Gli effetti del glifosato sono noti da tempo: dove viene utilizzato la biodiversità diminuisce drasticamente. L’erbicida uccide piante verdi naturali e così elimina l’habitat di altre forme viventi come insetti, rettili e uccelli, tutte necessarie al mantenimento di ecosisistemi vivi e funzionali.
Ma è soprattutto l’effetto cancerogeno l’aspetto più problematico. L’IARC, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, ha classificato il glifosato come sostanza probabilmente cancerogena.
Per questi motivi oltre un milione di persone da tutta Europa ha alzato la voce per dire no al prolungamento del permesso di diffusione e utilizzo. Anche il Parlamento europeo ha rafforzato questa posizione, votando per la riduzione del suo uso e per un più rapido ritiro dal mercato. Ora però il permesso per il suo utilizzo è stato prolungato e questo perché il dimissionario ministro tedesco per l’agricoltura si è presa il diritto di esprimersi contro gli accordi presi internamente e ha quindi votato a favore della proroga. Ai margini va detto che Monsanto, la multinazionale che vende le sementi resistenti al glifosato, a breve dovrebbe venire acquistata dalla multinazionale tedesca Bayer.
La decisione presa dall’UE è antidemocratica e lesiva della salute. Ma il confronto continua e l’ultima parola non è stata ancora pronunciata. I Verdi sudtirolesi continueranno a impegnarsi con forza per l’eliminazione del glifosato soprattutto nella nostra provincia. La vittoria della Monsanto per ora è solo una vittoria di Pirro.
 
Bolzano, 28/11/2017
Hans Heiss
Riccardo Dello Sbarba
Brigitte Foppa
 

Un grande successo e un ottimo risultato a Karlstad: il 100% dei delegati e delegate hanno votato per l’ammissione dei Verdi Grüne Verc nel Partito Verde Europeo.
Da tanto tempo i Verdi dell’Alto adige si erano dati l’obbiettivo di essere ammessi all’interno del Partito Verde Europeo (EGP).
Si trattava di rafforzare la componente europea nella politica sudtirolese,ottenere un sostegno internazionale alla propria politica provinciale e confrontarsi in un contesto internazionale, oltre i confini del Sudtirolo, su temi come la politica del clima, la migrazione, la giustizia sociale e l’economia sostenibile.
Il primo passo l’hanno fatto i Giovani Verdi, che due anni fa a Lione hanno preso i primi contatti col Partito Verde Europeo. In seguito il direttivo dei Verdi altoatesini ha inoltrato la propria richiesta di ammissione. Da allora sono stati molteplici i momenti di incontro e confronto.
L’anno scorso i vertici dell’EGP con Reinhard Bütikofer e Monica Frassoni sono venuti in Alto Adige per una “fact finding mission” e hanno potuto verificare la serietà del lavoro svolto dai Verdi altoatesini. La scorsa estate poi abbiamo organizzato insieme ai verdi europei il congresso internazionale a Merano sul turismo e le sue conseguenze sull’ambiente. Verdi da tutta Europa sono venuti a Merano, confermando quanto sia importante fare rete a livello internazionale quando sono in gioco i temi dell’ambiente.
Finalmente, domenica 26.11.17 una delegazione con Brigitte Foppa, Tobias Planer, Riccardo Dello Sbarba e Verena Frei si è recata nella città svedese di Karlstad, per siglare la definitiva ammissione. Subito dopo quella della Macedonia, il congresso europeo dei Verdi all’unanimità ha votato l’ammissione dei Verdi altoatesini nell’EGP. Il sì è arrivato da tutti i 99 delegati e delegate dei 39 partiti membri provenienti da 34 stati europei.
È stata posta così una pietra miliare e densa di futuro nella storia di ormai 40 anni dei Verdi dell’Alto Adige – Südtirol – una chiara identificazione col progetto dell’Europa come comunità di idee e di valori.
Karlstad, 26.11.2017
Brigitte Foppa, Tobias Planer, Riccardo Dello Sbarba, Verena Frei

