bronzolo2Già bocciato prima sul Renon e poi a Laives, il progetto di una centrale elettrica a pompaggio privata rispunta ora a Bronzolo ed Aldino.

Con una novità: l’acqua per alimentarla verrrà prelevata non dal fiume, ma dalla falda sotterranea che serve anche acquedotti e pozzi. Si tratta di un gigantesco prelievo di 830.000 metri cubi d’acqua, che metterà a forte rischio l’equilibrio idrogeologico di un’area che ha già problemi di approvvigionamento.

Sia a Bronzolo che ad Aldino stanno nascendo iniziative civiche sul tema.

In questa interrogazione-dossier, i Verdi analizzano alcuni aspetti dell’opera e chiedono trasparenza e chiarezza sul progetto, sul suo finanziamednto e sulle procedure di valutazione.

INTERROGAZIONE

Bronzolo-Aldino: Centrale a pompaggio ad alto rischio idrogeologico. Il progetto è arrivato in Provincia?

Nelle scorse settimane si sono svolte nei comuni di Bronzolo e di Aldino assemblee pubbliche in cui i promotori (riuniti nella la società Iters Srl) hanno presentato il loro progetto di centrale a pompaggio da realizzare nel territorio dei due comuni. Da quel che è uscito sulla stampa, la centrale dovrebbe essere totalmente in caverna, con diversi chilometri di tunnel scavati nella montagna sia a monte che a valle, e dovrebbe utilizzare 830.000 m3 di acqua (equivalenti a 830 milioni di litri) che verrebbe prelevata dalla falda.

I dati principali dell’impianto, almeno come sono stati presentati alla riunione di Bronzolo, sarebbero i seguenti:

  • Capacità: 850 000 m3 di acqua
  • 2 tunnel di 7,5 km e di 113 m2 di sezione. Se il profilo è circolare, il diametro è di 12 m. In confronto, una canna BBT ha diametro 8,1 m, Gottardo 7,7 m.
  • 450 MW di potenza installata
  • 5 ore funzionamento continuo alla massima potenza
  • 2250 MWh di energia equivalente accumulata
  • 80% di efficienza stimata (tipica per impianti di questo tipo)
  • investimento dichiarato: 500 milioni di €
  • periodo di ammortamento: 25 anni

Noi non scartiamo a priori la soluzione delle centrali a pompaggio, come un mezzo per lo stoccaggio e poi il successivo utilizzo di energia in sovrappiù (in un circuito che comunque produce tra il 20% e il 30% di energia in meno di quanta ne consuma per pompare l’acqua in alto), ma riteniamo che tali impianti abbiano senso solo se viene garantito che l’energia utilizzata per il pompaggio è energia da fonti rinnovabili: altrimenti si tratterebbe semplicemente di “riciclaggio di energia sporca” che, se è in sovrappiù, deve semplicemente smettere di essere prodotta.

Riteniamo dunque che l’effettiva realizzazione di questo tipo di centrale sia da giudicare caso per caso, valutando attentamente l’impatto ambientale e la reale economicità dell’opera, nonché i vantaggi che possano o meno venire per la collettività, sia in termini di compensazioni ambientali che di pagamento di diritti.

Soprattutto, nella decisione se realizzare o no l’opera va garantito il massimo della trasparenza e il coinvolgimento della popolazione, che deve essere messa non solo davanti a affermazioni verbali e promesse di ogni tipo, ma deve anche poter disporre di tutta la documentazione necessaria: progetto, piano finanziario, eventuali convenzioni con soggetti terzi (i promotori hanno parlato di contatti coi sindacati e con la Procura della Repubblica per quanto riguarda le norme di sicurezza e quelle sulla legalità dei cantieri), eventuali certificazioni (la stampa ha riferito di verifiche sul piano finanziario e di ricerca dei finanziatori affidate alla KPMG Spa di Roma, società nota in provincia di Bolzano per aver accompagnato diversi momenti della storia di SEL, nonché società di consulenza di Enel).

I valori che sono in gioco sono innanzitutto quelli ambientali. Risulta infatti che l’enorme massa degli 830.000 m3 di acqua, pari a 830 milioni di litri, utilizzati dall’impianto sarebbero prelevati dalla falda sotterranea.

Questo pare il punto più critico: solitamente infatti l’acqua necessaria per questi impianti viene prelevata da laghi o fiumi (in passato sono state proposte centrali a pompaggio che pescavano nell’Isarco e nel lago di Garda), ma è alquanto insolito il caso di centrali che peschino nella falda che alimenta anche tutti gli altri usi idrici, da quello potabile a quello agricolo.

A questo vanno aggiunti i 14 km di enormi tunnel nella montagna, dove sarebbero realizzati sia i serbatoi sia le sale per le turbine, e che potrebbero interferire sulle falde e le sorgenti.

Il rischio dunque per l’equilibrio idrogeologico dell’area interessata è enorme e va valutato attentamente.

Infine ci sono gli aspetti finanziari. La motivazione dei promotori del progetto è evidentemente commerciale e consiste nel ricavare profitto dal differenziale dei prezzi tra l’energia di sfondo meno cara acquistata per pompare l’acqua e l’energia di picco prodotta rilasciando l’acqua.

