COMUNICATO STAMPA.

Le vacanze estive sono iniziate e con esse il problema ricorrente di come gestire e occupare figli e figlie. All’inizio della lunga pausa estiva, ci rendiamo conto ogni anno di quanto scuole e asili siano considerati alla stregua strutture di assistenza per bambini e ragazzi ed emerge chiaramente quanto siano carenti delle vere strutture di assistenza all’infanzia. Anche recentemente, e a ragione, i rappresentanti di genitori e famiglie hanno fatto presente l’emergenza.

La giunta, l’assessora Deeg per fare un nome, sdrammatizza e rimanda alla ca. 500 offerte di animazione e assistenza estiva in Alto Adige. Chi pensa che sia tanto, deve tenere presente che questo significa per bambine e bambini passare da una settimana di attività all’altra. I costi di questa “soluzione” lo hanno già calcolato le rappresentanze dei genitori. Ma si aggiunge anche che in questo modo, spesso non esiste una vera pausa, né per le/i piccole/i né per i loro genitori. E così l’obiettivo delle vacanze estive come periodo di riposo viene totalmente mancato. L’assistenza estiva a bambine e bambini rappresenta un enorme onere organizzativo e finanziario per le famiglie.

Le soluzioni per andare incontro alle famiglie vanno ampliate e differenziate. Non mancano certo modelli innovativi o collaudati provenienti da paesi vicini e lontani. Dobbiamo uscire dal sistema „mosaico“ per trovare vere e proprie soluzioni organiche. Bambine e bambini devono potersi godere le vacanze e questo non a scapito del bilancio familiare. In un Paese ricco come l’Alto Adige, entrambe queste necessità devono poter andare di pari passo.

Il diritto all’assistenza estiva gratuita per bambine e bambini deve essere fissato per legge – e al più tardi quando la pressione (di disagio) sarà diventata insostenibile, la mano pubblica dovrà intervenire direttamente.

È importante ricordare che l’assistenza estiva garantita è di enorme importanza anche per l’economia sudtirolese. Non possiamo permetterci di costringere donne (e uomini) qualificati a lavorare part-time perché altrimenti non riescono a occuparsi dei figli… oppure di rinunciare a persone altamente qualificate che non tornano in Alto Adige perché le infrastrutture e i servizi per l’infanzia sono semplicemente migliori nei nostri vicini europei.

È un dibattito importante che la nostra società deve affrontare. Altrimenti gli unici a farne le spese saranno i genitori, e soprattutto le madri.

MOZIONE.

L’inquinamento atmosferico è un problema cronico nelle città altoatesine e lungo i principali assi di transito. Particolarmente grave è la situazione di chi vive lungo l’asse del Brennero: l’A22 è la più grande causa di inquinamento del nostro territorio. Ma anche lungo gli assi dell’Adige fino a Bolzano e della Pusteria la situazione è a rischio. Nelle città che si trovano lungo queste rotte il rischio si concentra, si cumula con altri fattori e aumenta.

Anche la pandemia da Coronavirus ci ha insegnato quanto importante sia la salute delle persone e quanto questa dipenda dall’ambiente che ci circonda.

Uno studio dell’Università degli studi dell’Insubria di Varese (vedi: “Long-term exposure to air pollution and COVID-19 incidence: a prospective study of residents in the city of Varese, Northern Italy. Giovanni Veronesi, Sara De Matteis, Giuseppe Calori, Nicola Pepe, Marco M Ferrario – Occupational and Environmental Medicine, 2022”) ha dimostrato come ci siano forti correlazioni tra l’esposizione cronica ad elevati livelli di inquinamento atmo­sferico – e conseguente fragilità delle popolazioni – e l’aumento della sintomatologia da Covid 19. Per l’esposizione a 1μg/mc in più di PM2.5 (rispetto ai valori attualmente ritenuti cautelativi dal punto di vista della salute), si è notato un aumento del 5,1% in più del tasso di casi da Covid 19, pari a 294 casi aggiuntivi ogni 100mila persone/anno.

È ritenuto probabile che i livelli costantemente elevati di asma e cancro ai polmoni siano dovuti in gran parte al traffico. Già da anni i medici di medicina generale che operano sul nostro territorio, ad esempio in val d’Isarco, denunciano i problemi frequenti per la qualità della vita derivanti dal continuo inquinamento ambientale da traffico, come disturbi del sonno, mal di testa e dolori articolari, riduzione della concentrazione e delle prestazioni e allergie. Anche in Tirolo una serie di indagini condotte per conto del Land da medici ambientali ha dimostrato il legame tra inquinamento da traffico e danni alla salute e la consapevolezza che è derivata da tali studi sistematrici ha spinto le autorità a cercare soluzioni efficaci.

Anche nell’anno 2021, presentato dai dati della Provincia come migliore rispetto agli anni pre-Covid, le centraline di Bressanone (AB3) ed Egna (ML5) hanno registrato il superamento dei pur blandi limiti di legge per quanto riguarda il biossido di azoto (NO2), assai nocivo per la salute umana.