L’atteggiamento ballerino della SVP sulla doppia cittadinanza è un flirt rischioso con i secessionisti.
La lettera firmata da 19 consiglieri al governo austriaco sulla doppia cittadinanza ha fatto scalpore… non tanto per i contenuti, quanto piuttosto per la strana alleanza tra l’estrema destra, parti della SVP e Paul Köllensperger.  A questa proposta i Verdi hanno sempre posto alcune questioni problematiche:

  • Chi ne avrebbe diritto? Sono i cittadini e le cittadine di lingua tedesca, o anche quelli/e di lingua ladina o italiana? Questa domanda spaccherebbe la nostra società.
  • In Austria si porrebbe invece la domanda: quali altri gruppi austriaci all’estero ne avrebbero diritto?
  • Tutto porterebbe a un effetto domino contrario agli obiettivi europei di una forte identità europea con diritti civili solidi.

I Verdi sono convinti che, in quanto territorio plurilingue, l’Alto Adige e altre regioni simili abbiano bisogno di uno status speciale per poter garantire una convivenza pacifica. E per questo riteniamo irrinunciabile rafforzare e sviluppare la cittadinanza europea . Noi Verdi continuiamo a impegnarci per una Europa multilingue e pacifica. L’Italia e l’Austria potrebbero davvero sviluppare in Alto Adige/Südtirol il modello esemplare per una nuova cittadinanza europea.
Hans Heiss
Riccardo Dello Sbarba
Brigitte Foppa

Oggi i consiglieri comunali della Lega a Bolzano hanno distribuito ai passanti delle finte banconote da 1000 Euro con l’immagine dell’assessora Maria Laura Lorenzini. Questa azione  vuole portare l’attenzione (e l’odio!) della gente sull’iniziativa della giunta comunale, di abbellimento artistico delle barriere antiterrorismo .

L’azione della Lega è grave. La condanniamo profondamente perché va molto oltre il normale dibattito politico. Si usa l’immagine dell’assessora (che peraltro ha agito su incarico di tutta la giunta comunale) per infangarla e screditarla personalmente. Non è accettabile nei modi, nei toni e nelle immagini usate – modi, toni, immagini che ricadono sulla Lega stessa che se ne assume le responsabilità, verso Maria Laura Lorenzini e verso la civiltà.

Respingiamo questo modo di fare politica, portata avanti con gli insulti invece che con gli argomenti, con la denigrazione invece che con il rispetto.

22.11.2017 

Brigitte Foppa, Tobe Planer, Corinna Lorenzi, Erica Fassa, Riccardo Dello Sbarba, Hans Heiss

60 anni da Castel Firmiano: contraddizioni di una manifestazione – e cosa ci dicono per l’oggi
Il 17/11/1957 a Castel Firmiano resta una data di riferimento per l’Alto Adige. Circa 35.000 persone, donne e uomini, espressero con la loro presenza e l’accoglienza entusiasta dell’appello di Magnago „Los von Trient!“ i loro desideri di libertà: la maggior parte di loro volevano sottrarsi al controllo oppressivo di Roma e delle Regione e chiedevano autonomia. Molti speravano in un „Los von Rom!“ e nell’autodeterminazione, gruppi più piccoli intorno a Luis Amplatz erano addirittura pronti a ricorrere alle armi.
L’impressionante manifestazione di Castel Firmiano non è semplicemente espressione di una volontà popolare compatta e priva di fratture, ma vi si possono individuare diversi livelli e forti contraddizioni. Sei aspetti principali caratterizzarono l’evento:

  1. Il desiderio di liberazione dalla pressione statale prese grande forza dopo 35 anni di fascismo prima e centralismo poi.
  2. Il controllo inflessibile da parte della maggioranza DC sulla Regione con pochissime competenze per la Provincia di Bolzano svuotò le promesse d’autonomia del 1946 e 1948, tanto da rendere assolutamente adeguata la reazione „Los von Trient!“.
  3. Dietro le parole „Los von Trient!“ si celavano anche la spinta verso l’autodeterminazione e la disponibilità all’uso della violenza di una minoranza.
  4. Dal punto di vista sociale, la manifestazione fu anche un inalberarsi contro decenni di discriminazioni, fu espressione del forte sentimento di ingiustizia e di mancanza di prospettive accumulato in Alto Adige, che allora era una delle regioni più povere delle Alpi.
  5. Dal punto di vista politico, Castel Firmiano mise Roma sotto pressione e impressionò l’opinione pubblica italiana; ma costrinse anche l’Austria e il governo di Vienna a un atteggiamento più incisivo.
  6. Dal punto di vista partitico la manifestazione fu una dimostrazione di forza della nuova dirigenza SVP con il nuovo Obmann Magnago e i registi occulti Hans Dietl, Franz Widmann e altri „inarrestabili“, che nel maggio 1957 con un colpo di mano avevano preso il controllo della SVP contro la direzione di Erich Amonn, Josef Raffeiner e Toni Ebner.

