HomeCovid-19Niemand rettet sich allein. Rede zum Landeshaushalt 2021

Niemand rettet sich allein. Rede zum Landeshaushalt 2021

Le lezioni della pandemia e il mondo che stiamo preparando.

Dalla pandemia usciremo ben diversi da come ci siamo entrati. Il modo in cui affrontiamo l’emergenza attuale determinerà la direzione in cui usciremo dalla crisi. Con le scelte di oggi noi stiamo preparando il mondo di domani.

Quindi chiediamoci: il mondo che stiamo costruendo sarà più equo o più ingiusto? Più democratico o più autoritario? Più ecologico o più inquinato? Il Presidente Kompatscher ha indicato due valori: la coesione, che io intendo come solidarietà, e la fiducia nelle istituzioni, che io intendo come fiducia nella democrazia, nella capacità della democrazia – e non delle dittature! – di affrontare e vincere il virus.

I cittadini e le cittadine la fiducia l’hanno dimostrata, e tanta! Per esempio, partecipando in massa al test antigenico. Qualche incauto ha promesso che sarebbe stato un “Brefreiungsschlag”, un atto liberatorio., e che grazie al test saremmo tornati alla “normalità” in quattro e quattr’otto. Non credo che le 360.000 persone, tra cui oltre 10.000 volontarie, abbiano creduto a questa illusoria promessa. Hanno partecipato come atto di fiducia e solidarietà in un’azione collettiva. Come reazione democratica collettiva.

Hanno partecipato come atto di fiducia nella scienza e nelle istituzioni. Avete ascoltato forse il discorso di Angela Merkel al Bundestag sul bilancio 2021: a un certo punto ha mollato i fogli e ha parlato a braccio sfidando la destra che la derideva. Ha riaffermato l’illuminismo come fondamento della civiltà europea, la fiducia nella scienza, la validità di scelte che hanno come bussola prima di tutto i dati epidemiologici e la tutela della salute a partire dalle persone più deboli.

Quando dico fiducia nella scienza intendo fiducia nel metodo scientifico, non certo fede in quello o quell’altro esperto intervistato in TV. La scienza è un procedimento, non una carrellata di VIP tra cui ciascuno si sceglie chi meglio conferma i suoi pregiudizi. Il metodo scientifico è analisi, ricerca, verifica, trasparenza, possibilità di ripetere l’esperimento, confutarne i risultati e migliorarli. La scienza è opera collettiva e in quanto tale fondamento delle moderne democrazie. È ciò che garantisce che prevalga l’interesse collettivo, che le persone vengano efficacemente curate, che i vaccini vengano accuratamente testati, che vengano equamente distribuiti e impiegati come rimedio affidabile.

Questa è la scienza, questa è la democrazia, questa è la fiducia e la coesione. I cittadini e le cittadine l’hanno capito e hanno partecipato.

Meno l’hanno capito alcuni politici (uso consapevolmente solo la forma maschile) anche qui da noi. Se si sono viste crepe nella coesione, queste si sono viste nella Giunta provinciale!

Si è visto alcuni fare a gara a chi apriva di più, a che apriva prima. Avendo probabilmente lo sguardo alle prossime elezioni, o alla prossima carica di Landeshauptmann. Inviterei questi assessori ad ascoltarsi per Natale il discorso di Angela Merkel almeno tre volte!

La lezione di questi mesi è una sola: NON CI SI SALVA DA SOLI (E DA SOLE, ma le donne lo sanno molto bene!).

Ci si salva solo come comunità democratica che persegue il bene comune. E questo bene non è solo la somma degli interessi personali. Mai come oggi ha torto Adam Smith quando diceva che “la somma degli egoismi, attraverso la selezione del mercato, produce l’interesse collettivo della società”. Non è così!

Impariamo dal passato. Esattamente un secolo fa il mondo ha vissuto un’altra grande pandemia: l’“influenza spagnola”. Ci sono molte similitudini con oggi. Anche allora fu all’inizio sottovalutata. Anche allora ci fu chi disse che era tutta un’invenzione. Molti dei rimedi di allora sono i rimedi di oggi: igiene personale, mascherina, evitare assembramenti, isolare gl’infetti, quarantena. E anche allora ci furono tre ondate di infezione.

Anche allora il mondo uscì mutato dalla crisi. Su un aspetto vorrei attirare l’attenzione: da quella pandemia nacquero i sistemi sanitari pubblici universali. Si capì che il medico privato da un lato e le istituzioni caritatevoli dall’altro non bastavano a salvare la vita delle persone.

Dall’influenza spagnola, che infettò mezzo miliardo di persone e fece quasi cento milioni di morti, nacquero i moderni sistemi sanitari pubblici. Così quella pandemia cambiò il mondo.