Il rapporto Legambiente del febbraio 2022, “Mal’Aria di città, quanto manca alle città italiane per diventare delle cleancities”, che ha analizzato i risultati delle 238 centraline per il monitoraggio dell’aria di 102 città capoluogo di provincia, mette Bolzano – città su cui convergono tutti gli assi di traffico – come decima tra le 13 città italiane più inquinate da biossido di azoto (NO2).

Sulle polveri sottili PM10 e PM 2,5 i dati, pur migliori, non rispettano assolutamente la nuova normativa più restrittiva che l’Unione Europea sta per introdurre, applicando non più gli attuali e molto annacquati limiti di legge, ma quelli previsti dall’OMS a tutela della salute.

È infatti in corso di revisione la Direttiva europea sulla qualità dell’aria. Una revisione che punta, in linea con il “Green Deal”, il piano di azione “Zero Pollution” e il pacchetto “Fit for 55”, alla riduzione dei limiti normativi sulla qualità dell’aria che nei prossimi anni andranno a convergere con quelli sugge­riti dall’OMS. Con la conseguenza che quelli che oggi sembrano limiti “troppo stringenti” ed “impossibili” da raggiungere, a breve diventeranno i valori da raggiungere anche da un punto di vista normativo e – conseguentemente – anche legale e vincolante da parte degli Stati membri.

Il cambiamento indotto dai nuovi limiti sarà drastico: per le PM10 si passa dagli attuali limiti di 40 mg/m3 a 15 mg/m3; per le PM2,5 da 25 mg/m3 a 5 mg/m3; per il biossido di azoto (NO2) da 40 mg/m3 a 10 mg/m3.  Per rispettare questi nuovi limiti, Bolzano dovrebbe ridurre in media del 17% le PM10, del 57% le PM2,5 e del 69% le emissioni di NO2.

Occorre dunque agire, ma per agire occorre una più precisa conoscenza delle correlazioni tra inquinamento e salute, anche nel nostro territorio. Un sistema di monitoraggio sanitario costante delle conseguenze delle emissioni da traffico sulla salute umana è al contempo il presupposto necessario per interventi urgenti di politica del traffico, ma anche lo strumento fondamentale per capire se tali interventi siano efficaci e come modularli nel tempo.

Per questo è importante avviare un monitoraggio sanitario della popolazione lungo le vie di transito, per capire concretamente e nel tempo quali siano le conseguenze dell’inquinamento sulla salute, sulla frequenza di malattie e cause di morte, sui disturbi e la qualità della vita delle persone nelle aree più interessate dall’inquinamento da traffico.

Tutto ciò considerato, il Consiglio provinciale impegna la Giunta provinciale:

  1. A progettare da subito, anche insediando un gruppo di lavoro ad hoc composto da esperti ed esperte di medicina ambientale e di medici e mediche di medicina generale, un piano di rilevamento sanitario sistematico delle conseguenze dell’inquinamento atmosferico sulla salute della popolazione che vive lungo i principali assi di traffico della provincia, a cominciare dall’asse del Brennero come progetto pilota sull’asse più inquinato.
  2. Dopo aver definito il suddetto piano di indagine sanitaria, ad attuarlo con un’indagine di medicina ambientale a lungo termine lungo le direttrici di transito maggiormente esposte ai rischi di inquinamento dell’aria, a cominciare proprio dall’asse del Brennero.
  3. A cercare su questo progetto di indagine sanitaria dell’impatto del traffico sulla salute umana forme più strette possibile di collaborazione con la Provincia di Trento e il Land Tirol, che come noi sono attraversate dall’autostrada del Brennero, il più inquinato asse viario dell’Euregio.

Bolzano, 23.02.2022

Cons. prov.

Riccardo Dello Sbarba

Brigitte Foppa

Hanspeter Staffler

 

La mozione è stata approvata il 29/06/2022 nella versione emendata come segue:

La parte dispositiva è così sostituita: “a rilevare e valutare, nell’ambito dell’Osservatorio salute della Provincia e sulla base degli strumenti di rilevazione già esistenti e già destinati a tale uso, le conseguenze sulla salute dell’inquinamento atmosferico dovuto al traffico soprattutto lungo i principali assi viari. I risultati di questo studio vengono presentati alle consigliere e ai consiglieri in Consiglio provinciale.”

MOZIONE .

L’impermeabilizzazione del suolo rappresenta un problema enorme in tutto il mondo. Stiamo costruendo più di quanto, a lungo termine, sia sostenibile. E, analizzando l’attuale rapporto IPCC o altri documenti sul cambiamento climatico, vediamo che il concetto di “lungo termine” sta diventando molto relativo.

Come tutti ben sanno, le aree insediabili in Alto Adige sono più limitate che altrove. Stando al report sul clima dell’Eurac, esse rappresentano soltanto il 5% circa della superficie della nostra provincia. L’utilizzo delle aree edificabili esistenti deve essere quindi molto oculato per evitare conseguenze catastrofiche per le persone e la natura. Secondo l’Istituto provinciale di statistica ASTAT e l’Agenzia europea dell’ambiente AEA, negli ultimi decenni anche in Alto Adige l’impermeabilizzazione del suolo
è aumentata costantemente. Oltretutto questi dati non considerano l’impermeabilizzazione delle strade, ma solo quella delle aree abitate.

