinciale

Applicando la strategia OSS, le amministrazioni possono realizzare un importante risparmio dei costi per l’approvvigionamento, il riuso e lo sviluppo cooperativo di applicazioni IT. Al momento dell’acquisizione si arriva quindi ad avere un’offerta più ampia, perché a quelle di software proprietario si aggiungono quelle di software open source. A ciò si aggiunge che il concetto di servizio torna ad avere un ruolo importante, perché i tecnici informatici interni sviluppano rapidamente soluzioni
per utenti interni.

Nel caso di software realizzato con risorse interne non ci sono oneri di licenza, e con il riuso le amministrazioni che hanno esigenze simili possono aiutarsi reciprocamente. Inoltre, le pubbliche amministrazioni tornano a essere posti di lavoro più interessanti per gli sviluppatori informatici e le sviluppatrici informatiche, che vi trovano spazi creativi e nuove sfide stimolanti. In altri Paesi si è visto che datrici/datori di lavoro aperti al software libero risultano preferiti in quanto possono offrire una maggiore competenza interna.

L’economia informatica locale e regionale trarrà vantaggio dall’applicazione della strategia OSS, perché i fornitori di software potrebbero contribuire ad aumentare le competenze. La pubblica amministrazione non utilizzerà esclusivamente software realizzato da risorse interne, ma acquisirà anche prodotti OSS sul mercato IT. Questo fa nascere localmente e in regione nuove filiere sostenibili dal punto di vista economico e digitale.

 

Gli sviluppi all’interno dell’amministrazione provinciale

Nonostante le “Linee Guida su acquisizione e riuso di software per le pubbliche amministrazioni”, nell’autunno 2019 l’amministrazione provinciale ha deciso di fermare il progetto di software libero FUSS (Free Upgrade for a digitally Sustainable School) in corso nelle scuole italiane, e di sostituire il relativo software con software proprietario. Tale decisione risulta incomprensibile dal punto di vista didattico e strategico ed è in evidente contrasto con le citate linee guida su acquisizione e riuso di software per le pubbliche amministrazioni.

 

Per questi motivi il Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano incarica la Giunta provinciale

  1. di elaborare una strategia OSS (software open source) per l’amministrazione provinciale allo scopo di aumentare progressivamente e costantemente la quantità di prodotti OSS utilizzati all’interno dell’amministrazione provinciale;
  2. di continuare a utilizzare i prodotti OSS già esistenti e portare avanti i progetti OSS attualmente in corso;
  3. di elaborare annualmente una relazione sulla strategia OSS;
  4. di includere nella relazione per ogni nuovo acquisto o estensione di licenza per un prodotto informatico almeno i seguenti punti:
    a) valutazione comparativa della soluzione basata su software di tipo aperto e di quella basata su software proprietario;
    b) motivazione dettagliata nel caso in cui si scelga la soluzione con software proprietario;
    c) elencazione e tipo di riuso dei prodotti OSS utilizzati dall’amministrazione provinciale o per essa sviluppati;
  5. di presentare la relazione sulla strategia OSS alla commissione legislativa competente del Consiglio provinciale.

BZ, 17.03.2019

Consiglieri provinciali
Hanspeter Staffler
Brigitte Foppa
Riccardo Dello Sbarba

Che può fare un’opposizione senza parlamento? Qual è in questa situazione il nostro compito come gruppo consiliare di opposizione? In questo periodo di quarantena e di vita sospesa assistiamo a diversi comportamenti della politica: qual è quello giusto?

Oggi, nella nostra videoconferenza periodica, ci siamo interrogati su questo tema.

In questi giorni il Consiglio provinciale è chiuso. Il luogo dove noi consigliere e consiglieri ci incontriamo per discutere e decidere è blindato. E proprio adesso comprendiamo meglio quanto sia importante incontrarsi, scambiarsi opinioni e informazioni – ancora più che convinzioni. Come componenti del Gruppo verde cerchiamo di farlo a distanza, che non è la stessa cosa, ma almeno non ci condanna all’isolamento politico. Cerchiamo anche di tenere i contatti con gli altri gruppi politici. Come primo compito, dunque: ricevere e condividere le informazioni.