Castel Firmiano fu un successo per lo più inaspettato: non solo le richieste della SVP ottennero grandissimo peso, ma allo stesso tempo per la prima volta nel dopoguerra e dopo il 1946 si espresse con grande forza il desiderio di partecipazione da parte delle cittadine e dei cittadini.
Questo intenso desiderio venne presto frenato: la SVP seppe benissimo sfruttare la pressione della base, ma preferì ridimensionare per quanto possibile la partecipazione e la volontà popolare.
La successiva soluzione della questione sudtirolese venne affidata a politici della statura di Magnago e Moro e di altri che portarono avanti l’autonomia sudtirolese singolarmente o a piccoli gruppi. La “volontà popolare” poté balenare solo per un breve momento, una larga partecipazione rimase sempre imbrigliata nei giochi di potere della dirigenza SVP.
Castel Firmiano fu un segnale importante per un cambiamento della politica altoatesina verso un’autonomia sempre più ampia. Gli sviluppi successivi alla grande manifestazione mostrano però anche il ruolo limitato della sovranità popolare in Alto Adige/Südtirol e rendono evidenti gli stretti confini della democrazia reale nella nostra provincia. Castel Firmiano rappresenta quindi anche un monito per una maggiore valorizzazione della partecipazione democratica, che dovrebbe essere qualche cosa di più di una mera stampella, pur solida, all’operare autonomo delle élites politiche.
Cons. prov. Hans Heiss, Brigitte Foppa, Riccardo Dello Sbarba
BZ, 16. 11. 2017

Mozione: Consiglio Regionale


La ferrovia della Val di Fiemme (in tedesco Fleimstalbahn) era una ferrovia a scartamento ridotto, costruita dal Genio militare austriaco all’inizio del ‘900 che congiungeva la ferrovia del Brennero da Ora a Predazzo in Val di Fiemme.
I primi progetti per una ferrovia lungo la Val di Fiemme, che ne incentivasse lo sviluppo turistico, risalgono al 1891. Solo in un secondo momento si pensò di sfruttare la ferrovia anche dal punto di vista economico, ad esempio per il trasporto del legname o dei minerali. Il progetto, però, venne accantonato a causa di divergenze sul tracciato e della mancanza di fondi.
Durante la Prima Guerra Mondiale ci si rese presto conto che le strade esistenti non sarebbero state in grado di assorbire tutto il traffico dei rifornimenti e quindi i progetti della ferrovia della Val di Fiemme tornarono attuali.
La realizzazione fu fatta a tempo di record. I lavori iniziarono nel febbraio del 1916 e già nel 1917 il primo treno poté partire. Gli addetti alla realizzazione raggiunsero punte massime di 6000 uomini: 3900 civili, 600 militari e 1500 prigionieri, prevalentemente serbi, russi e montenegrini. Molti di quei prigionieri perirono decimati da malattie e privazioni. Non mancò, soprattutto nel tratto terminale della linea, il contributo di numerose donne.
Oggi il vecchio tracciato della Ferrovia della Val di Fiemme, con i suoi tunnel, viadotti e ponti, è una popolare via ciclabile ed escursionistica, ma in pochi ne conoscono la storia e sanno del triste destino di migliaia di uomini costretti a lavorare per la sua realizzazione a ritmi forzati un uno stato disumano di prigionia.
Per la correttezza storica e il rispetto di tante persone che in questo caso hanno dato forzatamente la vita sulla nostra terra, riteniamo doveroso fare un atto di riconoscimento ufficiale e visibile a tutti e tutte, restituendo alla memoria collettiva la verità storica di quel periodo.