Anche l’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) segnala un costante aumento del consumo del suolo dal 2006: quell’anno le aree edificate ammontavano a ca. 19.000 ettari, mentre nel 2020 erano già salite a ca. 20.000. Espresso in percentuale, significa che nel 2020 risulta impermeabilizzato il 2,7% del suolo della nostra provincia. Tenendo conto del fatto che soltanto circa il 5 % della superficie provinciale è edificabile, il dato è impressionante.

A livello concreto significa che la natura continua a diminuire, perché sul suolo impermeabilizzato non cresce più niente, l’acqua non può defluire e l’aria calda ristagna. In breve, la qualità della vita diminuisce con ogni nuovo centimetro quadro che viene impermeabilizzato.

Molti Paesi hanno già riconosciuto questo problema e cercano di arginare l’impermeabilizzazione, con risultati più o meno buoni. Altri Stati vanno oltre: il quotidiano austriaco “Standard” a gennaio di quest’anno ha pubblicato un articolo (“De-impermeabilizzazione: come far tornare la natura nelle strade e nei parcheggi”) secondo il quale la “de-impermeabilizzazione” sarebbe la soluzione ideale per contrastare la scomparsa del suolo. Esso prevede la rimozione dello strato di asfalto o calcestruzzo da una superficie e la sostituzione con materiale in grado di assorbire l’acqua. In Carinzia, ad esempio, la larghezza di una strada è stata ridotta di 3 metri.

La Baviera ha già iniziato nel 2018 (fonte: comunicazione del ministero bavarese per l’edilizia, anche residenziale, e i trasporti del 30 maggio 2018) a sostenere i Comuni che “risparmiano” superficie in caso di rivitalizzazione di edifici vuoti. Inoltre, è stato introdotto un contributo alla de-impermeabilizzazione, con il quale si incentiva il recupero delle aree stradali troppo grandi come descritto prima. I Comuni bavaresi ricevono dal Land contributi consistenti per misure del genere.

Il miglior modo per contrastare il fenomeno resta comunque quello di evitare di impermeabilizzare il suolo. Se ci chiedessimo più spesso se ne abbiamo veramente bisogno, potremmo evitare di creare danni a priori. In particolare, per quanto riguarda i parcheggi sarebbe opportuno chiedersi se veramente ce ne sono ancora troppo pochi, come viene fatto credere, o se forse ci sono troppe macchine. Questo approccio darebbe spazio a nuove soluzioni che permetterebbero il potenziamento del trasporto pubblico.

Ma, di fatto, purtroppo si costruiscono ancora parcheggi alla grande. A Ponte Adige di recente è stato costruito il “park and ride”, un esempio negativo con impermeabilizzazione totale del suolo. E anche il parcheggio Tetter ad Appiano è appena stato ampliato. Di questi esempi se ne trovano a iosa in tutto l’Alto Adige. Ma sarebbe possibile contrastare questa inutile, ed evitabile, impermeabilizzazione del suolo con alcune alternative. E qui entra in gioco l’impiego di pavimentazioni permeabili.

Nel 2012 la Commissione europea ha pubblicato il documento “Orientamenti in materia di buone pratiche per limitare, mitigare e compensare l’impermeabilizzazione del suolo” nel quale scrive che i parcheggi sono aree ad altissimo potenziale per la realizzazione di superfici permeabili. In particolare, per i parcheggi che non vengono usati durante tutto l’anno, come ad esempio quelli nelle aree sciistiche, si potrebbero impiegare simili materiali. Ma anche i parcheggi utilizzati tutto l’anno potrebbero
essere costruiti in tal modo. I tappeti erbosi rinforzati con ghiaia o grigliati, le pavimentazioni in calcestruzzo con grossi vuoti per l’erba o blocchi permeabili sono alcuni dei metodi meno impattanti. Per evitare inoltre che i parcheggi diventino isole di calore si dovrebbe provvedere a piantare alberi o cespugli.

E se c’è caldo, tanto vale usarlo in modo produttivo. In altri posti lo si è già fatto. Nei Länder tedeschi Renania settentrionale-Vestfalia e Baden-Württemberg dal 2022 vi è l’obbligo di dotare i nuovi parcheggi di tetti con impianti fotovoltaici. In questo modo, il potenziamento delle rinnovabili va di pari passo con l’utilizzo più oculato del terreno.

La necessità di impermeabilizzare va sempre valutata in partenza per poi procedere soltanto dove è indispensabile. Se in futuro in determinate aree, come nei parcheggi, usiamo materiali alternativi, mettiamo a dimora piante e sfruttiamo le coperture, diamo un piccolo contributo a una gestione migliore delle nostre risorse. Inoltre, evitando le isole di calore, offriamo refrigerio alle persone e agli animali, viste le estati sempre più bollenti.

Pertanto il Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano incarica la Giunta provinciale

  1. di stabilire in una norma regolamentare in materia urbanistica ai sensi dell’art. 21 della legge provinciale 10 luglio 2018, n. 9 (Territorio e paesaggio) che in caso di costruzione di nuovi parcheggi vengano sempre utilizzate superfici permeabili;
  2. di stabilire in una norma regolamentare in materia urbanistica che in caso di costruzione di nuovi parcheggi vengano sempre messi a dimora alberi o cespugli o, in alternativa, si preveda la copertura del parcheggio con pannelli fotovoltaici;
  3. di commissionare uno studio per verificare quante delle superfici impermeabilizzate in Alto Adige possano essere rese permeabili.