Secondo compito, continuare a esercitare la funzione di controllo che la Costituzione ci assegna. In una situazione di emergenza come questa la gestione della „res publica“ è posta in modo quasi esclusivo nelle mani dei governi. Noi questo lo accettiamo, anche perché (e finché) i governi – sia nazionale che provinciale – obbediscono alle precise indicazioni che vengono dalla scienza e dalla medicina. Ci sono momenti in cui le decisioni devono essere accelerate per evitare il peggio. L’Italia sta compiendo uno sforzo enorme per combattere l’epidemia e fa da apripista a un’Europa che, paese dopo paese, dovrà seguire questa strada.

Ma questo accentramento del comando significa per noi raddoppiare la vigilanza affinché tutto avvenga in modo corretto, nell’ambito della Costituzione e nel rispetto dei diritti personali, della dignità, della giustizia e della parità di trattamento di ogni cittadino e cittadina. In certe situazioni il rischio di errore diventa più grande. E – con tutta la fiducia che possiamo avere in chi governa – c’è tuttavia sempre il rischio che qualcuno – singoli o governi – approfitti della situazione. Per questo: noi raddoppiamo l’attenzione!

Infine, terzo impegno: vogliamo essere osservatori e osservatrici. La situazione attuale mette in moto processi sociali totalmente inediti. Noi li vogliamo descrivere, pensarci su e ricavarci, se possibile, qualche suggerimento per una vita migliore.

E’ tempo di attesa e di rinuncia alle nostre consuete abitudini. Un tempo che richiede anche nuove forme di comunicazione politica – e soprattutto di pensiero. Questo sarà il nostro contributo in questi giorni difficili.

Il Gruppo Verde in Consiglio provinciale, Bolzano, Montagna, Malles, Trento, Bressanone – 13.03.2020

VOTO.

L’origine di un prodotto è diventata un aspetto importante per molti consumatori e consumatrici quando fanno acquisti. Soprattutto quando si tratta di generi alimentari, molte persone prediligono i prodotti locali. Per molti altri prodotti, la questione della regionalità è invece un po’ più complessa: una borsa, una camicia, un aspirapolvere ecc. provengono veramente dal Paese indicato sull’etichetta “Made in …”? In altre parole, la produzione è avvenuta davvero interamente nel Paese indicato, dall’estrazione della materia prima fino all’ultima rifinitura? Sotto sotto, sappiamo tutti che ciò è assai improbabile. Il cotone non cresce in Veneto e il litio per le batterie dei nostri apparecchi elettrici non viene certo dal Tirolo. L’etichetta con la dicitura “Made in …”, che troviamo sui nostri capi di abbigliamento, ma non solo, si limita a indicare il Paese in cui è stato dato il tocco finale al prodotto. Questo è il Paese che viene poi dichiarato come luogo di produzione.

La tipica domanda che viene da porsi è quindi la seguente: che viaggio ha fatto, ad esempio, una maglietta con la scritta “Made in Italy” o “Made in Germany”? Come si svolge la filiera dalla produzione del cotone fino al prodotto finito?

Secondo la Fair Fashion Guide, un’iniziativa sostenuta dall’Ufficio federale tedesco per la cooperazione e lo sviluppo economico, la produzione di una maglietta di cotone attraversa le seguenti fasi: la “genesi” di un prodotto comincia sempre dalla materia prima. Nel caso di una maglietta, molto spesso si tratta di cotone. Il cotone si coltiva soprattutto nelle zone subtropicali dell’Africa o lungo
le sponde del lago d’Aral, tra il Kazakistan e l’Uzbekistan. Da lì il cotone viene trasportato in una filanda, che in molti casi si trova in India. In una terza fase, il filato viene poi trasformato in tessuto, di solito in Cina, dove viene anche sbiancato e tinto. In Bangladesh o nell’Europa dell’Est, i capi vengono poi cuciti. Infine la nostra maglietta viene spedita verso la sua destinazione finale, nel nostro caso l’Italia, dove viene venduta al dettaglio. Queste fasi intermedie sono fino a un certo punto inevitabili. Per molti articoli di uso quotidiano è praticamente impossibile gestire a livello locale l’intera catena produttiva dalla A alla Z. Ciò non significa tuttavia che le aziende che commissionano e, alla fine, distribuiscono il prodotto finale possano sottrarsi alle loro responsabilità.