Occorre considerare innanzitutto che gli impianti di pompaggio e accumulo non sono assimilabili a impianti a energia rinnovabile, ma, al contrario, sono impianti che servono principalmente a mantenere la stabilita della rete e sono pertanto sotto il controllo diretto del gestore di rete. Nella maggior parte dei casi non è il proprietario dell’impianto a decidere autonomamente quando scaricare acqua e produrre e vendere elettricità, in momenti di convenienza economica, ma piuttosto il gestore di rete a scegliere quando ricorrere all’energia accumulata per coprire improvvisi picchi di carico.

Similmente, gli impianti di accumulo sono messi in funzione quando occorre collegare rapidamente dei carichi, anche qui per compensare fluttuazioni di rete. Gli impianti di accumulo sono pertanto strumenti “di sistema”. Proprio per questo motivo l’esercizio commerciale di impianti di pompaggio è molto critico e non è garantito il loro rientro economico se non in termini di sicurezza della rete.

Secondo informazioni statistiche di Terna sugli impianti di generazione per il 2011 [sito www.terna.it, doc. 2011_It_3-IMPIANTI_GEN.pdf] in Italia la potenza installata di impianti di pompaggio “puri” (simili a quello proposto per Bronzolo) è 4 017 MW. La loro producibilità media annua, cioè la quantità massima di energia elettrica che sarebbe possibile produrre o invasare supponendo un’utilizzazione completa degli impianti alla massima efficienza, è 6 651,0 GWh.

Nel 2010 e 2011, sempre secondo le statistiche di Terna [sito www.terna.it, doc. 2011_It_5- PRODUZIONE.pdf] la produzione di energia elettrica da apporti di pompaggio è stata invece solo di 3 249,2 GWh e 1 903,2 GWh. Gli impianti sono stati cioè utilizzati al 48,8% e al 28,6% rispetto al loro potenziale massimo.

Oltre a ciò va considerato il fatto che il differenziale tra i prezzi di picco e di sfondo va costantemente diminuendo, fatto che rende sempre più critico il conto economico di queste centrali.

Ci limitiamo a riportare l’andamento dei prezzi negli ultimi 7 anni, espressi in € per Mwh:

 

  2011 2010 2009 2008 2007 2006 2005
Baseload € 72,23 € 64,12 € 63,72 € 86,99 € 70,99 € 74,75 € 58,59
Picco € 82,71 € 76,77 € 83,05 € 114,38 € 104,90  € 108,73 € 87,80
Fuori picco € 66,71 € 57,34 € 53,41 € 72,53 € 52,95 € 57,06 € 43,17
Differenza € 16,00 € 19,43 € 29,64 € 41,85 € 51,95 € 51,67 € 44,63

Come si vede, il differenziale tra energia di picco ed energia di sfondo è tendenzialmente diminuito negli ultimi anni, riducendosi di due terzi rispetto al 2005. Si riducono così i margini di profitto di questo tipo di centrali, che infatti in questo momento in Europa praticamente nessuno più propone come impianti a se stanti.

Normalmente infatti tali centrali a pompaggio sono realizzate su impianti già esistenti di generazione idroelettrica con l’aggiunta di pompe per fare risalire l’acqua in periodi di basso costo dell’elettricità e sfruttarla in caduta quando c’è domanda di picco. L’investimento “tipico” in un impianto di pompaggio è quindi solo un investimento aggiuntivo per modificare un impianto idroelettrico già esistente, ed è quindi piuttosto contenuto. Al contrario, sono rari gli impianti costruiti esclusivamente per l’accumulo e che richiedono bacini, invasi, tubature ecc.

Occorre dunque, per giudicare il progetto, conoscere il piano finanziario nei dettagli, cioè capire su quali parametri sono stati quantificati gli investimenti necessari e le spese di gestione, le previsioni di esercizio sull’energia prodotta e sulle previsioni di prezzo, le modalità di finanziamento ecc…

Infine, occorre avere chiarezza su chi siano i finanziatori del progetto.

Sono conoscendo con esattezza questi dati, gli enti pubblici possono valutare la reale economicità del progetto e dunque:

  1. se esso potrà venire portato a termine e poi gestito senza rischi di un fallimento che lascerebbe dietro di sé un’opera di notevole impatto ambientale ma priva di margini economici sufficienti per andare avanti;
  2. se le promesse di compensazioni finanziarie a favore dei comuni potranno essere mantenute oppure no, e di quale entità saranno (soprattutto se fossero stabilite come una percentuale sugli utili).