Tutto ciò considerato, il Consiglio regionale impegna la Giunta regionale:

  1. a intraprendere colloqui con il comprensorio circondariale dell’Oltradige/Bassa Atesina e la comunità territoriale della Val di Fiemme al fine di realizzare un progetto comune per la messa in posa di  tavole illustrative plurilingue nei punti più significativi del percorso,  che illustrino in maniera adeguata la storia della costruzione della vecchia ferrovia, rendendo onore al ricordo delle migliaia di prigionieri di guerra che loro malgrado hanno reso possibile quest’opera.

Bolzano/Trento, 21 agosto 2017
Cons. regionali
Brigitte Foppa
Hans Heiss
Riccardo Dello Sbarba


 
In occasione del 40° compleanno dell’esame di bilinguismo, il Gruppo Verde in Consiglio provinciale ha presentato questa mozione. Ci sembra paradossale che chi frequenta una scuola superiore in italiano e una università in Germania, o viceversa, ottenga automaticamente il patentino di bilinguismo, mentre sia escluso da questa opportunità chi per cinque anni frequenta con successo l’Università trilingue di Bolzano, seguendo lezioni e sostenendo esami sia in tedesco che in italiano in un ambiente totalmente plurilingue.
 

MOZIONE

L’università trilingue merita il patentino

Il 9 novembre 2017 cade il 40° compleanno dell’esame di patentino di bi- e trilinguismo. Dalla sua istituzione, questo strumento è stato più volte riformato, nella direzione dell’approccio comunicativo. Inoltre sono state aperte nuove strade per ottenere la certificazione per il bilinguismo.
Una di queste strade è la certificazione europea rilasciata da vari istituti, come il Goethe Institut o il TestDaF per il tedesco e il CELI (Università di Perugia) o il CILS (Università di Siena) per l’Italiano. Sempre più persone seguono questa strada: l’Astat ci comunica per esempio che nell’anno 2016 a fronte di 2845 persone che hanno ottenuto il patentino di bilinguismo tramite il tradizionale esame provinciale, ben 1998 persone hanno ottenuto lo stesso patentino attraverso la strada delle certificazioni europee.
Un’altra alternativa per ottenere l’attestato di bilinguismo è offerta a chi si diploma in una scuola superiore di lingua italiana e si laurea in un’università di lingua tedesca o viceversa. Paradossalmente, però, alla laurea presso l’università trilingue di Bolzano non è stata riconosciuta pari dignità e per questo non comporta automaticamente il conseguimento del patentino di bilinguismo.
La logica di questa esclusione sembra essere l’assurdo principio che frequentare due separati corsi monolingui di studio garantisca come risultato il bilinguismo, mentre frequentare una Università plurilingue per cinque anni, seguendo insegnamenti e sostenendo esami sia in italiano che in tedesco in un ambiente di studio completamente plurilingue, non garantisca lo stesso risultato. Ciò suona come una mancanza di considerazione verso il carattere trilingue della nostra università.
E’ necessario invece difendere il valore del plurilinguismo trasmesso dall’università di Bolzano, poiché esso rappresenta la sua più importante “carta di identità e di qualità”, anche nel confronto internazionale.
Il tema tra l’altro non riguarda solo l’Università di Bolzano, ma anche lo studio bilingue della Scuola Superiore di Sanità Claudiana, come pure lo studio bilingue integrato di giurisprudenza (“integriertes Diplomstudium der Rechtswissenschaften”) presso l’Università di Innsbruck.

Per questi motivi,

il Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano

impegna la Giunta provinciale:

  1. A intraprendere tutti gli sforzi possibili per garantire, attraverso le necessarie modifiche normative, che il conseguimento di una laurea presso la Libera Università di Bolzano – a condizione che il percorso di studi abbia previsto un certo numero di esami sostenuti nelle diverse lingue previste dall’attestato di bilinguismo – consenta l’automatico conseguimento dell’attestato di bilinguismo corrispondente.
  2. A verificare la possibilità dell’automatico conseguimento dell’attestato di bilinguismo corrispondente anche per chi porta a termine il corso di studi della Scuola Superiore di Sanità Claudiana, come pure dello studio bilingue integrato di giurisprudenza (“integriertes Diplomstudium der Rechtswissenschaften”) presso l’Università di Innsbruck.
  3. A concordare con i vertici della Libera Università di Bolzano – e della Scuola Superiore di Sanità Claudiana, come pure dello studio integrato di giurisprudenza (“integriertes Diplomstudium der Rechtswissenschaften”) presso l’Università di Innsbruck. – misure mirate a innalzare sempre di più il livello di bilinguismo realmente ottenuto dagli/lle studenti/esse alla fine del corso di studi.