Purtroppo però in Italia e in molti altri Paesi europei esse riescono a farlo fin troppo facilmente. Queste aziende sono solite scaricare sui loro fornitori la responsabilità dello sfruttamento delle
persone e dell’ambiente. Occhio non vede, cuore non duole. Questo spiega come sia possibile che il lago di Aral si sia ridotto a meno della metà delle sue dimensioni originali a causa delle enormi
quantità d’acqua consumate per la coltivazione del cotone. O ancora, come sia possibile che, a causa dello spargimento di pesticidi sui campi di cotone che circondano il suddetto lago, quella regione abbia il più alto tasso di tumori all’esofago a livello mondiale, come denunciava il settimanale “Der Spiegel” già nel 2004. Per non parlare poi delle numerose violazioni dei diritti umani nelle filande e nei vari sweatshop in Cina e in Bangladesh. Quando poi si verifica un tragico incidente come il crollo dell’edificio Rana Plaza in Bangladesh, le aziende occidentali promettono all’unisono di migliorare e di innalzare gli standard. Nell’edificio in questione erano presenti anche catene di moda italiane. Purtroppo da allora nulla è cambiato.

Sempre più Paesi europei si stanno rendendo conto che devono assumersi le proprie responsabilità e che le aziende devono impegnarsi a garantire il rispetto dei diritti umani e degli standard
ambientali lungo tutta la loro filiera. Così è avvenuto, ad esempio, in Francia nel 2017 con la legge sulle due diligence aziendali (“Loi relative au devoir de vigilance des sociétés mères et des
entreprises donneuses d’ordre”). Questa legge mira a obbligare le imprese francesi a identificare i rischi di violazione dei diritti umani e di danni ambientali lungo le loro filiere. Inoltre esse sono tenute a prevenire questi rischi e a rendere conto del loro operato all’opinione pubblica. In caso di mancato rispetto di tali obblighi, sono previste pesanti sanzioni pecuniarie. Si tratta fino ad oggi di una legge unica nel suo genere.

Ma anche altri Paesi stanno seguendo l’esempio: il Belgio, i Paesi Bassi e la Finlandia hanno promosso normative di questo tipo per singoli settori economici come la produzione del cacao o per
reati specifici come il lavoro minorile.

Proprio perché viviamo in un mondo globalizzato, dobbiamo agire in modo responsabile. A questo punto, spesso si fa appello ai consumatori e alle consumatrici finali, che con le loro scelte hanno il potere e il dovere di indirizzare il mercato in una o nell’altra direzione. Tuttavia ciò è possibile solo a condizione che i consumatori e le consumatrici siano in grado di seguire passo dopo passo una complessa catena produttiva e che possano contare su standard di sicurezza affidabili.

Per questo motivo è giunto il momento che lo Stato italiano agisca ed elabori una propria legge sulle filiere al fine di prevenire le violazioni dei diritti umani e i crimini contro l’ambiente.

 

Pertanto il Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano sollecita Governo e Parlamento

  1. a elaborare una legge sulle filiere per le imprese italiane che le obblighi a garantire il rispetto dei diritti umani e della natura lungo tutta la loro catena di approvvigionamento, dal reperimento della materia prima fino alla realizzazione del prodotto finale;
  2. a prevedere esplicitamente, in fase di stesura di tale legge, che si tenga conto del rispetto dei diritti umani e della natura.

BZ, 09.03.2020

Cons. prov.
Brigitte Foppa
Riccardo Dello Sbarba
Hanspeter Staffler

 

Il 30.06.2021 il voto è stato accettato con questo emendamento:

La parte dispositiva è così sostituita:

“1) ad adottare provvedimenti legislativi per impedi-re, in collaborazione con le associazioni imprendi-toriali e quelle dei consumatori, il dumping salaria-le, sociale e ambientale nelle importazioni di mate-rie prime, prodotti, beni commerciali e servizi.”

f.to consiglieri provinciali
Brigitte Foppa
Gerhard Lanz

COMUNICATO STAMPA.

Nella settimana che precede l’8 marzo il Consiglio provinciale ha trattato la nostra mozione “La piccola differenza nel lavoro domestico”. Il dibattito è stato acceso e non senza toni di derisione verso una tematica evidentemente considerata triviale da qualche consigliere.