È il tema che mi sta a cuore: il rapporto tra spazio pubblico e spazio privato, tra bene comune e profitto, tra comunità e individui.

Io credo che da questa pandemia usciremo bene solo se rilanciamo lo spazio pubblico come spazio dei diritti fondamentali garantiti in modo equo e universale.

E mentre dico questo lancio un allarme. Negli ultimi anni il Sudtirolo si è mosso nella direzione esattamente opposta: più privato e meno pubblico.

Vorrei dimostrarlo analizzando tre campi fondamentali per la vita di ciascuno e ciascuna: il trasporto pubblico, la casa, la salute.

 

IL TRASPOSTO PUBBLICO

Avevamo questa situazione di partenza: la posizione dominante di un imprenditore privato (SAD), cui erano state affidate anche numerose funzioni pubbliche: sistema di biglietteria, orari, informazione all’utenza, rilevamento dati su linee e passeggeri.

Erano altri tempi, i tempi di un altro Landeshauptmann e di altre Giunte provinciali. Erano i tempi in cui pareva che i destini del trasporto pubblico passassero tutti da Falzes.

Poi sono arrivate le norme europee che imponevano gare di affidamento entro il 2018, oppure – come alternativa – una gestione interamente pubblica. Era chiaro che chi fino ad allora aveva goduto di una posizione dominante avrebbe fatto di tutto per non cederla. È accaduto così in tutta Italia: gare impugnate, funzionari denunciati. Non siamo un’eccezione.

Giorni fa come commissione di inchiesta sulle gare per il trasporto pubblico abbiamo tenuto una audizione coi consulenti della Provincia. Il prof. Pierluigi Mantini – che ha affiancato la Giunta provinciale fin dall’inizio – ci ha descritto i conflitti esplosi in tutta Italia, ma ha anche aggiunto che in provincia di Bolzano si è avuto un tasso di aggressività che non ha paragoni. Un’aggressività direttamente proporzionale alle posizioni che qui si erano consolidate nel tempo col sostegno della politica.

Conosciamo la storia della gara prima indetta e poi revocata. Giudicare chi ha ragione è compito della magistratura, che sta indagando. Compito della politica era trovare una via d’uscita.

La via d’uscita questo Consiglio provinciale l’ha indicata nella Mozione n. 103 approvata il 6 giugno 2019. In questa si impegnava la Giunta provinciale a adottare “per il trasporto pubblico locale un modello in house o un’azienda speciale”.

Chi come noi ha approvato questa mozione aveva in mente il modello pubblico del vicino Trentino (Trentino trasporti): una gestione al 100% pubblica, con possibilità di sub affidamenti a privati da un minimo del 10% a un massimo del 30% delle linee. Ma mantenendo standard omogenei e regia interamente pubblica!

La Giunta e la maggioranza Svp-Lega Salvini hanno attuato questa mozione con la legge provinciale n. 3, luglio 2019, articolo 4, comma 2, che recita: “Il servizio di trasporto pubblico locale è prevalentemente garantito dalla Provincia autonoma di Bolzano, attraverso un modello di gestione pubblica in house o azienda speciale… (Der öffentliche Personennahverkehr wird grundsätzlich von der Autonomen Provinz Bozen gewährleistet, durch eine öffentliche Führung mittels In-House-Gesellschaft)”.

Così si arriva all’ultimo atto: pochi mesi fa la Giunta provinciale ci ha comunicato a sorpresa di aver scelto un modello misto: il 45% dei servizi verranno assegnati alla società pubblica in house SASA, il 55% sarà affidato a privati con gara suddivisa in 10 lotti.

Questo modello “misto” deciso dalla Giunta non corrisponde a quanto deliberato dal Consiglio provinciale, né alla legge che dice: gestione pubblica prevalente.

Nell’audizione in commissione ho chiesto alla consulente della Provincia Maria Cristina Carmeli se un modello 100% pubblico fosse stato possibile, o se ci siano ostacoli normativi nazionali o europei che lo impediscono. La consulente non ha avuto dubbi: un sistema pubblico al 100% (con sub affidamenti fino al 30%) sarebbe stato possibile. La scelta del modello misto (45/55) è stata una scelta politica.

Il consulente prof. Mantini ha aggiunto: “Capisco la delusione di chi ha votato quella mozione, capisco che chi ha votato la parola “prevalente” pretenda che il pubblico abbia almeno il 51%. Ma evidentemente la Giunta è voluta venire incontro ai privati”.

Ma c’è un altro aspetto ancora più preoccupante in questa scelta. Il modello misto presentato dall’assessore Alfreider mettendo tanta enfasi sulla “sostenibilità” ha anche un’altra faccia, che si scopre solo se non ci si fa annebbiare dal fumo della retorica: la definizione di “rete di trasporto ecosostenibile” viene applicata solo alla quota pubblica (45%) e non nello stesso modo a quella privata (55%). Il motivo è chiaro: la sostenibilità costa e dispensarne i privati garantisce loro più ampi margini di profitto!