Bolzano, 9 novembre 2017
Firmato Consiglieri
Riccardo Dello Sbarba
Brigitte Foppa
Hans Heiss
 

In fondo si tratta di una cosa molto semplice: pubblicare nei menù delle mense pubbliche (di scuole, case di riposo, ospedali, asili) la provenienza della carne offerta nei piatti. Perché è importante? Solo una piccolissima parte della carne che arriva nei nostri piatti è di provenienza regionale. La maggior parte viene invece importata da allevamenti intensivi della Pianura Padana, Germania, Polonia e Paesi Bassi. „Sempre più consumatrici e consumatori rifiutano con convinzione l’acquisto di carni provenienti da allevamenti di massa e tutte/i hanno il diritto di sapere da dove provenga la carne che si ritrovano nel piatto” spiega Brigitte Foppa. Obiettivo principale della mozione dei Verdi è assicurare trasparenza oltre che sostenere un percorso di sensibilizzazione.
Interessante è stata poi la polemica sorta durante la discussione in aula. „Siete sempre così cattivi contro la carne”, “Fate un pessimo servizio alla gastronomia”, “Non sapete fare i conti”… Questi i toni levatisi dalle fila dei Freiheitlichen e della SVP. Solo Maria Hochgruber Kuenzer è uscita dal coro. Non possiamo evitare di chiederci chi davvero qui non sappia fare i conti e chi non sia in grado di leggere. La proposta parla di etichette: nei supermercati è obbligatorio indicare la provenienza della carne. Siamo dell’idea che anche le mense debbano farlo.
La mozione è stata bocciata. Così alle/agli utenti delle mense pubbliche resta nascosta la provenienza della carne che loro o i loro figli si ritrovano nel piatto.
 
Bolzano, 09. 11. 2017
 
Brigitte Foppa, Hans Heiss, Riccardo Dello Sbarba

Aeroporto: Kompatscher promette che “la pista non sarà allungata”.
Bene! E allora perché non fissare questo impegno nel piano urbanistico di Laives?
La maggioranza SVP-PD ha oggi votato contro la mozione dei Verdi che chiedeva di eliminare dal piano urbanistico di Laives la possibilità di allungare la pista dell’aeroporto dagli attuali 1292 metri a 1432 m. Tale possibilità è stata inserita d’ufficio nel 2013 dalla vecchia Giunta Durnwalder e la sua cancellazione è stata chiesta di recente dallo stesso comune di Laives.
Il no della maggioranza alla nostra mozione è incomprensibile poiché lo stesso presidente Kompatscher, nel suo intervento sulla mozione, ha affermato che – anche se venisse richiesto – la Provincia non darà mai più l’autorizzazione a allungare la pista, poiché considera questa la volontà popolare espressa nel referendum che la Giunta intende rispettare. Bene! Ma perché allora non fissare questo principio nelle norme urbanistiche del comune?
L’unica spiegazione è che la Giunta teme di indebolire la già debole procedura attualmente in corso per trasferire ai privati la gestione di un aeroporto che mai ha funzionato e mai funzionerà. Anche Kompatscher ha espresso perplessità sulle offerte arrivate finora, non escludendo la possibilità che alla fine “la gara vada a vuoto”.
In questo modo si sfata la propaganda fatta sui media nei mesi scorsi: si parlava infatti di “cordate”, di “investitori nazionali e europei”, ma alla fine solo tre singoli soggetti locali hanno mostrato un interesse sulla cui dimensione e solidità anche Kompatscher ha ammesso di “non avere ancora una concreta valutazione”.
Insomma, il rifiuto di una misura di buon senso (come l’eliminazione dal PUC di Laives della possibilità di allungare la pista) è lo specchio della debolezza di una situazione come quella dell’aeroporto di Bolzano: un affare che non ha suscitato interesse.
La Giunta, invece di coltivare illusioni su favolosi privati, farebbe bene a passare a un piano B, che non può che consistere che in un drastico ridimensionamento di questa inutile infrastruttura.
Bolzano, 08.11.2017
Riccardo Dello Sbarba, Brigitte Foppa, Hans Heiss