Anche se la nostra società è cambiata, l’immagine della donna impegnata a pulire la casa, cucinare e stirare e quella dell’uomo che guarda la partita e legge il giornale sono difficili da estirpare. Non per nulla ancora oggi un uomo su cinque in Alto Adige non dedica nemmeno un’ora alla settimana al lavoro domestico.

“La gestione della casa non è una questione di donne. Ma la strada verso la parità è lunga e purtroppo dobbiamo passare sempre attraverso le stesse discussioni”, commenta la prima firmataria della mozione Brigitte Foppa al termine del dibattito, “per l’8 marzo, con l’approvazione dei punti 2 e 3, abbiamo ottenuto il minimo sindacale”.

I punti approvati:

Il Consiglio Provinciale incarica la Giunta Provinciale

  1. a incoraggiare gli uomini a non limitarsi ad “aiutare” nelle faccende domestiche ma ad assumersene la responsabilità così come fanno le donne;
  2. a incoraggiare le donne a far sentire maggiormente la propria voce nella vita pubblica.

BZ, 05.03.2020

COMUNICATO STAMPA.

La 4° commissione legislativa si è riunita oggi alle 14:00 per votare il disegno di legge per il “Ripristino del diritto di ricorso per prestazioni di assistenza economica sociale” presentato dal Gruppo Verde, prima firmataria Brigitte Foppa. Questo diritto vigeva nella nostra provincia fino al 2014, quando, con una modifica alla legge 13/1991, è stato tolto. Da allora i nostri cittadini e le nostre cittadine non possono più presentare ricorso contro la riduzione o negazione di prestazioni di assistenza economica. La possibilità di ricorrere in via amministrativa contro le decisioni delle autorità però è un principio fondamentale dello Stato di diritto, a maggior ragione in ambiti in cui le persone non si possono permettere costose azioni legali.
La 4° commissione legislativa oggi lo ha riconosciuto. Con 5 voti a favore (Foppa, Renzler, Repetto, Ploner F. e Nicolini) e 3 astenuti (Ladurner, Locher e Vallazza) il disegno di legge del Gruppo Verde è stato così approvato. “È un risultato importante – commenta la prima firmataria Foppa soddisfatta – è raro che un disegno della minoranza venga approvato in commissione. Un passo importante per la difesa dei diritti fondamentali delle cittadine e dei cittadini”.

BZ, 03.03.2020

 

CONFERENZA STAMPA PER L‘8 MARZO 2020.

Per la Giornata internazionale per i diritti delle donne presentiamo ogni anno fatti e proposte sul tema delle pari opportunità. Quest’anno vogliamo ampliare lo sguardo e mettere un focus diverso: spostiamoci dal dibattito classico sulla conciliazione (= facilitare le donne nella gestione di famiglia e lavoro) per andare verso una cultura della condivisione di responsabilità (= gestire insieme lavoro e famiglia).
Su questo abbiamo presentato come Gruppo Verde due mozioni per la settimana di Consiglio provinciale.

1) Responsabilità condivisa, povertà dimezzata (mozione n.254/20)

Si dice spesso che le donne interrompono il loro percorso professionale per conciliare meglio famiglia e lavoro. Così molte di loro per un periodo più o meno lungo escono dal mercato del lavoro. La conseguenza direttamente correlata è che le donne nella loro vita professionale e lavorativa guadagnano meno e quando invecchiano prendono pensioni più basse rispetto agli uomini.

[ASTAT: „Renten 2017“, in: Astat Info 10/2019, p. 9]

Molte giovani famiglie non ne sono consapevoli o lo sono solo in parte. Relegare il tema a una decisione “della donna” porta soprattutto a marginalizzare la cosa come una “questione di donne”. Questo deve cambiare.