Bolzano, 18.05.2022

 

Consiglieri provinciali

Hanspeter Staffler

Brigitte Foppa

Riccardo Dello Sbarba

ANFRAGE ZUR AKTUELLEN FRAGESTUNDE.

Kürzlich wurde in den Medien berichtet, dass sich die Fronten in Natz verhärtet hätten: Einerseits möchte das BVK Natz einen Teil des NATO-Areals für ein landwirtschaftliches Speicherbecken nutzen, andererseits beharre das Bürgerkomitee auf eine Volksbefragung. Tatsächlich gibt es derzeit aber einen gültigen Konzessionsvertrag mit der Autonomen Provinz Bozen, worin das Land der Gemeinde Natz-Schabs das Areal ausschließlich als Naherholungszone überlässt. Damit ist die Errichtung eines Speicherbeckens prinzipiell ausgeschlossen. Im besagten Medienbericht wird aber angedeutet, dass der BM in Absprache mit dem Gemeinderat auf eine Änderung der Konzession hinarbeite und das Land dies befürworte.

Daher richten wir folgende Fragen an die Landesregierung:

1. Stimmt es, dass das Land bereit sei, einen Teil des NATO-Areals für ein Beregnungsbecken zur Verfügung zu stellen?
2. Stimmt es, dass Gemeinde und Land die bestehende Konzession zu Gunsten des BVK Natz abändern wollen, noch bevor das Ergebnis der Volksbefragung vorliege?
3. Es solle außerhalb des NATO-Areals ausreichend Flächen geben, wo das landwirtschaftliche Beregnungsbecken errichtet werden kann. Warum pocht das Land nicht auf die bestehende Konzession und wie lässt sich die Zerstörung von einer naturnahen Erholungszone mit den Nachhaltigkeitszielen der Landesregierung vereinbaren?

Bozen, 17.06.2022

Landtagsabgeordnete
Hanspeter Staffler
Brigitte Foppa
Riccardo Dello Sbarba

Hier könnt ihr die Antwort der Landesregierung lesen.

ANFRAGE ZUR SCHRIFTLICHEN BEANTWORTUNG.

Mit Beginn des Sommers kommt auch der Almbetrieb wieder in Fahrt und mit ihm der angemessene Schutz der Weidetiere vor Beutegreifern. Schutz der Tiere und Förderungen dafür von Land und EU spielen dabei eine nicht unerhebliche Rolle.

Daher richten wir folgende Fragen an die Landesregierung:

  1. Wie viel an Förderungen bekommt die Südtiroler Berglandwirtschaft für die Alm- und Weidetätigkeit vom Land pro Jahr? Wir bitten um die Zahlen von 2018-2022!
  2. Wie viel an Förderungen bekommt die Südtiroler Berglandwirtschaft für die Alm- und Weidetätigkeit von der EU pro Jahr? Wir bitten um die Zahlen von 2018-2022!
  3. Sind diese Förderungen an Herdenschutzmaßnahmen gebunden?
    1. Wenn ja, an welche?
  4. Werden diese Auflagen erfüllt und wie wird das garantiert?
  5. Wie erfolgen die Kontrollen?

Bozen, 20.06.2022

Landtagsabgeordnete

Brigitte Foppa

Riccardo Dello Sbarba

Hanspeter Staffler

Hier könnt ihr die Antwort der Landesregierung lesen.

INTERROGAZIONE D’ATTUALITÁ.

Medienberichten zufolge durchqueren täglich mehrere mit Müll beladene Züge Südtirol in Richtung Brenner. Ziel der Fracht ist Deutschland. Anfang Juni sorgte ein solcher Zug für Aufsehen, der – beladen mit übel riechendem Müll – mehrere Tage in Waidbruck „parkte“ und die Luft verpestete. Es kommen Zweifel auf, wie gut solche Transporte generell kontrolliert sind und wie sichergestellt wird, dass keine gefährlichen Substanzen auslaufen und Mensch, Tier und Natur nicht zu Schaden kommen. In der Vergangenheit hat die Grüne Fraktion mehrere Anfragen zu diesem Thema eingereicht. Jüngste Ereignisse geben Anlass, wiedermal nachzuhaken

Daher richten wir folgende Fragen an die Landesregierung:

  1. Wie viele solcher Müllzüge und Gefahrenguttransporte durchqueren Südtirol pro Woche?
  2. Woher kommen sie und was ist ihr Bestimmungsort?
  3. Warum steckte der mülltransportierende Zug Anfang Juni in Waidbruck mehrere Tage fest?
  4. Wird es Konsequenzen für diesen Transport geben und wie sehen die aus?
  5. Wie wird sichergestellt, dass solche Gefahrenguttransporte sicher über die Bühne gehen es nicht dazu kommt, dass gefährliche Substanzen in der Natur landen?