Per tutti questi motivi

si chiede:

  1. Il progetto di centrale elettrica a pompaggio nei comuni di Bronzolo e Aldino è stato già presentato ai competenti uffici provinciali?
  2. Se sì, quali sono le caratteristiche principali del progetto?
  3. Com’è risolto il problema dell’approvvigionamento idrico dell’impianto?
  4. E’ allegata un’analisi idrogeologica e se sì, chi l’ha fatta e con quali risultati?
  5. E’ allegato al progetto un piano finanziario e, se sì, quali caratteristiche ha?
  6. E’ dichiarato quali saranno i finanziatori e, se sì, chi saranno?
  7. Se non è stato presentato alcun progetto agli uffici competenti, è stato almeno comunicato entro quando ciò verrà fatto, visto che il progetto è stato già illustrato ai comuni?
  8. Il progetto è stato illustrato alla Giunta provinciale? Se sì, la Giunta ha potuto ricevere informazioni di cui alle domande nr. 2, 3, 4, 5 e 6 e se sì, quali?
  9. La società elettrica provinciale SEL ha mai avuto intenzione o progettato un simile impianto, cioè una centrale a pompaggio a se stante non collegata a un impianto idroelettrico già esistente? Se non l’ha fatto, per quali motivi? Ha forse valutato che tali impianti non danno certezze in termini di utili e di conto economico?
  10. Se è già stato – o se venisse in futuro – presentato ufficialmente agli uffici, quale iter attraversa un progetto di questo tipo e da quale norma di legge è regolato? (si prega di illustrare brevemente le diverse tappe e i soggetti competenti per ogni tappa, fino alla realizzazione).

Consiglieri provinciali

Riccardo Dello Sbarba
Hans Heiss

 

 

Al Presidente del Consiglio provinciale

Interrogazione

L’attuale campagna „Basta violenza“ non viola il divieto di discriminazione previsto nella Costituzione?

StoppGewaltDa un mese il dibattito sulla violenza tra i giovani è particolarmente acceso, a causa di una brutale aggressione da parte di un gruppo di ragazzi di origine straniera contro alcuni giovani e una ragazza „autoctoni“ di famiglie conosciute. L’aggressione, sicuramente da condannare sotto ogni punto di vista, che ha provocato lesioni anche gravi, ha dato vita a una campagna mediatica in cui il quotidiano Dolomiten ha insistito sulla presenza di giovani stranieri in fatti di violenza. Ora, nessuno mette in dubbio che giovani immigrati partecipino a queste azioni violente, provocando spesso ferite fisiche e psicologiche nelle vittime. I giovani coinvolti e le loro famiglie hanno sicuramente diritto a solidarietà e aiuto concreto e la campagna mediatica ha contribuito sicuramente ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema.

La campagna ha però anche messo nel mirino, per settimane intere, stranieri e soprattutto albanesi identificandoli come potenziale fattore di violenza nella nostra provincia. Dal modo in cui vengono descritti i fatti, non vengono messi sotto accusa solo i colpevoli, ma intere nazionalità, che vengono classificate come fattori di rischio per la sicurezza.

Soprattutto i giovani albanesi sono finiti nel mirino della stampa. La comunità albanese è il gruppo di immigrati più numeroso in Alto Adige, con 5600 Persone (dati 2011).

Anche se il Dolomiten ha cercato di attutire le notizie sulla violenza degli stranieri cercando di valorizzare gli „stranieri buoni“, nei lettori sono rimaste impresse solo le immagini negative, come dimostrano anche le reazioni sui forum in internet. Una campagna di questo tipo non è assolutamente condivisibile, anche se si fa portatrice di un’opera di sensibilizzazione su un tema trascurato e nonostante la solidarietà che va espressa alle vittime e il nobile obiettivo che fatti del genere non si ripetano più.

La campagna ha raggiunto l’apice il giorno del „vertice sulla sicurezza“ presso la Camera di commercio a Bolzano (11 luglio 2013), nel corso del quale Stato, Provincia e organizzazioni sociali (e senza la presenza dei rappresentanti della popolazione albanese così violentemente incriminata) hanno fatto un bilancio della situazione e si sono accordati su alcuni provvedimenti. Tenendo comunque presente la serietà dei fatti, il prefetto Valenti ha affermato che “è esagerato parlare di stato di emergenza”.

Lo stesso giorno, il Dolomiten elencava su due colonne vittime e colpevoli di 44 casi nel periodo tra la primavera del 2004 e luglio 2013: colpevoli di 36 casi venivano identificati gli “albanesi” a cui venivano aggiunti gruppi di diversa nazionalità: 3 macedoni, 4 nordafricani, alcuni pachistani, poi un numero non ben definito di “stranieri”, “presumibilmente stranieri”, “giovani di origine straniera”, 2 meridionali, 5 ragazzi autoctoni, un uomo di Laives e uno di Merano.

Tra le vittime sono state elencate 63 persone autoctone a cui si sono aggiunte come eccezioni una donna marocchina e una immigrata. Non si tratta di dati raccolti in modo obiettivo, ma di risultati di una ricerca privata e di indicazioni da parte delle persone coinvolte. Per ragioni di completezza, aggiungo qui che nella lista pubblicata dal Dolomiten non si fa cenno alle aggressioni violente di gruppi autoctoni neonazi e neofascisti susseguitisi nella zona di Merano tra il 2004 e il 2009.

Ripeto: nessuno vuole mettere in discussione la gravità delle conseguenze di queste aggressioni e nemmeno ridurre il dolore delle vittime, ma questa presentazione mediatica deve essere criticata, poiché ai lettori e alle lettrici viene trasmesso il seguente messaggio:

Gli aggressori sono principalmente stranieri, soprattutto albanesi

Le vittime sono invece, quasi senza eccezioni, autoctone e giovani.