Le proposte verdi alla Giunta:

  1. Lavoro di attenzione: conciliazione famiglia-lavoro deve venire presentato e percepito come qualcosa che interessa e tocca tutti i componenti della famiglia.
  2. Sensibilizzazione: per una responsabilità condivisa nella fondazione di una famiglia, nell’accudimento dei figli, nella cura dei familiari e per il rischio povertà in età della pensione.
  3. Sostegno finanziario e misure specifiche a quelle famiglie che dimostrano di non penalizzare nessuno dei due partner nella fase in cui si fonda una famiglia e ci si occupa dell’accudimento dei figli e/o della cura dei famigliari.
  4. Campagne di sensibilizzazione in ambito aziendale, affinché l’attenzione alla famiglia venga considerata sempre più un fattore che rende un’azienda attrattiva.
  5. Particolare attenzione alle difficoltà che incontrano i genitori single.

2) La “piccola differenza” nel lavoro domestiche (mozione n. 255/20)

In Alto Adige – Südtirol si è fatto molto sulle pari opportunità. Un ambito però che viene considerato ancora come “di responsabilità” delle donne è quello del lavoro domestico. Secondo l’ASTAT-relazione dell‘8 marzo 2016, la suddivisione dei compiti nel lavoro domestico è ancora segnata da “modelli tradizionali”.

Dall’analisi emerge che il 66,2% degli uomini lavora meno di 10 ore alla settimana nella gestione del lavoro domestico. Più di un terzo delle donne (35,1%) lavora invece più di 30 ore alla settimana nelle quattro mura di casa. Un uomo su cinque (!) in Alto Adige dedica 0 ore alla settimana al lavoro domestico. Tra le donne succede solo per un caso su 20.

[ASTAT: „8. März 2016 – Tag der Frau“, in: Astat Info 3/2016, p. 1]

Le proposte Verdi alla Giunta:

  1. riportare l’attenzione su questo tema con una nuova campagna di sensibilizzazione.
  2. Incoraggiare gli uomini ad assumersi anche loro la responsabilità dei lavori domestici.
  3. Incoraggiare le donne ad aumentare la loro presenza nella vita pubblica.
  4. Organizzare un convegno o un evento pubblico per presentare i risultati delle ricerche e le esperienze, allo scopo di sensibilizzare quante più persone possibile nei confronti di questo tema

Bolzano, 2 marzo 2020

Cons. prov.

Landtagsabgeordnete
Brigitte Foppa
Riccardo Dello Sbarba
Hanspeter Staffler

INTERROGAZIONE.

Nella Legge provinciale n. 2 /2919 “Variazioni del bilancio…”, in vigore dall’aprile 2019, è stato inserito all’ultimo momento in aula l’articolo 23, che introduceva importanti modifiche alla LP n. 17/1993 “Disciplina del procedimento amministrativo”, aggiungendo all’articolo 6 di questa legge i nuovi commi 26, 27, 28, 29, 30.

Questo il testo dei suddetti commi:

(26) È vietata l’associazione in partecipazione sia durante la procedura di gara sia successivamente all’aggiudicazione. Salvo quanto disposto ai commi 27, 28, 29 e 30, è vietata qualsiasi modificazione alla composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi di concorrenti rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta.
(27) Salvo quanto previsto dall’articolo 110, comma 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e successive modifiche, in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata, amministrazione straordinaria, concordato preventivo, incluso il concordato con continuità aziendale ai sensi dell’articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modifiche, ovvero procedura di insolvenza concorsuale o di liquidazione del mandatario ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero in caso di perdita, in corso di esecuzione, dei requisiti di cui all’articolo 80 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e successive modifiche, ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, la stazione appaltante può aggiudicare la gara agli altri operatori economici del raggruppamento, o proseguire l’appalto con gli operatori medesimi, uno dei quali sia costituito quale nuovo mandatario, e con facoltà di modificare le quote indicate nell’offerta originaria, compatibilmente con i requisiti di qualificazione richiesti dal bando, da verificarsi al momento della modifica, e senza necessità del consenso del precedente mandatario; non sussistendo tali condizioni, la stazione appaltante deve escludere il raggruppamento o recedere dal contratto.
(28) Salvo quanto previsto dall’articolo 110, comma 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e successive modifiche, in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata, amministrazione straordinaria, concordato preventivo, incluso il concordato con continuità aziendale ai sensi dell’articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modifiche, ovvero procedura di insolvenza concorsuale o di liquidazione di uno dei mandanti ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero in caso di perdita, in corso di gara o di esecuzione del contratto, dei requisiti di cui all’articolo 80 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e successive modifiche, ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, la stazione appaltante può aggiudicare la gara agli altri operatori economici del raggruppamento, o proseguire l’appalto con gli operatori medesimi che hanno facoltà di modificare le quote indicate nell’offerta originaria, compatibilmente con i requisiti di qualificazione richiesti dal bando, da verificarsi al momento della modifica, e senza necessità del consenso del precedente mandante.
(29) Le previsioni di cui ai commi 27 e 28 trovano applicazione anche con riferimento ai soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettere b), c) ed e), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.
(30) Le disposizioni di cui ai commi 26, 27, 28 e 29 trovano applicazione alle procedure di gara e ai contratti i cui bandi o avvisi siano stati pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore della legge provinciale 17 dicembre 2015, n. 16.