Bozen, 16.06.2022

Landtagsabgeordnete
Riccardo Dello Sbarba
Brigitte Foppa
Hanspeter Staffler

 

Hier könnt ihr die Antwort der Landesregierung herunterladen.

ANFRAGE ZUR AKTUELLEN FRAGESTUNDE.

Anfang 2015 wurde der in Südtirol aufgewachsene Usman R. Khan im wahrsten Sinne des Wortes nach kurzem Prozess aufgrund weniger Indizien als Terrorverdächtiger von Südtirol nach Pakistan abgeschoben. Die Vorgehensweise war bereits damals höchst fragwürdig und die Grüne Fraktion hat umgehend darauf hingewiesen. Auf Anfrage teilte uns die Landesregierung damals lediglich mit, dass Südtirol keine Informationen zu dieser Ausweisung hätte. Nach 7 Jahren hat Herr Khan recht bekommen und es wurde gerichtlich bestätigt, dass die Abschiebung damals rechtswidrig war. Dieser Umstand macht äußerst betroffen und lässt die Frage aufkommen, wie durchdacht und rechtlich fundiert der Iter der Abschiebepraxis in Südtirol überhaupt ist.

Daher richten wir folgende Fragen an die Landesregierung:

  1. Wie bewertet die Landesregierung den Umstand, dass die damalige Abschiebung von Usman Rayen Khan als unrechtmäßig befunden wurde?
  2. Welche Schlüsse will die Landesregierung aus diesem Fall für die Zukunft ziehen?
  3. Möchte Südtirol sich für den ehemaligen Landesmitarbeiter Usman R. Khan einsetzen und in welcher Form? Falls nein, aus welchem Grund nicht?
  4. Wie bewertet die Antidiskriminierungsstelle diesen Fall und was hat sie in diesem unternommen bzw. wird sie unternehmen?

Bozen, 16.06.2022

Landtagsabgeordnete
Riccardo Dello Sbarba
Brigitte Foppa
Hanspeter Staffler

Hier könnt ihr die Antwort im Plenum und die Zusatzfrage nachlesen.

MOZIONE.

A partire dalla seconda età del XX secolo il piombo è stato gradualmente abbandonato in quasi tutti i suoi ambiti di applicazione, dalla benzina alle vernici, dalla tipografia alle tubature, perché materiale di elevatissima tossicità, con gravi ripercussioni sull’ambiente e la salute umana. Tra le poche eccezioni ancora rimaste troviamoi le munizioni che vengono utilizzate in particolar modo nella caccia.
Secondo il WWF, in Europa ogni anno 21.000 tonnellate di munizioni al piombo vengono disperse in natura. L’avvelenamento causato da piombo, il “saturnismo”, colpisce varie specie animali, in particolare gli uccelli. Il carattere fortemente problematico dei proiettili di piombo, appurato da approfondite ricerche, è stato già oggetto di numerose campagne per la loro messa al bando e sostituzione con metalli atossici.

La rete Stop al piombo sulle Alpi ha raccolto ultimamente oltre 21 mila firme.
In Europa Danimarca e Paesi Bassi sono i paesi più avanzati su questo tema con un divieto nazionale sui pallini di piombo. Negli altri paesi il regolamento UE n. 57/2021che entrerà in vigore nel 2023, prevede il divieto di munizioni al piombo in tutte le zone umide in quanto le munizioni per fucili sono utilizzate principalmente nella caccia alle anatre. Ogni anno in Europa si perde un milione di uccelli acquatici per avvelenamento da piombo. Famosa è stata la morìa di fenicotteri rosa del 2008 sul delta del Po.

In Italia il divieto è già previsto nelle “zona speciali di conservazione – ZSC” e nella “zona di protezione speciale – ZPS”, cioè nelle aree Natura 2000. Ma l’uso del piombo crea gravi danni ben oltre queste aree, in particolare agli uccelli rapaci.

Un team di scienziati tedeschi e britannici ha recentemente presentato uno studio secondo il quale 55.000 uccelli rapaci in Europa sono già caduti vittime di avvelenamento da piombo. Le popolazioni dell’aquila di mare e dell’aquila reale sono state ridotte rispettivamente del 14% e del 13%, a causa dell’avvelenamento da piombo, che si verifica quando i rapaci mangiano animali che sono stati colpiti con munizioni contenenti piombo.

La reazione del piombo con il PH acido interno all’organismo, finiva così per provocare una grave forma di avvelenamento conosciuta con il nome di saturnismo. Gli effetti riguardano perlopiù patologie cardiovascolari, renali, dell’apparato digerente e del sistema nervoso, a cui conseguono una serie di gravi alterazioni comportamentali, fino al coma e alla morte.

Si stima che in Europa l’uso del piombo nelle cartucce da caccia causa una perdita di circa 1 milione e 300 mila esemplari l’anno.

Il ciclo del saturnismo è ormai stato chiarito. Spesso vengono abbandonate in natura viscere di ungulati e anche intere carcasse di animali abbattuti con proiettili al piombo che nell’impatto si frantumano in centinaia di schegge che contaminano l’ambiente e i tessuti delle prede. Gli uccelli saprofagi (avvoltoi, nibbi, corvidi, poiane, aquile e falchi di palude) mangiando questi resti ingoiano le schegge di piombo. Così si avvelenano.