La conseguenza è che gli Albanesi vengano continuamente discriminati e per stigmatizzare in modo così negativo un intero gruppo etnico sono sufficienti 50-100 soggetti, l’1% del gruppo di appartenenza: quanto questo possa influenzare l’atmosfera e la qualità di vita di un’intera nazionalità, ce lo si può facilmente immaginare: con questi sospetti e attribuzioni di colpa ci si comporta in modo molto simile a come si atteggiavano un tempo gli italiani nei confronti dei Sudtirolesi, considerati tutti come nazisti, poiché, almeno dopo le opzioni del 1939, numerosi gruppi avevano simpatizzato con il Nazionalsocialismo.

Quindi, poniamo le seguenti domande alla giunta provinciale:

  1. Quali sono i risultati esatti del „vertice sulla sicurezza“? Quali provvedimenti sono stati concordati?
  2. Da parte della provincia, è stato offerto supporto alle vittime delle violenze fisiche e psicologiche subite?
  3. Si è parlato durante il vertice anche di come assicurare la protezione della buona reputazione delle nazionalità straniere?
  4. Non giudica la campagna mediatica in atto come discriminatoria nei confronti di interi gruppi etnici e quindi in violazione della costituzione? Nonostante abbia contribuito alla protezione delle vittime?
  5. L’ufficio antidiscriminazioni della provincia (Art. 5 della legge provinciale 12/2011) valuterà se con la presente campagna non sussista una massiccia e ingiusta discriminazione di un gruppo etnico?
  6. Quali dati statistici sulla violenza contro le persone nel periodo dal 2004 al 2013 sono a disposizione? Si può individuare il numero delle aggressioni, i danni inferti e i gruppi di età coinvolti? (Se ne richiede una documentazione).

Bolzano,12. luglio 2013

Hans Heiss
Riccardo Dello Sbarba

Il gruppo “verdECOnomia – Grüne Wirtschaft ” dei Verdi-Grüne-Vёrc ha incontrato questa settimana il direttore Lun e il direttore Perkmann dell’istituto WIFO della Camera di Commercio

Nel corso della riunione, il gruppo-economia dei Verdi ha voluto farsi un quadro dell’attuale situazione economica in Alto Adige e discuterne le problematiche più rilevanti.

Durante il confronto di 90 minuti sono stati trattati diversi temi, come il sistema di sostegno alle imprese, la cooperazione, la crescita, l’esportazione ed anche il programma di riforme del Südtiroler Wirtschaftring. Poiché a noi del gruppo „verdECOnomia – Grüne Wirtschaft“ stanno a cuore soprattutto le piccole imprese della nostra provincia, abbiamo anche discusso sulla dimensione aziendale ottimale per le aziende nei diversi settori.

Non c’è stato consenso su tutti i punti, tuttavia in questo incontro non si trattava di insistere sulle diverse posizioni, ma piuttosto di confrontare i diversi punti di vista e di ascoltare le posizioni altrui, soprattutto da parte nostra.

Riteniamo lodevole il fatto che WIFO voglia impegnarsi particolarmente durante l’autunno di quest’anno per rilanciare e rafforzare l’idea della concertazione sociale in Alto Adige. Un simile progetto ha certamente il nostro sostegno.

Klaus Egger
portavoce del gruppo „verdECOnomia – Grüne Wirtschaft“
+39 339 6219025

Verdi-Grüne-Vёrc

aereoportoPresentandosi il 9 luglio scorso davanti al Tar, i rappresentanti legali della Provincia hanno affermato che esistono “questioni non ancora chiarite” per quanto riguarda l’acquisizione dei terreni necessari ad allungare la pista dell’aeroporto di Bolzano, per cui i lavori per ora non potranno cominciare. Il Tar ha di conseguenza aggiornato l’udienza al 20 novembre. E’ una strategia per rinviare la patata bollente a dopo le elezioni o esistono problemi effettivi?

Per questo motivo si chiede:

  1. Quali sono le “questioni da chiarire”, di qualsiasi genere siano, in tema di allungamento della pista dell’aeroporto e di relativa acquisizione dei terreni necessari?
  2. Qual’era la tempistica prevista ufficialmente in merito ai lavori di allungamento della pista, nelle diverse fasi? (acquisizione dei terreni, bandi di appalto, esecuzione dei lavori ecc…)
  3. Quale nuova tempistica viene ora prevista?
  4. E’ prevedibile un aumento della spesa preventivata per tutta l’operazione?

Consiglieri provinciali

Riccardo Dello Sbarba
Hans Heiss

Bolzano, 10 luglio 2013

 

anticorruzioneI rappresentanti della Provincia dovranno uscire dai consigli di amministrazione delle società partecipate: è quanto prevede la cosiddetta “legge anticorruzione” promossa nel 2012 dal governo Monti (Legge 6 novembre 2012, n. 190 recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 13 novembre 2012, n. 265). L’incompatibilità riguarda diverse posizioni, a partire da quella del Presidente Durnwalder nei Cda della Laimburg e di Castel Tirolo. La Provincia avrebbe già stilato un elenco delle singole posizioni, ma di questo si hanno solo notizie frammentarie

si chiede:

  1. Di fornire l’elenco completo delle situazioni di incompatibilità, con l’indicazione del Cda, della persona incompatibile alla luce della norma Monti, del ruolo ricoperto dalla persona sia nel Cda che nell’amministrazione pubblica, del soggetto che ne ha disposto la nomina.
  2. Di spiegare quali passi vuole intraprendere la Provincia per garantire il rispetto della norma Monti e la relativa tempistica.