Tutto ciò premesso,
Si chiede alla Giunta provinciale:

  1. Per quali casi concreti, cioè per quali soggetti e per la realizzazione di quali opere oppure per la fornitura di quali servizi è stato applicato finora il citato comma (26)? E per quali motivi?
  2. Per quali casi concreti, cioè per quali soggetti e per la realizzazione di quali opere oppure per la fornitura di quali servizi è stato applicato finora il citato comma (27)? E per quali motivi?
  3. Per quali casi concreti, cioè per quali soggetti e per la realizzazione di quali opere oppure per la fornitura di quali servizi è stato applicato finora il citato comma (28)? E per quali motivi?
  4. Per quali casi concreti, cioè per quali soggetti e per la realizzazione di quali opere oppure per la fornitura di quali servizi è stato applicato finora il citato comma (29)? E per quali motivi?

Bolzano, 28.02.2020

Cons. prov.
Riccardo Dello Sbarba
Brigitte Foppa
Hanspeter Staffler

MOZIONE.

Non è una novità, e lo si sente dire regolarmente: le donne interrompono spesso la loro carriera lavorativa per riuscire a conciliare famiglia e lavoro, e per questo motivo escono dal mercato lavorativo, in molti casi anche per lunghi periodi. Così facendo le donne finiscono per guadagnare meno nel corso della loro carriera, e di conseguenza nella vecchiaia ricevono una pensione che arriva solo alla metà di quella degli uomini. Questo fenomeno viene chiamato “gender pay gap” (divario retributivo di genere) e in parole povere significa che le donne percepiscono retribuzioni più basse.
In termini statistici si tratta della differenza tra i salari orari lordi di uomini e donne espressi in percentuale rispetto ai salari maschili. Stando ai dati forniti dall’IPL in occasione dell’equal pay day 2016, in Alto Adige il differenziale salariale medio (riferito solo a chi lavora a tempo pieno) è del -17,2 % se calcolato sul salario giornaliero, e del -27 % sul salario annuale.
In Alto Adige l’equal pay day si tiene da tempo nel mese di aprile. Questo perché una donna deve lavorare fino all’aprile dell’anno in corso per guadagnare quanto un uomo ha già ottenuto il 31
dicembre dell’anno prima. Il gender pay gap risulta spesso da un insieme di fattori: gli stereotipi di genere per cui si ritiene che rispetto alle donne gli uomini siano più in grado di svolgere compiti dirigenziali e i premi di produttività vanno preferibilmente ai maschi, le scelte formative e professionali delle giovani donne che le portano a scegliere professioni di per sé retribuite meno bene e il fatto che in media gli uomini fanno più straordinari, vanno più spesso in missione e si vedono assegnare più compiti aggiuntivi, e per questo ricevono più indennità (spesso anche perché le donne li sgravano dei compiti legati alla vita quotidiana familiare).
Un aspetto importante in questo contesto è però la scelta che compiono molte coppie nel momento in cui hanno figli, vale a dire che la donna resta a casa per un periodo di tempo più o meno lungo
oppure sceglie il part-time. Ci preme qui sottolineare che si tratta di una scelta che devono compiere ENTRAMBI i partner. In genere però viene presentata come una scelta che ricade unicamente sulla donna o almeno viene percepita come tale dalla società, ed è persino descritta in questi termini nelle ricerche svolte in ambito lavorativo.
A prima vista questa decisione può sembrare anzitutto un contributo per alleggerire i ritmi familiari, ma spesso invece implica che chi lavora parttime ha meno opportunità di carriera, e quindi, a conti fatti, anche nel caso di un ritorno al tempo pieno se “l’organizzazione della famiglia” lo consente, continua a comportare una minore retribuzione del lavoro femminile.
Anche quando in famiglia c’è una persona non autosufficiente assistiamo spesso ad analoghi meccanismi nel prendere questo tipo di decisioni. E anche in questo caso sono in genere le donne ad occuparsi dei loro famigliari sacrificando la professione. Le conseguenze per la vita lavorativa, e qui stiamo parlando soprattutto dal punto di vista retributivo, sono le stesse come nel caso della nascita di un figlio.
Ma la scelta compiuta da giovani genitori arriva a incidere in modo particolare quando iniziamo a parlare di pensione: a lungo andare gli effetti del divario saranno che le donne percepiranno pensioni dimezzate rispetto agli uomini. Tutto ciò comporta una serie di conseguenze negative per le donne, e in età avanzata sono soprattutto loro ad essere esposte al rischio di povertà.
Nonostante le campagne in corso, molte giovani famiglie non sono consapevoli di queste implicazioni o lo sono solo in parte. In particolare, il fatto di ridurre tutto a una scelta della donna fa sì che l’argomento venga allontanato e ridotto a mera questione femminile. Questa situazione deve cambiare.