Le prime tracce di saturnismo sono state scoperte sul gipeto, che dal 1986, arrivato alla soglia dell’estinzione, viene sistematicamente reintrodotto nelle Alpi. La sua dieta è a base soprattutto di ossa.  Nel 2008 il Parco Nazionale dello Stelvio rilasciò gli ultimi degli 11 gipeti previsti nel progetto di reintroduzione della specie. Tra loro anche Ikarus, liberato con una grande festa in Val Martello e ritrovato quattro mesi agonizzante in Val di Rabbi. Catturato, risultò affetto da saturnismo acuto. Curato e rilasciato un anno dopo, poco dopo fu ritrovato morto in Svizzera. Le sostanze tossiche avevano saturato lo scheletro che riportava un valore di piombo di 58 mg/kg (valori di soglia: 8-16 mg/kg).

Dopo questo caso, una ricerca realizzata dall’ornitologo Enrico Bassi, responsabile scientifico dei progetti di monitoraggio dell’aquila reale e del gipeto per il Parco Nazionale dello Stelvio, ha raccolto e analizzato 252 carcasse (92 aquile reali, 112 grifoni, 19 avvoltoi monaci e 29 gipeti) provenienti dall’arco alpino e appenninico. Risultato: il 44% dei rapaci analizzati, cioè 111 esemplari, aveva almeno un tessuto contaminato in maniera significativa da piombo.

La maggior parte dei rapaci contaminati si concentrava in quello che Bassi chiamò il “quadrilatero della morte” tra le province di Bolzano, Trento, Brescia e Sondrio, risultate le aree più afflitte da saturnismo dell’Europa, assieme all’Austria.

In un’altra ricerca partita dal Parco Nazionale dello Stelvio è stato analizzato un campione di 153 visceri di ungulati per accertare l’entità della minaccia per i rapaci. Ne risultò che il 62% conteneva schegge di proiettile al piombo. Secondo l’ISPRA, considerando la sola caccia all’ungulato, sarebbero tra le 34.087 e le 44.266 le viscere contaminate da piombo che ogni anno vengono abbandonate sulle Alpi.

La Provincia di Bolzano vieta per legge l’utilizzo munizioni al piombo nelle zone umide delle aree Natura 2000 e nel Parco Naturale dello Stelvio. Pur non esistendo un divieto generalizzato, la normativa provinciale specifica che “nel prelievo degli Ungulati è auspicabile l’utilizzo di munizioni atossiche in sostituzione delle munizioni contenenti piombo”. Ma questo non sembra sufficiente.

Le ricerche di Enrico Bassi hanno dimostrato che il 50% delle aquile recuperate nella provincia di Bolzano sono risultate contaminate da piombo. 4 casi su 11 presentavano un quadro clinico di saturnismo acuto con valori tra i più alti registrati a livello alpino .Nel 2013, a Lasa, venne recuperata un’aquila reale che presentava chiari sintomi di avvelenamento. Le analisi successive alla sua morte per saturnismo hanno dimostrato valori letali nel fegato e nelle ossa, segnale di un’esposizione prolungata al piombo. Nello stomaco erano stati infatti rinvenuti 12 pallini, utilizzati solitamente non per gli ungulati ma per animali di piccola taglia, come la lepre, i cui resti sono stati ritrovati nell’aquila.

A dimostrare che il tema esiste ed è sentito, l’Amministrazione  provinciale  e  l’Associazione Cacciatori Alto Adige si erano candidate tempo fa per partecipare al progetto LIFE “AlpsLeadFree – Alpi senza piombo”, che prevedeva la sperimentazione dell’utilizzo di proiettili atossici per la caccia all’ungulato, ma questa candidatura non è stata ammessa al finanziamento europeo. Munizioni con materiali alternativi, come ad esempio il rame, sono già sul mercato e sono state ampiamente testate, anche nella nostra provincia. Il Parco Nazionale dello Stelvio, ad esempio, fa parte delle aree in cui non è consentito sparare con munizioni al piombo.

Ma la Provincia avrebbe i poteri di estendere questo divieto, per un Sudtirolo libero dal piombo. Lo consente la legge provinciale n. 14 del 1987, art. 9 bis. L’articolo, oltre a prevedere che “è vietato l’utilizzo di munizionamento a pallini di piombo” all’interno delle zone umide che fanno parte della rete ecologica europea (zone di protezione speciale ZPS e zone speciali di conservazione ZSC), aggiunge anche che il competente assessore provinciale “può (…) disporre ulteriori limitazioni o divieti in merito ai mezzi e ai periodi di caccia”.

La Provincia ha dunque la possibilità di estendere il divieto delle munizioni di piombo ad ulteriori parti del territorio, facendo leva sulle particolarità dell’ambiente alpino e delle specie che in esso vivono, assumendo così un ruolo pionieristico nel proteggere la fauna.

 

 

Tutto ciò considerato,

il Consiglio provinciale impegna la Giunta provinciale:

  1. A disporre, in forza dei poteri conferitili dall’art. 9 bis della legge provinciale n. 14 del 1987, il divieto dell’utilizzo di munizionamento a piombo per l’intero territorio della provincia di Bolzano.