Consiglieri provinciali

Riccardo Dello Sbarba
Hans Heiss

Bolzano, 9 luglio 2013

 

logo_ueLa Giunta provinciale ha approvato in data 1 Luglio 2013 due delibere che riguardano la gestione del programma FSE 2007-2013: la nr. 976 e la nr. 983. Tali delibere sono collegate tra loro e cercano di rispondere a una situazione di grave emergenza che si è verificata nel settore dei finanziamenti europei a progetti FSE. Un’ispezione della CE avrebbe infatti rilevato irregolarità nella gestione dei programmi. I dubbi della CE sono stati comunicati alla Provincia di Bolzano con due atti ufficiali:

  • lettera dell8 maggio 2013, prot n. 41.07.04/258517
  • lettera del 12 giugno 2013, prot. N. 41.07.04/337829.

In tali missive, la CE ha comunicato la sospensione dei pagamenti, visto le “gravi criticità” riscontrate nelle procedure seguire dalla Provincia. Si tratta di circa 20 milioni di euro così ripartiti:

  • € 14.507.243 in scadenza 31 ottobre 2013
  • € 5.384.007 in scadenza dicembre 2013.

Risulta che questi soldi sono già stati anticipati dalla Provincia, che ne attende la restituzione da parte dell’Europa. La situazione è dunque preoccupante.

Nelle missive della Commissione Europea e nelle successive attività di verifica dell’amministrazione provinciale, sono emersi i seguenti problemi:

  1. AUTORITA’ DI AUDIT – La CE solleva dubbi sul ruolo e la corrispondenza alla normativa dell’Autorità di Audit (AdA) istituita dalla Provincia di Bolzano. L’AdA è obbligatoria nella normativa europea e serve a verificare i programmi e la loro implementazione. La normativa europea stabilisce che questa AdA sia “funzionalmente indipendente dall’autorità di gestione e certificazione”, che nel nostro caso sono sotto il controllo della Ripartizione Europa della Provincia. La Provincia di Bolzano ha affidato questa AdA all’Organismo di Valutazione, istituito dalla Provincia stessa con legge 10/1992. Evidentemente la CE non ritiene tale Organismo di valutazione sia un organo “funzionalmente indipendente dall’autorità di gestione e certificazione”. Per correre ai ripari con la delibera 976 la Provincia ha dunque istituito “a decorrere dal 1° agosto 2013” una nuova AdA “come area a sé stante funzionalmente indipendente”. Basterà a tranquillizzare la CE? E che ne sarà dei finanziamenti e dei progetti gestiti con la vecchia AdA?
  2. AUTORITA’ DI GESTIONE – Parallelamente, nell’ambito di un vertice del Comitato di Sorveglianza tenutosi il 6 giugno 2013, “sono state rilevate alcune incoerenze- è scritto nella delibera nr. 983 – nelle procedure di gestione e controllo all’interno dell’Autorità di Gestione FSE tramandate dai primi anni della presente programmazione. Più in particolare, si tratta di errate procedure di impegno in seguito all’approvazione delle operazioni, di debolezze nei controlli di primo livello nonché di incoerenze nell’applicazione della normativa sulle entrate e sull’affidamento o sulla delega di attività a terzi all’interno delle singole operazioni”. Per verificare come stanno le cose, la Giunta provinciale con delibera nr. 983 ha dato alla società T&D di Bologna l’incarico di eseguire un controllo a campione su 30 procedure FSE per verificare la loro conformità alla normativa europea e “l’individuazione di eventuali importi indebitamente certificati”.
  3. 60 PROGETTI CON “INCONGRUENZE” – Esistono inoltre “60 progetti conclusi – recita la stessa delibera nr. 983 – che non erano a suo tempo stati gestiti da parte dei beneficiari in accordo con le disposizioni e sui quali, in seguito ad un primo controllo della documentazione rendicontale, sono state verificate incongruenze tali da richiedere competenze tecniche e giuridiche che esulano da quelle ordinarie”. Per controllare e chiudere questi progetti è stato dato un incarico alla stessa società T&D.

