Secondo un annuncio del gestore della struttura ferroviaria RFI, i canoni di utilizzo dell‘infrastruttura ferroviaria per i treni internazionali a lunga distanza, e solo per questi, verranno rincarati a partire dal 1 gennaio 2018 del 65%. Ciò prevede un rispettivo provvedimento da parte del ministero.OBB_Trasporto
Questa misura metterà in serio pericolo tutti i collegamenti ferroviari internazionali tra l‘Italia e l‘estero.
Il prezzo per le categorie coinvolte sulle tratte RFI (Open Access International) salirà da € 2,70 all’anno nel 2016 a € 4,48 all’anno nel 2018. Il 65,9 % in più. Il rincaro riguarderà solo i treni a lunga percorrenza, non i treni regionali. Questo significa che l’inasprimento delle tariffe si riverserà tutto sui treni internazionali. Per l’Alto Adige Südtirol e i suoi collegamenti con il mondo, evocati in continuazione negli ultimi mesi, questa prospettiva è a dir poco catastrofica. Il rincaro dei prezzi della ferrovia avrà come conseguenza un aumento del traffico automobilistico e dei mezzi pesanti.  con o senza BBT.
Secondo informazioni forniteci dal nostro collega dei Verdi austriaci, la ÖBB sta preparando un ricorso contro RFI e ART (Autorità di regolazione dei trasporti) per contrapporsi a questo rincaro deciso unilateralmente e molto dubbioso sul piano giuridico europeo. La consegna di tale ricorso deve essere effettuata entro il 28/10. Ulteriori soggetti colpiti sono tra gli altri anche la Deutsche Bahn e Trenord, la Società delle imprese per il trasporto merci FerCargo, Trenitalia e le ferrovie francesi SNCF.
Da un punto di vista ambientale la minaccia di tale rincaro è un duro colpo dalla portata doppia: i treni a lunga percorrenza verso l‘Italia sono ben utilizzati. Nel momento in cui diventeranno insostenibili dal punto di vista economico, perché l‘Italia aumenta il canone infrastrutturale di due terzi, questi treni ci saranno ancora? Rotaie vuote e accanto ancora più camion sulle tratte stradali? Sarebbe un vero e proprio incubo.
Bisogna reagire subito. Se questo proposito passa, la prossima vittima saranno i treni merci. Il trasporto merci è comunque sotto forte pressione economica, proprio perché il trasporto su strada – a causa dei bassi prezzi per il carburante e pedaggi più a buon mercato rispetto al canone ferroviario – è così economico.
L’aumento smisurato dei canoni ferroviari indeboliscono il trasferimento del trasporto su rotaia e sono un segnale sbagliato e assolutamente inaccettabile. Anche l‘Alto Adige/Südtirol si deve ribellare!
25.10.2015
Brigitte Foppa, Hans Heiss, Riccardo Dello Sbarba
Interrogazione provinciale allegata