Pertanto il Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano incarica la Giunta provinciale

  1. di fare tutto il possibile affinché il tema della conciliabilità tra famiglia e lavoro venga presentato e percepito come qualcosa che interessa e tocca tutti i componenti della famiglia;
  2. di aumentare gli sforzi di sensibilizzazione per una responsabilità condivisa soprattutto nella fase in cui si decide di fondare una famiglia e si pensa all’accudimento dei figli e/o alla cura dei
    famigliari, con le differenze di reddito che ne derivano, soprattutto nell’età della pensione;
  3. di sostenere finanziariamente e/o con altre misure le famiglie e unioni che dimostrano di non privilegiare uno dei due partner nella fase in cui si fonda una famiglia e ci si occupa dell’accudimento dei figli e/o della cura dei famigliari;
  4. di avviare e svolgere campagne di sensibilizzazione in ambito economico affinché l’attenzione alla famiglia venga considerata sempre più un fattore che rende attrattiva un’azienda, e le misure a favore della famiglia caratterizzino la politica aziendale. Seguendo l’esempio della Svezia, l’obiettivo da perseguire è quello di fare in modo che le aziende sollecitino i loro dipendenti – sia uomini che donne – a usufruire del congedo parentale e che la società non solo accetti ma ritenga auspicabile che anche i padri si occupino dei figli;
  5. di porre particolare attenzione alle difficoltà che incontrano i genitori single.

BZ, 17.02.2020

Consiglieri provinciali
Brigitte Foppa
Riccardo Dello Sbarba
Hanspeter Staffler

COMUNICATO STAMPA.
Oggi giovedì 27 febbraio 2020 a Palazzo Widmann si è tenuto il Convegno “5G: veniamo al dunque – Tra aspettative e rischi” organizzato dai gruppi consiliari provinciali dei Verdi, Team K, Freiheitliche, Süd-Tiroler Freiheit, PD e Movimento 5 Stelle.
Nonostante le condizioni avverse, panico da Corona virus e relatori impossibilitati a venire per questo motivo, il Convegno è stato un successo. Un pubblico interessato e partecipe ha contribuito alla riuscita del dibattito gestito con maestria dalla moderatrice Sabina Frei, anche grazie alla tecnologia che ha permesso a due relatori di intervenire dalla distanza.

Le relatrici Patrizia Gentilini e Fiorella Belpoggi hanno portato gli aspetti problematici e le preoccupazioni relative alle ripercussioni del 5G su ambiente e salute “Non possiamo dire che il 5G faccia bene, come non possiamo dire che faccia male, semplicemente non abbiamo abbastanza dati per saperlo – ha concluso il suo intervento la dottoressa Belpoggi – servono soldi e investimenti nella ricerca per poter dare agli amministratori le informazioni corrette con cui poter agire”. La dottoressa Gentilini ha lanciato un appello: “’Impegnatevi affinché venga mantenuto a livello dello Stato il limite dei 6 volt per metro. Il principio di cautela lo dobbiamo soprattutto ai bambini e alle persone più deboli”. Anche Luca Verdi, che ha presentato la situazione dell’inquinamento elettromagnetico in Alto Adige – Südtirol ha condiviso l’appello, come anche quello rivolto alle aziende private: “Producete cellulari più sicuri e auricolari più pratici”.