La situazione è dunque molto delicata e richiede un’attenta valutazione da parte dell’amministrazione provinciale. E’ importante anche una costante e puntuale informazione ai consiglieri e alle consigliere provinciali.

si chiede:

SULL’AUTORITA’ DI AUDIT:

  1. Quali sono i rilievi che la Commissione Europea ha avanzato nei confronti della Provincia di Bolzano? Si richiede copia delle seguenti comunicazioni della CE:
    lettera dell8 maggio 2013, prot n. 41.07.04/258517
    lettera del 12 giugno 2013, prot. N. 41.07.04/337829.
  2. Istituendo dal 1° agosto 2013 una nuova Autorità di Audit, la Provincia riconosce che l’Organismo di valutazione non era un organo “funzionalmente indipendente dall’autorità di gestione e certificazione”? In base a queli valutazioni in passato è stato affidato a quest’Organismo la funzione di AdA? E perché oggi queste valutazione si sono rivelate sbagliate?
  3. Che cosa sarà, presso quale organismo sarà insediata, come sarà composta e come funzionerà la nuova AdA “come area a sé stante funzionalmente indipendente”? La CE è stata sentita a proposito e ha dato un suo consenso in modo da fugare ogni dubbio d’ora in poi? L’anomalia riscontrata finora nella vecchia AdA mette in pericolo i finanziamenti e i progetti gestiti con il sistema di Audit affidato al vecchio Organismo di Valutazione?
  4. In un’intervista il direttore della Ripartizione Europa afferma che: “Non avevo nessun tipo d’informazione sul lavoro svolto dal nucleo di valutazione” incaricato dell’Audit. Come si spiega questa affermazione, visto che l’Audit era affidato all’Organismo di Valutazione che ha sede nel Palazzo provinciale nr. 1, Piazza Magnago, telefono 0471 412480?
  5. Come fluivano le informazioni tra l’Organismo di Valutazione e la Ripartizione Europa? Se non c’era contatto e nessuno sapeva nulla dell’altro, per quali ragioni ciò accadeva? Tutto questo corrisponde ai principi della buona amministrazione?
  6. Nella stessa intervista il direttore della Ripartizione Europa afferma che l’Organismo di valutazione non rispondeva a nessuno. Come si spiega questa affermazione? A chi rispondeva dunque l’Organismo di valutazione? Non sta sotto la Direzione Generale, assessore competente dott. Luis Durnwalder, lo stesso della Ripartizione Europa?

SULL’AUTORITA’ DI GESTIONE:

  1. A proposito delle “incoerenze nelle procedure di gestione e controllo all’interno dell’Autorità di Gestione FSE tramandate dai primi anni della presente programmazione”, si chiede: qual è il periodo esatto cui si fa riferimento alludendo ai “primi anni”, chi era responsabile allora di questa AdG e chi era responsabile in quello stesso periodo della Ripartizione Europa della Provincia autonoma di Bolzano?
  2. Quanti progetti, per l’ammontare di quali finanziamenti, sono interessati da queste “incoerenze”?
  3. Tali eventuali “incoerenze” riguardano anche procedure amministrative (gestione, controllo…), e se sì, quali e chi ne era responsabile in quel periodo? Se le “incoerenze” fossero confermate, ”, quali conseguenze ne trarrebbe la Provincia verso i responsabili?
  4. Se fosse confermato che tali incoerenze riguardano anche “importi indebitamente certificati”, quali conseguenze ne trarrebbe la Provincia sia verso i beneficiari che verso i propri organi amministrativi?

SUI 60 PROGETTI NON GESTITI IN ACCORDO CON LE DISPOSIZIONI:

  1. Sui “60 progetti conclusi che non erano a suo tempo stati gestiti da parte dei beneficiari in accordo con le disposizioni”, si chiede l’elenco completo dei progetti citati, con tutte le informazioni a essi riferite: asse, beneficiario, operazione, anno, atto di approvazione, totale importo pubblico approvato, importi erogati, eventuali note.
  2. Che tipo di “incongruenze nella documentazione rendicontale” sono state riscontrate in tali progetti? Tali incongruenze riguardano anche “eventuali importi indebitamente certificati”?
  3. Se le “incongruenze” fossero confermate, quali conseguenze ne trarrebbe la Provincia sia verso i beneficiari che verso i propri organi amministrativi?

Consiglieri provinciali

Riccardo Dello Sbarba
Hans Heiss

Bolzano, 3 luglio 2013

 

RiccardoHansDie „Arbeitsgruppe Selbstbestimmung“ veröffentlicht heute eine Umfrage, wonach 54% der deutsch- und ladinischsprachigen Südtirolerinnen und Südtiroler im Falle eines Selbstbestimmungs-Referendums sich für die Unabhängigkeit von Italien entscheiden würden. Eine Stichprobe von 700 Befragten (unter Ausschluss der Italienerinnen und Italienier im Lande!) bekundet in Telefoninterviews, im Fall einer Wahl über die Zugehörigkeit zu Italien oder Unabhängigkeit zu 54% der Unabhängigkeit den Vorzug zu geben, während nur mehr 26% für einen Verbleib bei Italien einträten, 20% legen sich nicht fest. Das 54%-Resultat klingt zwar beeindruckend, hätte man aber auch Italienischsprachige  befragt, so wären die Unabhängigkeitsbefürworterinnen und -Befürworter sofort in die Minderheit geraten.