Mozione.
DemoPiazzaMagnagoSul territorio della provincia di Bolzano si trovano circa 1.000 persone richiedenti asilo accolte nei centri già allestiti nel programma di accoglienza e quasi 500 non accolte in tali strutture, ma presenti sul territorio, che hanno avviato la domanda di asilo o protezione internazionale in Alto Adige-Südtirol. Una parte di queste persone ha ricevuto una “assistenza umanitaria” in strutture tipo “emergenza freddo”, quelle che ricadono nella categoria di “soggetti vulnerabili” (donne con figli e figlie) sono state accolte in garni e alberghi economici di Bolzano, mentre molte altre hanno dovuto trovare sistemazioni di fortuna, presso privati o volontari, presso qualche chiesa, oppure hanno dormito semplicemente all’addiaccio.
Sulle persone che hanno presentato domanda di asilo in provincia di Bolzano si è sviluppato un confronto con lo Stato. Finalmente, nell’incontro tra il Presidente Kompatscher e il ministro Alfano il 7 ottobre 2016, lo Stato ha accettato la richiesta della Provincia, che queste persone siano riconosciute come parte della quota di redistribuzione assegnata all’Alto Adige, che è stata quantificata a 1474 persone, che include appunto tutte le persone arrivate autonomamente sul nostro territorio e hanno diritto all’accoglienza. La Questura di Bolzano ha l’elenco di queste persone, lo aggiorna in tempo reale e ha già individuato, caso per caso, chi ha diritto a rientrare nei programmi di accoglienza sul nostro territorio. Ci risulta che il loro numero si aggiri attorno alle 453 persone aventi diritto.
Adesso la Provincia e i Comuni devono darsi da fare.
Infatti è necessario chiarire che le persone richiedenti asilo sul territorio, di cui la Questura ha l’elenco completo e che ci sono state assegnate come quota provinciale, hanno diritto all’immediata accoglienza secondo gli standard garantiti dai vari centri di accoglienza già operanti sul territorio. Queste persone, del resto, sostituiscono un eguale numero di richiedenti asilo che – in loro assenza – ci sarebbero inviate dallo Stato fino al raggiungimento della quota assegnata.
Inoltre, con l’accordo Kompatscher Alfano del 7 ottobre, lo Stato ha garantito alla Provincia la copertura finanziaria dell’accoglienza per le persone rientranti nell’intera quota a noi assegnata.
Queste persone quindi rientrano a tutti gli effetti nelle norme internazionali e comunitarie in materia di asilo, come la direttiva 2013/33 del Parlamento e del Consiglio europeo. Ad esse è riconosciuto il diritto intangibile e immediato all’accoglienza, in attesa del risultato della loro domanda di protezione.
Questi diritti non possono essere negati nei fatti da lentezze burocratiche o difficoltà organizzative. Né possono essere ridotti da regolamenti o circolari provinciali.
Tutto ciò premesso,
Il consiglio della Provincia autonoma di Bolzano
impegna la Giunta provinciale

  1. Ad acquisire immediatamente, qualora non lo abbia ancora fatto, dalla Questura e/o dal Commissariato del Governo l’elenco delle persone aventi diritto all’accoglienza fino al completamento della quota di 1474 a noi assegnata, inclusiva di quelle che hanno fatto domanda presso la questura di Bolzano. Le persone dell’elenco devono immediatamente essere prese in carico dalla Provincia.
  2. A provvedere all’immediato allestimento di centri di accoglienza per persone richiedenti asilo con una capacità di posti per 1474 persone, che è la quota assegnata al nostro territorio.
  3. Tali centri devono essere ben distribuiti tra i diversi comuni e devono corrispondere agli standard di accoglienza dei centri già ben funzionanti sul nostro territorio.
  4. Qualora per motivi organizzativi, e per una breve fase transitoria, non potesse essere possibile allestire centri definitivi di accoglienza per tutte le 1474 persone, a predisporre un programma di accoglienza provvisorio trovando soluzioni rapide ed efficaci, di adeguato standard di qualità, anche ricorrendo alle risorse di cui dispone la Protezione Civile provinciale e gli altri enti di protezione e soccorso (Croce Rossa, Croce Bianca ecc…).
  5. Se gli attuali gestori Caritas e Volontarius non fossero in grado di garantire la gestione di tutti i nuovi centri di accoglienza, ad avviare immediatamente un’azione per individuare nuovi soggetti interessati che siano all’altezza del compito.
  6. A concertare con Caritas e Volontarius, con i gruppi di volontariato, con i servizi sociali, con il Consorzio dei Comuni e in particolare col Comune di Bolzano, con il Commissariato del Governo e con tutti gli altri eventuali soggetti coinvolgibili in questa problematica, le misure necessarie a garantire alle 1474 persone richiedenti asilo finora assegnateci l’accoglienza che loro spetta.

Bolzano, 24 ottobre 2016
Cons. prov.
Riccardo Dello Sbarba
Brigitte Foppa
Hans Heiss

Il progetto per il collegamento sciistico tra Vallelunga e Kaunertal è economicamente discutibile e un brutto colpo per il futuro ecologico delle valle e del suo habitat.