Bolzano, 15/06/2022

Cons. prov.

Riccardo Dello Sbarba

Brigitte Foppa

Hanspeter Staffler

MOZIONE.

Petizioni e critiche, anche aspre, negli articoli di giornale o nei forum dei lettori descrivono la situazione in cui versa il mondo della scuola altoatesina. Il personale docente delle scuole di ogni ordine e grado è sempre più frustrato ed esausto. Chi lavora come insegnante da una vita, per protesta diserta la propria festa di pensionamento, mentre i e le più giovani sempre più frequentemente cercano un posto di lavoro in Austria o in Svizzera. In Alto Adige ormai si assume personale in possesso del diploma di maturità, perché chi è in possesso di una laurea in pedagogia volta le spalle al mondo della scuola, lasciando dei vuoti difficili da colmare. La situazione è paragonabile agli anni Settanta, quando in Alto Adige gli insegnanti mancavano un po’ ovunque.

Nell’autunno 2021 l’ASTAT [1] ha fornito informazioni sulle retribuzioni nel settore pubblico, focalizzandosi in particolare sulle scuole. Tra il 2014 e il 2019 le dipendenti e i dipendenti pubblici delle scuole hanno subito una perdita di salario reale pari al 2,5%.

Ciò è particolarmente doloroso per gli insegnanti e le insegnanti che, rispetto ad altri settori del pubblico, già prima percepivano un reddito lordo annuo basso. Un’ulteriore perdita di potere d’acquisto è un duro colpo per chi percepisce un reddito già di per sé basso.

Il personale docente è profondamente indignato dalla poca considerazione per il proprio lavoro – lo riferiscono anche i media e i sindacati.

La spada di Damocle dei pensionamenti

L’imminente ondata di pensionamenti colpisce duramente le scuole. La generazione dei cosiddetti baby-boomer, nati negli anni ‘60, a breve andrà in pensione. L’ideale sarebbe che i posti vacanti venissero ricoperti da chi è nato negli anni ‘90, ma facendo un semplice calcolo matematico, ciò risulta difficile.

Se negli anni ‘60 si registravano ancora 9.000 nascite all’anno, negli anni ‘90 erano solo 5.000. Dato che oggi il tasso di disoccupazione è pressoché pari allo zero, solo un posto vacante su due verrà ricoperto. In altre parole, ciò significa che chi cerca lavoro potrà scegliere tra diverse opzioni. La regola del passato in base alla quale erano i datori e le datrici di lavoro a scegliere i propri dipendenti e le proprie dipendenti, verrà quindi capovolta: in futuro saranno i lavoratori e le lavoratrici a scegliersi il datore o la datrice di lavoro.

Si instaurerà quindi una grande concorrenza per riuscire ad attirare i migliori cervelli e per i posti più ambiti. L’attrattiva di un posto di lavoro sarà definita da un buon reddito e da fattori come il clima lavorativo, modelli di orario di lavoro flessibile, tempo libero e la possibilità di lavorare da casa. Chi offrirà il pacchetto completo migliore riuscirà a vincere la gara per la forza lavoro. Viste le condizioni quadro attuali, bisogna quindi chiedersi se le scuole riusciranno a tenere testa.

Bisogna contrastare il fenomeno

Ma in che modo? Ci sarebbe urgentemente bisogno di un pacchetto di finanziamenti per riuscire a portare a un buon livello gli stipendi degli insegnanti/delle insegnanti. A medio termine i redditi andrebbero incrementati come minimo del 30 per cento, per riuscire almeno in parte a tenere il passo con altri settori e con le confinanti regioni germanofone.

Inoltre, servirebbero degli interventi coadiuvanti nelle scuole. Come fare, affinché gli insegnanti e le insegnanti non abbandonino il mondo della scuola? Servono soluzioni creative, che possono anche differenziarsi da una scuola all’altra. A tal riguardo vanno coinvolti soprattutto i sindacati e la dirigenza scolastica. Già una leggera dilazione dell’ondata di pensionamenti potrebbe essere d’aiuto per il mondo della scuola.

Il rischio di doversi ritrovare ad affrontare un’emergenza scolastica è stato riconosciuto, ma in questo settore il mondo politico sembra incapace di reagire. E invece occorre agire in fretta. Va lanciata un’audace iniziativa per la formazione che contempli approcci organizzativi come l’age management, modelli di orario flessibile o lo smart working. A tale scopo l’abbondante quota di investimenti prevista dal bilancio provinciale andrebbe ridotta di alcuni punti percentuali. Solo in questo modo sarà possibile attenuare l’incombente emergenza educativa.

Finanziamenti per l’istruzione a livello internazionale

Per avere un’idea di quanto viene investito nell’istruzione scolastica in Alto Adige in confronto ad altri Paesi servono dei numeri comparabili. I rappresentanti e le rappresentanti della maggioranza politica citano spesso e volentieri gli importi straordinariamente alti che il bilancio provinciale prevede per l’istruzione scolastica. L’obiettivo ovviamente è dimostrare che nessun altro spende così tanto per l’istruzione come l’Alto Adige.