  •  Zudem ist der Begriff Unabhängigkeit mehrdeutig: Wohlweislich wird in der Umfrage nicht präzisiert, ob „Unabhängigkeit“ einen Freistaat, Rückkehr zu Österreich oder größere Autonomie bedeuten soll. Die genannte „Unabhängigkeit“ bedeutet aber wohl vorab eine besser abgesicherte und krisenfeste Autonomie. Es ist vielmehr erstaunlich, dass trotz wenig autonomiefreundlicher Regierungen von Mitte-Rechts-Zentrum (2008-2013), ständiger Haushaltskürzungen, Steuererhöhungen und der chronischen Wirtschaftskrise so viele Deutsch- und Ladinischsprachige für einen verbesserten Status Quo plädieren. Diese Bürgerinnen und Bürger setzen vorab auf die Autonomie Südtirols samt ihren Vorzügen und lehnen Illusionen und Experimente ab.
  • Leider wurde vergessen anzuführen, dass vor exakt zwei Jahren (Juni 2011) bei einer gleich lautenden Umfrage der „Arbeitsgruppe Selbstbestimmung“ 2% mehr Befragte, nämlich 56%, der Unabhängigkeit den Vorzug gaben. Und nochmals fünf Jahre zuvor, im Juni 2006, wurde eine ähnliche Umfrage vorgestellt: Damals befürworteten rund 55% die Unabhängigkeit, Freistaat oder Rückkehr zu Österreich. Der Zuwachs an Unabhängigkeits-Befürwortern seit 2006 ist also nicht berauschend, wenn man bedenkt, mit welcher Dynamik die Betreiber durch die Lande wirbeln.

Die Befragten distanzieren sich zwar vom krisengeschüttelten Italien deutlich stärker als noch 2011 oder 2006 (damals wünschten noch 44 bzw. 45% einen Verbleib bei Italien). Nicht der Traum von Selbstbestimmung und Sezession, sondern der Ausbau der Autonomie, das konkrete Zusammenleben seiner Bürgerinnen und Bürger und die europäische Öffnung Südtirols zu seinen Nachbarn sind die Zukunftsaufgaben unseres Landes.

Tares-la-nuova-tassa-sui-rifiuti_h_partbCon la sentenza 3756 del 9 marzo 2012 la Corte di Cassazione ha stabilito che la TIA (Tariffa di Igiene Ambientale) è un tributo e come tale non è soggetto ad Iva. La pronuncia della Corte è stata necessaria poiché molti comuni italiani avevano applicato alla TIA l’IVA al 10%. In altre parole, è come se i cittadini di questi comuni avessero pagato una tassa sulla tassa.

Nonostante la sentenza, sembra che molti comuni coinvolti continuano tuttora ad applicare impropriamente l’IVA. Occorre verificare la situazione in Provincia di Bolzano. Ci sono state segnalate situazioni in cui i cittadini hanno il dubbio che continui ad essere applicata l’Iva sulla tariffa rifiuti. Il dubbio può essere chiarito dalla Provincia nella sua funzione di organo di vigilanza sui procedimenti amministrativi dei comuni.

si chiede:

  1. Ci sono comuni altoatesini dove viene applicata l’Iva sulla tariffa rifiuti?
  2. Se sì, quali sono?
  3. Se sì, che cosa intende fare la Provincia per far cessare questo ingiusto prelievo?

 

Consiglieri provinciali

Riccardo Dello Sbarba
Hans Heiss

Bolzano, 1 luglio 2013

 

intercultura(1)Emendamento al Voto nr. 24/11

Alla fine dell’introduzione è aggiunto il seguente testo, che sostituisce anche l’intera parte impegnativa:

“Il Governo Monti ha impugnato a suo tempo la legge altoatesina sul servizio civile provinciale, che prevede una cifra intorno ai 450 euro al mese per giovani o pensionati che prestino un anno di volontariato. Tale legge consente ai giovani di avere un anno di orientamento dopo la maturità ed ai meno giovani di rendersi utili anche una volta cessata l’attività lavorativa. Questa forma originale di servizio civile provinciale non ha nulla a che fare con alcuna forma di sostituzione del servizio militare, la cui competenza è esclusivamente dello Stato. Da questo punto di vista ha fatto bene la Provincia di Bolzano a resistere in giudizio di fronte alla Corte Costituzionale.

Tutto ciò considerato,

iI Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano,

Nell’attesa fiduciosa del pronunciamento della Corte Costituzionale, ribadisce la validità della normativa contenuta nella legge provinciale sul servizio civile provinciale per giovani o pensionati che prestino un anno di volontariato e conferma la propria convinzione che tale materia, che nulla ha a che vedere col servizio militare, ricada nelle competenze spettanti alla Provincia autonoma e che dunque sia pienamente legittima

E invita il Parlamento italiano

ad approvare al più presto una riforma della legge 6 marzo 2001, n. 64 per consentire l’accesso al servizio civile nazionale anche ai/alle giovani stranieri/e tra i 18 e i 28 anni di età, con residenza stabile nel nostro paese e una buona padronanza della lingua italiana (e/o tedesca per chi svolge servizio civile in provincia di Bolzano), che non abbiano procedimenti penali in corso, che abbiano i presupposti previsti per tutti i cittadini e le cittadine dal DLgs77/2002 per l’accesso al servizio civile e che ne facciano espressa richiesta”.