Gruppenbild Langtaufers
Vallelunga, a 1900 m di altitudine, con la cima Palla Bianca sullo sfondo, è un territorio pressoché intatto, di grande qualità paesaggistica e dalle buone condizioni di vita per i ca. 450 abitanti.
Ora, dopo 30 anni di discussioni, torna sul tavolo il progetti per la realizzazione di un impianto che colleghi Vallelunga con l’area sciistica austriaca di Kaunertal: i promotori, accanto all’imprenditore tirolese Hans Runatscher, sono principalmente alcuni speculatori del comune di Curon e della frazione di Vallelunga. Così è stata costituita una nuova società al fine di realizzare il collegamento, è stato presentato uno studio di fattibilità agli uffici per l’ambiente e il progetto è stato raccomandato vivamente ai governi di Innsbruck e di Bolzano come iniziativa di importante sinergia transfrontaliera.
Ieri, il Gruppo Verde in Consiglio provinciale, con Brigitte Foppa, Riccardo dello Sbarba e Hans Heiss, durante una escursione sul luogo, ha potuto constatare di persona la bellezza del territorio, e si è convinta della problematicità ecologica così come del ridotto valore economico di tutto il progetto.
Il collegamento previsto sarebbe certo su un territorio dall‘innevamento naturale assicurato, ma necessiterebbe di interventi molto costosi per mettere gli impianti in sicurezza dall’instabilità e dall’erosione che caratterizza il terreno. Ma soprattutto questi provvedimenti danneggerebbero in modo irrecuperabile un paesaggio dall’altissimo valore. Interi habitat di piante e animali verrebbero distrutti, senza vantaggi rilevanti per i/le residenti.
A beneficiarne sarebbe soprattutto il partner austriaco delle Kaunertal, insieme ai danni collaterali dovuti alla concorrenza di cui soffrirebbero anche le vicine aree sciistiche vicine della Haider Alm e di Schöneben. Per cui c’è solo da sperare che, sulla base della perizia degli uffici provinciali, si arrivi a una valutazione che potrà essere solo di questo tenore: giù le mani da una delle ultime valli d’alta montagna intatte dell’Alto Adige.
Vallelunga non è un territorio economicamente svantaggiato e con un’attenta valorizzazione dei suoi pregi paesaggistici e regionali potrebbe diventare un luogo eccezionale: un centro per le escursioni estive e per lo sci d’alpinismo di grande fama, un piccolo gioiello turistico dal panorama di rara bellezza.
Un intervento fortemente invasivo come l’impianto di collegamento progettato distruggerebbe in modo duraturo queste sue caratteristiche uniche e ideali.
19.10.2016
Gruppo Verde in Consiglio provinciale

Dialogo sugli orti terapeutici
sabato 05.11.2016 ore 9.30 -13.00
Martinsbrunn Centro cure palliative – Pavillon

Orti e giardini non sono solo pezzi di terra in cui si coltivano piante, ortaggi e fiori, ma veri e propri luoghi di benessere e terapia. Tutti e tutte, Giovani e anziani, persone sane e ammalate, disagiate o meno possono trarne vantaggio. Anche la politica deve tenerne conto.
Il Gruppo di lavoro Social&Green organizza insieme al Gruppo Verde in Consiglio provinciale un evento-dialogo per saperne di più.
Perché il nostro benessere ha bisogno di un orto? Edith Verginer, ortoterapeuta
L’effetto benefico di musica, suoni e colori sui pazienti Martinsbrunn, Merano
Il giardino dei sensi nella Residenza di cura e per anziani a Laces Iris Cagalli, direttrice
Un orto per il reinserimento Centro di training professionale C.c. Burgraviato
Un giardino per la musica sopra il reparto di Oncologia a Bolzano Gruppo TERRAE
Obiettivo dell’evento: capire, fare rete ed elaborare insieme delle richieste concrete alla politica. Le tue esperienze, i tuoi progetti e altre idee innovative sono benvenute.