Ma così si costruisce il Sudtirolo verde e resiliente auspicato da Kompatscher? Così si raggiunge entro il 2030 la neutralità climatica, quando tutti sappiamo che sono proprio i trasporti a dare il contributo più forte alle emissioni di anidride carbonica?

 

LA CASA

Si comincia finalmente a discutere sulla nuova legge sull’edilizia pubblica agevolata.

L’edilizia agevolata ha costituito dal dopoguerra ad oggi il fondamento del welfare locale: se non abbiamo una quota più alta di persone povere o in difficoltà è proprio grazie alla politica pubblica della casa, alle 13.000 case Ipes, alle case realizzate in cooperativa, ai contributi per la prima casa, ai sostegni per l’affitto, alla messa a disposizione per legge per l’edilizia pubblica di una quota fissa (60%) di ogni nuova area edificabile.

Oggi questa politica è rimessa profondamente in discussione.

Fin dalla preparazione della nuova legge urbanistica (2014) erano apparse nella maggioranza e in particolare nella SVP due linee contrapposte:

  • Continuare con un forte intervento pubblico in edilizia sociale e agevolata, col sistema 60% pubblico / 40% privato per le nuove aree edificabili, aggiungendo una più efficace politica per gli affitti.
  • Oppure finirla con l’intervento pubblico e lasciare al mercato e ai privati il compito di garantire una casa alle cittadine e ai cittadini.

Il conflitto tra queste due linee non è stato risolto nella legge “Territorio e Paesaggio” che sull’edilizia pubblica è un vero guazzabuglio di norme contraddittorie.

Quale linea prevarrà si decide ora nella scrittura della nuova Legge sull’edilizia agevolata. E qui lancio un altro allarme: la linea del privato e del mercato ha già lasciato segni profondi nella normativa urbanistica oggi vigente!

Ecco alcuni esempi:

  • Il vecchio obbiettivo di “soddisfare il fabbisogno abitativo primario” (cioè garantire a tutte e tutti la prima casa) è stato sostituito dal concetto di alloggi per RESIDENTI, che non è la stessa cosa, perché il residente può essere anche ricco e può possedere più alloggi e farci i suoi affari.
  • La regola della suddivisione 60/40 delle nuove aree edificabili nella nuova legge urbanistica è stata rovesciata: a cooperative e Ipes tocca ora solo il 40% dei terreni.
  • Il restante 20% del 60% ex pubblico è riservato ad appartamenti a prezzo calmierato (che non si sa ancora cosa vuol dire) e ad appartamenti per residenti: in entrambi i casi realizza il privato. In questo modo alle imprese private viene concesso l’utilizzo di terreni finora riservati all’edilizia pubblica.
  • Il 40% residuo diventa totalmente libero, grazie a una modifica alla legge urbanistica approvata qualche settimana fa e finora passata inosservata. È stato modificato l’art. 19 sul “plusvalore di pianificazione”, che originariamente prevedeva che anche nel 40% riservato al privato, comunque il 60% (quindi il 24% dell’intera area) dovesse essere almeno convenzionato per residenti. Questa frase è sparita con ultima modifica di legge (DdLp n. 63/2020, art 4). Quindi adesso il 40% è totalmente libero, lasciato alla ricerca del massimo profitto privato, neppure vincolato per residenti!
  • I progetti di riqualificazione urbanistica (PRU, art. 30) da fare con accordi urbanistici (art. 20), prescindono sia dagli obblighi di realizzare una quota minima di abitativo, sia dagli obblighi di convenzionamento. Tutto dipende dagli accordi che gli enti pubblici riusciranno a stipulare con i privati che realizzano la riqualificazione dell’area. Gli esempi li abbiamo a Bolzano: nell’AREALE della STAZIONE ferroviaria su 1500 appartamenti, solo 400 sono riservati all’Ipes (26% del totale) e nulla, del resto, è convenzionato; nel PRU BENKO gli alloggi convenzionati sono una quota infinitesimale (meno del 5%?).

Io sono convinto che nel campo della casa è una illusione pensare che il privato spontaneamente risolva il problema del diritto a una casa per tutti a prezzi abbordabili.

Il privato – legittimamente, sia chiaro – ha come obbiettivo di ottenere il massimo profitto possibile dall’investimento che ha fatto. Non risponde a obbiettivi sociali. Oppure la maggioranza SVP-Lega Salvini è disposta a prendere misure che comprimono i margini di profitto dei privati? Ad esempio, pensando a una forma di “EQUO CANONE PROVINCIALE”?

