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Anders ist mehr!

Rede von Riccardo Dello Sbarba zum Landeshaushalt 2023.

Care colleghe e colleghi, egregio Presidente Kompatscher,

questa mattina ho attraversato una Bolzano imbiancata per venire da casa a qui. Il panorama con la neve era meraviglioso; tante persone spalavano non solo i marciapiedi, ma anche i passaggi pedonali, anche se non spettava a loro; in via della Mostra c’era un ragazzo seduto per terra, vestito con una sola felpa e un cartello: “Ho fame”; in piazza Walther c’era la solita frenesia per l’allestimento mattutino del mercatino.

Come vedete, in meno di un chilometro ho incontrato tutto il bello e anche tutto il dolore che ci sono nel nostro Sudtirolo.

Quando sono arrivato qui, in questo Palazzo del Consiglio, mi sono guardato intorno e ho deciso di rinunciare al lungo e dettagliato discorso che avevo preparato. Ieri il vescovo ci ha invitato a “rinunciare”. Ho pensato che se non cominciamo per primi noi a rinunciare– noi vecchi uomini bianchi europei, che abbiamo procurato tanti guai a questo pianeta – chi dovrebbe farlo?

Quindi, nach dem Motto “weniger ist mehr”, ho preparato una sintesi di poche righe di quello che volevo dire.

Siamo di fronte a quello che il cancelliere tedesco Olaf Scholz, in un saggio dai toni drammatici pubblicato il 5 dicembre scorso sui maggiori media di lingua inglese e tedesca, ha chiamato “die globale Zeitwende”, il cambio d’epoca globale.

Abbiamo una guerra nel cuore dell’Europa che ha reso concreto il rischio di una terza guerra mondiale con l’uso dell’arma nucleare.

Il riscaldamento del pianeta non è più una minaccia futura ma una realtà del presente, con un ormai inevitabile aumento medio della temperatura di almeno di 3 gradi entro fine secolo, che vuol dire 6 gradi all’interno dei continenti. Sulle Alpi siamo già a più 1,6 gradi di inverno e più 2,6 gradi in estate. Già ne viviamo le conseguenze: eventi estremi, scioglimento dei ghiacciai, siccità, grandi migrazioni climatiche.

Siamo usciti dalla pandemia con l’aumento vertiginoso di ricchezze sempre più grandi e di povertà sempre più estese. La paura della malattia e i lunghi lockdown hanno strappato le connessioni sociali, hanno creato solitudine e diffuso un esasperato individualismo.

Ce ne aveva avvertito nel 2020 uno dei miei autori preferiti, Jonathan Franzen, nel saggio: “E se smettessimo di fingere?”: le profezie peggiori sembrano sul punto di realizzarsi.

Io appartengo a una generazione che credeva nelle utopie. Ora ho purtroppo la sensazione di cominciare a vivere in una distopia.

Che cosa possiamo fare noi, piccolo Sudtirolo, in questo mondo che rischia di precipitare? Prendere i nostri compiti con serietà e sincerità: non c’è più spazio per la propaganda e le chiacchiere. Quello che ci manca non sono le tecnologie: quello che manca è una nuova consapevolezza collettiva e individuale, una nuova cultura, nuovi rapporti sociali.

In sintesi: serve una società nuova, fondata sull’empatia invece che sull’egoismo; sulla sufficienza invece che sul massimo profitto; sulle reti sociali invece che sulla fredda burocrazia; sulla condivisione di oggetti, servizi e beni comuni invece che sulla privatizzazione dello spazio pubblico; sulla distribuzione del potere invece che sulla sua concentrazione; sulla partecipazione invece che sulla delega.

Molte persone, innanzitutto giovani e innanzitutto donne e soprattutto giovani donne, vivono già la trasformazione come presupposto di una vita che resti semplicemente umana.

Più che il principio “weniger ist mehr”, io vedo queste giovani donne, come mia figlia, e mi viene piuttosto da dire che: “Anders ist mehr”! Voglio dire: un’altra società è possibile. Più umana, più giusta, più mite, e per tutto questo molto più felice.

Ciò che ancora ostacola la trasformazione è il fatto che le strutture portanti della società sono rimaste le stesse. Guardiamoci intorno, appena fuori dalla porta!

Appena fuori dalla porta di questo Palazzo trionfa il turismo mordi e fuggi del Mercatino di Natale, un’orgia di stress e consumismo che rende infelice sia chi vi partecipa, sia chi deve sopportare questi 40 giorni di follia.

Poco lontano il cantiere del multimiliardario René Benko ci promette boutique firmate, un hotel stallato e appartamenti di lusso, come di lusso sono quasi tutti i cantieri in costruzione in questo momento in città. Come se ci mancasse il lusso! No, quello che manca sono alloggi a prezzi ragionevoli per la maggioranza “normale” della popolazione!

Lo stesso bilancio provinciale dimostra questa incapacità di immaginare il cambiamento: Anche quest’anno il bilancio conserva la stessa struttura degli ultimi 20 anni, limitandosi a spostare un percento in più di qua o in meno di là.

E’ un bilancio ricco: 6,7 miliardi! Dovrebbero bastarci e avanzarci! Invece un collega della maggioranza anche oggi ha affermato che questi soldi non bastano mai. Ma allora non si è capito nulla del momento in cui ci troviamo!

Ma soprattutto, dobbiamo renderci conto che con un bilancio così, di 6.7 miliardi, noi diamo forma alla società, la modelliamo! E quale società modelliamo?

Un bilancio identico al passato riproduce l’identica società insostenibile, egoista, dipendente che ci ha portato alla crisi climatica.

Una vera politica climatica ha bisogno di un altro bilancio, che – in estrema sintesi – dovrebbe essere totalmente ristrutturato e concentrato su due missioni fondamentali:

  • il finanziamento della transizione ecologica in tutti i settori dell’economia e della società,
  • un fondo sociale per la giustizia climatica, per combattere disuguaglianze e povertà, affinché la transizione ecologica sia vissuta da ogni persona come occasione di riscatto sociale.

Due missioni attorno a cui riorganizzare tut\ti i nostri investimenti. Una cosa semplice a dirsi, difficilissima a farsi. Ma se vogliamo prendere sul serio i buoni propositi che anche quest’anno abbiamo qui sentito, dobbiamo metterci al più presto al lavoro.

Non abbiamo più tempo, non possiamo più perdere tempo!

Buon Natale a voi.

Nichts ist so fein g
Klima, soziale Gerec
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