Moderazione: Katharina Erlacher – blufink
Alle ore 13:00 Buffet conclusivo

MeinungsvielfaltA proposito dell’acquisizione del quotidiano Alto Adige da parte di Athesia.
Questa mattina il Presidente della Società Athesia Michl Ebner ha descritto l’operazione di acquisizione dei quotidiani „Alto Adige“ e „Trentino“ da parte del suo gruppo come un „provvedimento ecologico“: ora che entrambi i quotidiani verranno stampati nella tipografia di casa, le distanze per il trasporto saranno ridotte e si darà quindi un contributo importante all’economia locale… Con tutto il rispetto, signor Ebner, persino noi paladini e paladine della natura e dell‘ambiente troviamo che in questa storia tale aspetto sia assolutamente secondario. Riteniamo invece che non ci sia nulla di più antiecologico della concentrazione di potere nel settore dell’informazione.
Negli ultimi vent’anni, l’Italia ci ha mostrato chiaramente che cosa significhi per una politica sana e un’opinione pubblica informata quando i mezzi di comunicazione vengono concentrati nelle mani di poche persone, per di più ammanicate con la politica. L’Alto Adige Südtirol sta andando proprio in quella direzione. Da partito di opposizione, la cui visibilità sulle pagine del Dolomiten è ridotta al lumicino, non possiamo che essere preoccupati dalla direzione che sta prendendo il controllo dell’informazione locale, che ora si allarga anche all’altro gruppo linguistico.
Nelle prime interviste, il signor Ebner assicura che verrà rispettata l’indipendenza delle redazioni. Lo misureremo su questo. Resta il fatto che per la partecipazione democratica e per il pluralismo dell’informazione, questa concentrazione è un colpo molto forte, un altro passo indietro, dalla democrazia delle cittadine e dei cittadini al dominio sui media.
13.10.2016
Brigitte Foppa, Hans Heiss, Riccardo Dello Sbarba

BrennerO 3/10/2016Mozione.
Sul territorio della provincia di Bolzano si trovano in questo momento poco più di 1.000 persone richie­denti asilo accolte nelle strutture allestite nel pro­gramma di accoglienza e circa 400 non accolte in tali strutture, ma presenti sul territorio, che hanno avvi­ato la domanda di asilo o protezione internazionale in Alto Adige-Südtirol e che finora hanno ricevuto una “assistenza umanitaria” fatta di vitto e alloggio in strutture molto spartane (ad es. i magazzini ex Le­mayr o Salewa nella zona industriale di Bolzano). Una parte di queste persane, che ricadono sotto la categoria di “soggetti vulnerabili” (ai sensi dell’art. 17 del Decreto Legislativo n. 142 del 2015, che a sua volta recepisce la direttiva 2013/33 del Parlamento e del Consiglio europeo) sono state invece accolte in strutture più protette come garni e alberghi econo­mici di Bolzano.
Queste 400 persone che hanno presentato domanda di asilo in provincia di Bolzano sono da tempo og­getto di un confronto con lo Stato. La richiesta della Provincia, che queste persone siano riconosciute dallo Stato come parte della quota di redistribuzione assegnata alla nostra provincia, è giustificata e con­tribuirebbe ad andare oltre la pura assistenza uma­nitaria per una vera e propria accoglienza. A quanto ci risulta, di queste 400 persone lo Stato ne ha rico­nosciute circa 350 nella quota a noi assegnata, ma solo dal punto di vista numerico (la nostra quota di redistribuzione statale è di poco più di circa 1400 persone), mentre non ri­sulta che a questo riconosci­mento segua da parte dello Stato anche la copertura finanziaria (che per le quote riconosciute è prevista e doverosa). Fa bene dunque la Provincia a chiedere un completo ricono­scimento.
Tuttavia, la divergenza su questo aspetto non può essere pagata dalle persone richiedenti asilo e non può trasformarsi addirittura in restrizioni perfino della assistenza umanitaria finora garantita dalla Provin­cia. Al primo posto va messa la persona e il nostro dovere di garantire in modo dignitoso i più elementari diritti umani a chiunque in stato di bisogno si trovi sul nostro territorio.
Ciò vale soprattutto per l’assistenza offerta alle co­siddette “categorie vulnerabili”, che godono di una protezione rafforzata ai sensi dell’art. 17 del citato Decreto Legislativo n. 142/2015: minori, minori non accompagnati, disabili, anziani, donne in gravidanza, famiglie con figli minori, vittime di tratta, persone malate o vittime di tortura, stupri o altre forme di violenza. Risulta che in provincia di Bolzano, tra le 400 persone sopra citate, i casi di questo genere siano un centinaio. A queste persone una Provincia civile non può voltare le spalle.
A questo scopo non risultano idonee le indicazioni restrittive contenute nelle circolari della Ripartizione politiche sociali della Provincia inviate il 29 settembre e il 3 ottobre al “nucleo di accoglienza”, alle associa­zioni Caritas e Volontarius e al SIS (Servizio Integra­zione Sociale).
Tutto ciò premesso,
il Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano impegna la Giunta provinciale