Elmar Grasser si è concentrato di più sulle esigenze del mercato e non ha nascosto una chiara posizione molto più favorevole a rendere questa tecnologia accessibile prima possibile. E anche Martin Röösli ha dichiarato di preferire di gran lunga la presenza di più antenne, perché meno pericolose di tanti singoli cellulari in ricerca di un’antenna più distante.

L’audizione ha arricchito anche gli organizzatori:

“Il futuro dell’Europa è digitale, ma il principio di cautela deve valere sempre per salvaguardare adeguatamente la salute delle persone e dell’ambiente. Importante quindi continuare ad essere vigili e a porci domande su quello di cui davvero abbiamo bisogno” ha concluso la mattinata la consigliera provinciale e iniziatrice del convegno Brigitte Foppa.

Il consigliere provinciale M5S Diego Nicolini: “Io sono un entusiasta delle nuove frontiere tecnologiche e ottimista riguardo alle possibilità promesse dal 5G, soprattutto in relazione ad una nuova concezione di amministrazione pubblica, di partecipazione democratica e di mobilità sostenibile. Sono relativamente poco preoccupato, perché ho fiducia nelle istituzioni, ma è bene sgombrare ogni dubbio quando si tratta della nostra salute e per questo trovo di fondamentale importanza qualsiasi iniziativa volta a fare chiarezza sulla pericolosità/sicurezza di questa nuova tecnologia.”

„L’introduzione in Europa della nuova tecnologia 5G ha riattivato la controversia sui possibili rischi per la salute. L’audizione in Consiglio provinciale su questo dibattito, spesso molto emozionale, nel quale abbiamo invitato esperte/i nazionali e internazionali dalla ricerca, dalla medicina e dal mondo tecnologico, vuole dare un aiuto a coloro che devono prendere decisioni politiche corrette” così Franz Ploner.

“La partecipazione del Gruppo PD a questo evento è determinata dalla voglia di raccogliere informazioni più chiare possibili, soprattutto per quanto riguarda le implicazioni del 5G sull’inquinamento ambientale, aldilà dell’efficacia tecnologica. Quello che mi ha colpito di più è stata l’affermazione di Fiorella Belpoggi – No data, no market – con cui rimarcava l’importanza da parte delle amministrazioni di richiedere alle aziende più dati possibili sulla sicurezza dei loro prodotti.” – Sandro Repetto.

“Una connessione Internet veloce ed efficiente è di importanza centrale per il Sudtirolo come centro economico. Spero davvero che i progetti pilota per il 5G effettuati in altre regioni sottolineino le opportunità di questa tecnologia e possano smorzare le perplessità. L’inquinamento di radiazioni e campi elettromagnetici può venire ridotto se si fa un uso corretto di smartphone e connessioni wifi.” – Andreas Leiter Reber.

“Nemmeno gli esperti sono unanimi sugli effetti del 5G. Avremo dei veri risultati seri solo tra almeno dieci anni. Questo significa che al momento siamo noi le cavie. Di base innovazione e progresso non sono negativi, ma dobbiamo continuare a stare attenti, con cautela, dando voce ai dubbi. „ – Myriam Atz Tammerle.

Tante le domande da affrontare dopo questa prima discussione: Abbiamo davvero bisogno di più velocità? Questo sviluppo tecnologico ha un prezzo da pagare in termini di salute e benessere? Anche le posizioni politiche restano variegate, ma è confortante sapere che l’attenzione e la consapevolezza sono molto accese.

Bolzano, 27/02/2020

Nella foto:
Franz Ploner, Sabina Frei (moderatrice), Riccardo Dello Sbarba, Myriam Atz Tammerle, Brigitte Foppa, Fiorella Belpoggi, Luca Verdi, Patrizia Gentilini, Andreas Leiter Reber, Hanspeter Staffler, Maria Teresa Fortini, Alex Ploner.