Fino ad oggi le case vendute dai privati non hanno mai diminuito “spontaneamente” il proprio prezzo; fino ad oggi i canoni di affitto privati non sono mai calati, ma sempre costantemente aumentati. Se non trovavano acquirenti ai prezzi richiesti, piuttosto lasciavano vuoti gli appartamenti! Sul diritto alla casa la “mano invisibile del mercato” di Adam Smith non funziona proprio per nulla!

Su questo sarebbe bene davvero prendere esempio dall’Austria, da Vienna: garantire il diritto alla casa è un compito dell’ente pubblico e delle politiche pubbliche! E queste politiche oggi c’è chi le vorrebbe abbandonare.

 

LA SANITA’

Negli ultimi anni si è ampliata enormemente la sanità privata. Le cliniche private sono spuntate come funghi, o si sono ampliate. E i/le pazienti sempre più spesso si vedono dirottare verso il settore privato, perché il pubblico non è in grado di occuparsi di loro.

Finora il Sudtirolo aveva cercato di evitare una sanità a due classi, privata per chi può spendere e pubblica per chi non se lo può permettere. Adesso invece siamo al proliferare del privato e abbiamo un assessore competente, l’assessore Widmann, che questa soluzione la teorizza come rimedio alle difficoltà del sistema pubblico.

In questo momento ci troviamo in una fase intermedia: si sposta sul privato ciò che la sanità pubblica non riesce a garantire. Ad esempio, le visite specialistiche: il ricorso al privato è stato presentato dall’assessore Widmann come la soluzione per accorciare i tempi di attesa.

In questo modo il privato non è complementare al sistema sanitario pubblico, ma sostituisce il pubblico per l’esercizio di funzioni essenziali come le visite specialistiche, la prevenzione e la cura.

Per chi deve curarsi le condizioni (per ora) non cambiano: il ticket resta (alto) uguale, sia che si venga operati nel pubblico che nel privato. La differenza dei costi infatti (e per ora) la copre il bilancio pubblico provinciale.

In questo modo però una quota di anno in anno maggiore della spesa pubblica sanitaria viene dirottata verso le cliniche private.

Così il settore privato cresce, attira professionisti, estende le sue specializzazioni e offre servizi che gli ospedali fanno sempre più fatica a offrire: la “ritirata” della sanità pubblica (già compiuta in alcuni settori, come l’odontoiatria) si fa sempre più percepibile. E questo rappresenta anche un disincentivo per il pubblico di sforzarsi e di migliorare.

Io non credo che su questa strada avremo un servizio sanitario più efficiente e meno costoso per i bilanci pubblici!

Anzi, con questo doppio canale le pratiche si complicano (lo sa chi deve prenotare una visita facendo lo slalom tra pubblico e privato) e i costi aumenteranno, perché con quello che la Provincia rimborsa alle cliniche private non dovremo solo coprire i costi dei servizi, ma anche il margine di profitto che i privati esigono!

 

UN SUDTIROLO DEGNO DELL’EUROPA

Bene pubblico o profitto privato? A me pare che questo dilemma attraversi da tempo la politica e che la sua soluzione determinerà il modo in cui usciremo dalla pandemia. Se usciremo con un mondo più equo o un mondo più ingiusto.

Casa, trasporti, sanità sono ambiti in cui si giocano diritti umani essenziali e in cui il dilemma pubblico/privato è attuale e decisivo.

La tendenza della maggioranza provinciale Svp-Lega Salvini è decisamente a favore del privato. Ma siamo ancora in tempo a correggerla!

  • Siamo ancora a tempo a riorientare gli investimenti verso la sanità pubblica, per il diritto alla salute in un sistema sanitario pubblico, universale, equo, gratuito, laico, di qualità, no profit, democratico, accogliente, integrato con le politiche sociali e ambientali.
  • Siamo ancora in tempo a garantire il diritto alla casa a tutte e tutti con un massiccio intervento pubblico che metta un limite preciso ed invalicabile alla speculazione. Perché non è ammissibile speculare su un bisogno umano primario.
  • Siamo ancora in tempo a fissare chiari criteri di sostenibilità per l’intero trasporto pubblico locale, fissando regole uguali per tutti per raggiungere l’obbiettivo della protezione del clima, con l’orizzonte di zero emissioni entro il 2030.

Solo così potremo uscire dalla pandemia costruendo quella Europa verde, giusta, resiliente che il Presidente Kompatscher ha auspicato.

Su questo piano, l’Europa ha fatto in questa pandemia importanti passi avanti. Gli accordi tra i 27 paesi per gli investimenti per la conversione ecologica, la resilienza e la solidarietà dimostrano che nella pandemia l’Europa ha ritrovato sé stessa.

Riascoltiamo il discorso al Bundestag di Angela Merkel!

E cerchiamo di fare in modo che il Sudtirolo diventi degno di questa Europa!

 

Riccardo Dello Sbarba, 16 dicembre 2020

Author: Heidi

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