  1. a continuare a richiedere allo Stato l’inserimento delle persone che hanno fatto richiesta di asilo sul territorio della provincia all’interno della quota di redistribuzione assegnata a livello statale all’Alto Adige-Südtirol non solo numericamente, ma an­che garantendo la doverosa copertura finanziaria, anche con l’obbiettivo di passare al più presto dal­la fase della assistenza umanitaria a quella del­la vera e propria accoglienza secondo le nor­me eu­ropee e statali.
  2. Nel frattempo, a continuare a garantire alle per­sone che hanno fatto richiesta di asilo sul territorio della provincia almeno l’assistenza umanitaria as­sicurata finora, revocando le indicazioni restrittive previste dalle circolari della Ripartizione politiche sociali della Provincia del 29 settembre e 3 otto­bre 2016.
  3. A concertare con Caritas e Volontarius, con i gruppi di volontariato, con i servizi sociali, con il Consorzio dei Comuni e in particolare col Co­mune di Bolzano, con il Commissariato del Go­verno e con tutti gli altri eventuali soggetti coin­volgibili in questa problematica, le misure neces­sarie a garantire alle persone richiedenti asilo, comprese quelle che hanno presentato domanda sul territorio della provincia, l’accoglienza che loro spetta.
  4. A insistere per arrivare a un’equa distribuzione tra tutti i comuni della provincia del compito di acco­glienza delle persone richiedenti asilo, comprese quelle che hanno fatto richiesta di asilo sul territo­rio della provincia.

f.to consigliere provinciale
dott. Riccardo Dello Sbarba
dott.ssa Brigitte Foppa
dott. Hans Heiss

Motivi del NO Verde alla riforma costituzionale.

Membri Coordinamento Provinciale 2016 (d.s. Silvia Simoni, Gianluca Vignoli, Marlene Pernstich, Josef Untermarzoner, Anton Holzgethan, Markus Frei, Carla Leverato, Christian Troger, manca: Rosina Ruatti)


Appena è stata fissata la data del referendum costituzionale, il Coordinamento provinciale del Partito Verde si è riunito in una seduta straordinaria da cui è emersa una chiara posizione contraria alla riforma voluta dal Presidente del Consiglio Renzi e approvata in Parlamento. Il Coordinamento provinciale dei Verdi suggerisce quindi alle elettrici e agli elettori di votare NO al Referendum costituzionale del 4 dicembre 2016.
I Verdi Grüne Vërc dell’Alto Adige/Südtirol hanno partecipato con grande impegno alla discussione sulla riforma costituzionale su vari livelli istituzionali: in Consiglio provinciale a Bolzano, in Parlamento e nella Convenzione sull‘Autonomia.
Noi Verdi restiamo convinti che la democrazia italiana abbia bisogno urgente di una riforma delle proprie istituzioni. Vediamo però nella Riforma Renzi una „controriforma“: quella che si prospetta è peggio di quella che già abbiamo. Ecco i motivi:

  • Centralismo: lo Stato viene centralizzato e l’autonomia delle Regioni viene svuotata. Lo Stato centrale interverrà sull’autonomia delle Regioni “se l’unità economica e giuridica della Repubblica o l’interesse nazionale lo esigeranno”. È carta bianca per interventi arbitrari del governo sulle autonomie.
  • Tutela debole: la “clausola di tutela” per le cinque Regioni a Statuto speciale (tra cui la nostra) è una clausola di tutela per così dire. Non ci difende dall’ingerenza romana, semmai la proroga. La “clausola di tutela” ci garantisce solo per un po’ di tempo, nient’altro.
  • Riforma del bicameralismo solo apparente: il sistema bicamerale non viene eliminato. Il Senato verrà rimpicciolito, ma sarà più complicato e soprattutto meno democratico: i/le suoi/sue componenti infatti saranno nominati/e dall’alto e non più eletti/e dal basso.
  • Pericolo per la democrazia: in combinazione con la legge elettorale „Italicum“, la riforma costituzionale indebolisce la democrazia. Può infatti succedere che un partito minoritario ottenga la maggioranza dei seggi della Camera e così il Capo del governo, senza controbilanciamento, potrà nominare tutti gli organi costituzionali –e anche dichiarare lo stato di guerra per l’Italia!
  • Altre conseguenze negative: il Referendum permette solo un SÌ o un NO per 47 articoli costituzionali. Non si può votare sì per ciò che è positivo e no per gli aspetti negativi. Non è giusto. Ma ciò che è negativo è preponderante. Rimarchiamo anche il fatto spesso trascurato della rappresentanza femminile al Senato: poiché verranno delegati in buona parte sindaci e i primi cittadini in Italia sono per il 90% uomini, la presenza femminile sarà pressoché inesistente.

Noi Verdi altoatesini mettiamo in guardia da uno sguardo viziato da provincialismo della riforma costituzionale, come fa invece la Svp che dice che i Sudtirolesi debbono “guardare solo all’Alto Adige/Südtirol” e che in Alto Adige “non ci si deve interessare degli effetti a livello statale”. Oltre che poco solidale, riteniamo che questo atteggiamento sia autolesionista. La Costituzione ci deve interessare anche al di là della nostra autonomia. Senza la Costituzione e senza i diritti da essa sanciti la nostra autonomia non è immaginabile.
Chi si schiera a favore della riforma nascondendosi dietro alla “clausola di tutela” argomenta in modo negligente e contraddittorio. La miglior tutela per l’autonomia dell’Alto Adige/Südtirol sono Regioni vicine solidali. Dando più diritti speciali a Regioni speciali in mezzo a Regioni ordinarie svuotate di competenze, si provocheranno solo invidie e la nostra autonomia sarà sempre più difficile da difendere.
E se anche la clausola di tutela fosse davvero tale e non solo una clausola procrastinante: perché votare a favore di una riforma da cui cerchiamo di difenderci? Non è logico ed è addirittura cinico. È il solito modo di puntare sugli accordi tra partiti, piuttosto che sulla definizione di regole trasparenti. Ciò può anche essere vantaggioso in certe occasioni, ma alla lunga rende la nostra autonomia fragile e dipendente dalle relazioni politiche.
Noi Verdi diciamo quindi con convinzione NO a questa riforma costituzionale. Il vero problema di questo Stato non è una Costituzione non riformata. Di conseguenza questa riforma non può esserne la soluzione, anche se i suoi sostenitori tentano di convincerci del contrario. Non dobbiamo temere il ricatto, ma piuttosto una riforma il cui spirito centralizzatore e antidemocratico danneggerebbe anche l’Alto Adige/Südtirol.
Per il Coordinamento provinciale dei Verdi/ Für den Grünen Rat
Brigitte Foppa, Hans Heiss, Riccardo Dello Sbarba, Florian Kronbichler
BZ, 27. 9. 2016

Per l’ennesima volta in Alto Adige si discute di prostituzione. È stato il sindaco Caramaschi a lanciare il tema sostenendo di voler affrontare il problema con divieti di sosta e l’apertura di bordelli. Noi Donne Verdi vediamo questi interventi come tentativi maldestri e proponiamo di cambiare prospettiva. Solo così possono emergere altre possibilità d’azione, più utili ed efficaci.