Risulta però difficile comparare la fetta di bilancio provinciale riservata all’istruzione agli importi previsti da altri Paesi, dato che nella maggior parte di questi, eccezion fatta per il Lussemburgo, le spese per l’istruzione sono iscritte nei bilanci a livello statale, regionale o comunale. Solo in Alto Adige vi è un legame chiaro tra i fondi per la scuola e il bilancio a livello provinciale.

Per tale motivo sarebbe utile cercare di capire quale sia effettivamente la spesa pro capite per l’istruzione, al fine di avere dei valori di riferimento idonei.

La spesa per l’istruzione dell’Alto Adige si assesta attorno o al di sotto della media internazionale dei Paesi OCSE. Se paragoniamo i numeri a quelli delle altre regioni italiane, l’Alto Adige ne esce bene, se però facciamo un confronto con Paesi come il Belgio, la Danimarca o la Svezia, l’Alto Adige non si piazza al meglio. E se il paragone lo facciamo con la Svizzera, l’Alto Adige rimane parecchio indietro.

Strategia per l’istruzione 2030

Gli esperti e le esperte nel campo dell’istruzione lamentano sempre più spesso l’emergenza scolastica, i deficit finanziari, gli enormi oneri e la mancata valorizzazione del lavoro svolto dal personale
docente. Alcuni addetti ai lavori affermano addirittura che nell’ultimo decennio l’intero sistema educativo è stato pesantemente sotto-finanziato dalla politica. Occorre assolutamente ripensare queste scelte, puntando invece a un approccio olistico della politica negli ambiti dell’istruzione e del personale scolastico. Per rendere il sistema educativo più attrattivo bisogna adottare con urgenza un vasto pacchetto di misure che sostanzialmente promuova:

  • lo sviluppo continuo delle scuole e del mondo dell’istruzione,
  • campagne mirate per appassionare alla professione di insegnante,
  • l’elaborazione di un pacchetto di finanziamento a medio termine, e la contrattazione collettiva continua,
  • il potenziamento delle iniziative di formazione continua e di aggiornamento,
  • il rafforzamento della supervisione e del coaching.

Per questo motivo il Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano incarica la Giunta provinciale

  1. di prevedere entro otto mesi l’elaborazione di una bozza della “strategia per l’istruzione 2030” e di presentarla alla commissione legislativa competente;
  2. di predisporre uno studio comparativo tra le spese per l’istruzione degli Stati OCSE, con l’obiettivo di capire quali sono i punti deboli del sistema scolastico altoatesino a livello strutturale e finanziario;
  3. di concordare nel frattempo in sede di contrattazione collettiva dei pacchetti finanziari per il personale docente delle scuole di ogni ordine e grado, al fine di garantire un aumento sostanziale degli stipendi reali nel medio periodo;
  4. di concepire, a livello di contrattazione collettiva, misure di sostegno per il personale insegnante delle scuole di ogni ordine e grado, quali l’age management, i modelli di orario di lavoro flessibile, i programmi di resilienza, le offerte di coaching o altri
    progetti di supporto e di valorizzazione.

Bolzano, 04.11.2022

Consiglieri provinciali
Hanspeter Staffler
Brigitte Foppa
Riccardo Dello Sbarba

[1] ASTATinfo Nr. 54/09/202

ANFRAGE ZUR AKTUELLEN FRAGESTUNDE.

Verkehrslärm, davon kann Südtirol mehrere Lieder singen. Keine Musik sind indes die Motorräder auf unseren Passstraßen, vor allem in den Sommermonaten ein echtes Problem. Das wissen Anwohner:innen und jede:r, die oder der je auf diesen Straßen unterwegs war. Unsere Landesregierung möchte in dieser Legislatur vor allem prüfen, ob es dieses Problem wirklich gibt und stellt Lärmmessgeräte auf. Während auf der einen Seite fleißig gemessen wird, machen deutsche Motorradunternehmen nicht weniger fleißig Werbung mit dem Safety-Park (www.riding-experience.it ). Unter dem Stichwort „Riding Experience“ wird Motorradfahrer:innen die Schönheit der Destination Südtirol suggeriert. Es drängt sich die Frage auf, ob dies im Sinne unseres Mobilitäts-LRs ist, der sich 2020 im „Spiegel“ noch damit zitieren ließ, die Tiroler Fahrverbote für Motorräder seien „ein Schritt in die richtige Richtung“ ( www.bit.ly/3muxCGX).

Daher richten wir folgende Fragen an die Landesregierung:

  1. Wie kam die oben beschriebene Zusammenarbeit zustande?
  2. Verdient oder zahlt der Safety-Park durch bzw. für diese Zusammenarbeit? Falls ja, wie viel?
  3. Welche konkreten Schritte setzt die Landesregierung derzeit, um den Lärm durch Motorräder zu verringern (Lärmschutzmessgeräte abgesehen)?
  4. Wird Südtirol dem Tiroler Beispiel folgen und Fahrverbote für Motorräder erlassen?
  5. Wo genau überschneiden sich Nachhaltigkeitsstrategie und Werbung für Motorradtourist:innen?

Bozen, 14.06.2022

Landtagsabgeordnete

Brigitte Foppa

Riccardo Dello Sbarba

Hanspeter Staffler