Sulla morte del piccolo Adan l’assessora si nasconde dietro un muro di burocratico silenzio.
Con una interrogazione del Gruppo verde la TRAGICA vicenda del profugo curdo irakeno è arrivata per la prima volta in Consiglio provinciale. Dall’assessora né chiarezza sui fatti, né una parola di cordoglio o di scusa verso la famiglia. Non resta che sperare che le inchieste giudiziarie in corso facciano quella chiarezza che la politica non sa o non vuole fare.
La risposta a una interrogazione di attualità del Gruppo Verde sulla tragica sorte del piccolo profugo curdo irakeno avrebbe dato alla assessora Stocker la possibilità di fare un po’ di chiarezza sulla vicenda, oltre, magari, a chiedere scusa di quanto accaduto e mostrare la volontà di una autocritica da parte delle istituzioni responsabili.
Niente di tutto ciò è accaduto. Nella sua brevissima e burocratica risposta l’assessora ha rimandato alla versione ufficiale fornita nell’ormai lontana conferenza stampa del 10 ottobre, una versione che ha mostrato di fare acqua in molti punti.
Nessuna riflessione autocritica, nessun chiarimento su norme, procedure o responsabilità che hanno portato al mancato accoglimento di questa famiglia vulnerabile in strutture pubbliche. In compenso, un generico rimando alle “previste consultazioni con gli organi statali”, che suona come uno scarico di responsabilità da parte della Provincia.
Di fronte a questa sconcertante, fredda e burocratica presa di posizione, il consigliere Dello Sbarba ha posto una ulteriore domanda a voce su un fatto preciso e circostanziato.
Poiché nella conferenza stampa del 10 ottobre l’assessora Stocker aveva affermato che non erano arrivate alla Provincia richieste formali di accoglienza per questa famiglia, Dello Sbarba ha citato la mail che il 4 ottobre alle ore 10.09 , tre giorni prima della morte di Adan, la responsabile per i profughi dell’Azienda Sanitaria aveva inviato ai Servizi sociali e alla Provincia (ufficio distretti sociali) in cui si chiedeva esplicitamente che fosse reperito un alloggio per la famiglia.
In particolare, a responsabile dell’Azienda Sanitaria comunicava che in quel giorno il piccolo Adan sarebbe stato dimesso, che lui e la sua famiglia non avevano alcun posto per dormire, ma erano sulla strada e per questo chiedeva che fosse reperito un alloggio. Allegato alla mail veniva inviato anche il certificato medico di dimissione in cui si legge che “la patologia di Abdullah è molto complessa, invalidante e necessita di stretto monitoraggio e cure continue”.
Dello Sbarba ha chiesto se all’assessora risultata che questa mail esistesse, se ad essa la Provincia aveva dato una risposta e chi, e quando, e come.
L’assessora ha di nuovo preferito svicolare, dicendo che questi fatti sono in corso di accertamento e che quando ci saranno novità saranno comunicate.
Noi Verdi riteniamo che questo modo di rispondere sia inaccettabile.
La Provincia ha il dovere di mettere le carte in tavola e ha tutti gli strumenti e le conoscenze per fare chiarezza sia da un punto di vista politico che amministrativo.
E’ inaccettabile che davanti a tutto ciò che è accaduto venga eretto un muro di silenzio. E’ inaccettabile che si cerchi ancora di scaricare le responsabilità. E’ inaccettabile che non si colga l’occasione in cui per la prima volta la vicenda viene portata in Consiglio provinciale, e dunque davanti all’opinione pubblica, la Giunta provinciale non trovi almeno qualche parola di cordoglio e non chieda scusa alla famiglia.
Non resta che sperare che le inchieste giudiziarie in corso facciano quella chiarezza che la politica non sa o non vuole fare.
Bolzano, 07.11.2017
Riccardo Dello Sbarba, Hans Heiss, Brigitte Foppa