Consiglieri provinciali

Riccardo Dello Sbarba
Hans Heiss

Bolzano, 27 giugno 2013

 

UrbanisticaIl regalo di commiato dell’”Era Durnwalder”

La „Piccola riforma“ di Pichler Rolle è diventata una legge-mostro. Non contenta di averla trasformata in un Omnibus illeggibile che modifica ben 14 leggi provinciali, ora la Giunta ha presentato per l’aula 75 nuovi emendamenti, firmati da 4 diversi assessori e altri 5 consiglieri della maggioranza in gara tra loro per soddisfare le clientele elettorali.

Tra le novità più gravi degli emendamenti per l’aula:

1. LA RIPROPOSIZIONE DELL’ARTICOLO WIDMANN SULLE ZONE PRODUTTIVE D’INIZIATIVA PRIVATA. Questo articolo era stato eliminato dalla Commissione, ma l’assessore Widmann lo ripresenta ora in aula cambiato nella forma (è assai più confuso!) ma identico nella sostanza: non è più l’ente pubblico che programma il territorio, ma il privato proprietario che promuove le zone produttive e mette sotto pressione l’ente pubblico (su questo vedi la Relazione di minoranza).

2. LA LEX BENKO. Con un accordo personale con il sindaco Spagnolli, l’ex vice Sindaco Pichler Rolle ha introdotto in Commissione i nuovi articoli 55 bis e 55 ter che – in stile Widmann – introducono „zone di riqualificazione urbana di iniziativa privata“. La procedura vigente viene rovesciata: non è l’ente pubblico che – in base all’interesse collettivo – individua nel piano urbanistico le aree da riqualificare, ma è il privato che – dopo aver acquistato in anticipo le parti di città che gli interessano – mette sotto pressione il Comune affinché tali aree vengano dichiarate „da riqualificare“ e vengano sottoposte a una procedura accelerata che non prevede più la partecipazione dei cittadini e delle cittadine (neppure dei confinanti!). Il Consiglio comunale viene coinvolto alla fine, a giochi fatti.

Dopo un aspro dibattito in città, l’assessore Tommasini ha presentato ora una proposta cosiddetta „di compromesso“, che compromesso non è affatto.

Infatti, la nuova versione Tommasini introduce un doppio binario:

  • da un lato, con i nuovi articoli 55 bis, ter e quater, ripristina una normativa simile a quella oggi vigente, che parte dall’inserimento di zone di riqualificazione urbana nel Piano Urbanistico Comunale sotto la regia del Comune.
  • Accanto a questo però, col nuovo articolo 55 quinquies, mantiene anche la possibilità delle „zone di riqualificazione urbana di iniziativa privata“ che esautorano l’ente pubblico e i cittadini e trasformano la pianificazione urbana in un accordo tra un sindaco e un privato, col consiglio comunale coinvolto a cose già fatte. Ovviamente sarà proprio questo il binario che seguirà il progetto Benko, che ritiene l’Hotel Alpi da dichiarare „zona da riqualificare“ solo perché l’ha acquistato, mentre il suo piano non coinvolge affatto – ad esempio – l’edificio degradato su via Garibaldi, quello sì in condizioni di emergenza!

Ci dispiace esprimere stavolta un radicale dissenso con un sindaco da noi stimato come Gigi Spagnolli: il gruppo Verde si batterà in aula con ogni mezzo affinché l’articolo 55 quinquies venga eliminato!

La “Lex Benko” e le “zone produttive di iniziativa privata” rivelano lo spirito di questa “riforma urbanistica”, che consegna il territorio agli interessi privati, umilia il bene pubblico, cancella la pianificazione e affida i nostri centri urbani alla volontà del mercato e del puro profitto.

Infatti anche negli altri articoli  questa “riformetta”:

  1. esautora i consigli comunali, sposta alle giunte le decisioni fondamentali sui piani urbanistici e sui piani di recupero e di attuazione e in questo modo riduce le possibilità dei cittadini e delle cittadine di partecipare alla pianificazione del territorio;
  2. riduce il ruolo dei tecnici nelle diverse commissioni, soprattutto in campo urbanistico e paesaggistico, a favore dei rappresentati della politica e degli interessi;
  3. incoraggia il consumo di suolo, la cementificazione del verde agricolo e la dispersione del costruito attraverso le norme sugli ampliamenti di cubatura, le trasformazione degli hotel, il raddoppio delle sedi dei masi;
  4. pone maggiori costi a carico delle casse pubbliche, sostituendo gli acquisti agli espropri e mettendo a carico dei Comuni i costi di urbanizzazione delle nuove zone produttive;
  5. non riduce la burocrazia, ma la democrazia;
  6. e, immancabilmente, contiene norme “ad personam”.

Con i quasi 300 emendamenti presentati, sarà impossibile che i consiglieri e le consigliere discutano di questa legge con competenza e votino sapendo quello che stanno facendo.

In nome della tutela del territorio e del paesaggio, dei nostri centri urbani e del patrimonio edilizio storico, il gruppo Verde chiede alla Giunta provinciale e all’assessore Pichler Rolle di ritirare questa legge e varare entro il primo anno della prossima legislatura una riforma urbanistica davvero organica, basata sullo stop al consumo di suolo, la trasparenza, la semplicità delle norme, il pari trattamento di tutti i cittadini e le cittadine.

Consiglieri provinciali

Riccardo Dello Sbarba
Hans Heiss

Bolzano, 25 giugno 2013