  1. La prostituzione è un fenomeno maschile. Normalmente al centro dell’interesse pubblico e politico si ritrovano sempre le donne che offrono prestazioni sessuali in cambio di denaro. Eppure in tutto il fenomeno della prostituzione le donne sono solo una parte minoritaria. In Italia su 27.000 prostitute si calcolano ca. 2,5 milioni di clienti. Prostituti uomini e clienti donne sono solo delle comparse in questo scenario. Sarebbe quindi più sensato spostare l’attenzione sui clienti. Siamo contro misure punitive contro i clienti di prostituzione, ma la clientela deve essere contata, analizzata, resa visibile e soprattutto deve essere informata su chi e che cosa finanziano con l’acquisto di prestazioni sessuali.
  2. La prostituzione come mestiere scelto liberamente (noi lo chiamiamo sex work) è solo una minima parte del fenomeno complessivo. Per le sex worker che vogliono offrire i loro servizi in modo autodeterminato, potremmo anche accettare una sorte di “bordello”, sempre che siano le donne stesse a richiederlo. Esperienze internazionali mostrano però che la presenza di queste strutture non riduce l’attività sulle strade. La stragrande maggioranza delle prostitute infatti non sono libere sex worker, ma schiave e donne sfruttate, portate in Europa attraverso il traffico di esseri umani e che non decidono certo liberamente su professione, luogo e tariffe.
  3. Spesso chi argomenta a favore dell’apertura dei “bordelli” si scherma parlando di sicurezza e salute delle donne. Chiediamo quindi che di conseguenza vengano coinvolte nella discussione le donne direttamente interessate: le sex worker e le schiave. I sindaci che fanno proposte per una “prostituzione sicura”, hanno l’obbligo morale di partire dalle esigenze delle donne. Sono loro a essere l’anello più debole di tutto questo fenomeno e quelle che devono essere tutelate. Forse così sarebbe possibile individuare altri provvedimenti più utili ed efficaci rispetto al divieto di sosta: ad esempio aree di attesa più sicure, migliore illuminazione, bagni, luoghi riscaldati e prodotti contraccettivi e per l’igiene personale.

Da questo veloce schizzo da un’altra prospettiva emerge in modo chiaro quanto sia distorto il dibattito attuale e come si continuino a ignorare i punti centrali del problema della prostituzione. Spostare in altri quartieri, nascondere dietro le porte di un “bordello”, sembrano essere a prima vista delle misure plausibili. In realtà non risolvono proprio niente e ancora meno migliorano la condizione di tante povere donne. Eppure sarebbe proprio qui, su questo tema, in questi luoghi, che dovrebbe iniziare una politica della città onesta, moderna e responsabile.

Brigitte Foppa e Evelyn Gruber-Fischnaller, per le Donne Verdi

I fondi di investimento pubblici devono rinunciare alle azioni legate alle energie fossili e puntare invece su quelle pulite e climasostenibili.

© Thüringe Grüne Brigitte Foppa, Reinhard Bütikofer, Johanna Donà

© Thüringe Grüne
Brigitte Foppa, Reinhard Bütikofer, Johanna Donà


Una delegazione dei Verdi europei (EGP) si trova in questi giorni nella nostra provincia per valutare una possibile ammissione dei Verdi sudtirolesi nelle proprie fila. Abbiamo approfittato di questa visita per parlare di “divestment”, un tema a cui Reinhard Bütikofer (europearlamentare e co-portavoce dei Verdi europei) si dedica da tempo. Ieri sera, 20 settembre 2016, interessati/e hanno potuto capire di cosa si tratta e partecipare a una bella discussione in proposito nella Casa Kolping a Bolzano.
Con “divestment” si intende l’uscita dagli investimenti nel settore dell’energia fossile. Questo movimento per la protezione del clima, nato da pochi anni, si sta lentamente diffondendo e unisce riflessioni etiche a strategie finanziarie per quello che riguarda la questione energetica. Non possiamo infatti frenare il cambiamento climatico e il riscaldamento della Terra, se continuiamo a investire i nostri soldi in energie fossili. Questa contraddizione diventa sempre più chiara e già associazioni, consorzi, istituzioni pubbliche e religiose iniziano a cambiare la tipologia dei loro investimenti. Tale presa di coscienza viene affiancata anche dai grandi gruppi economici che iniziano a dubitare della sensatezza degli investimenti economici nelle energie fossili. Il potenziale di CO2 contenuto nelle riserve di petrolio, gas e carbone non lascerà indifferenti i mercati finanziari. Se dobbiamo raggiungere gli obiettivi climatici – come è stato ribadito con forza dagli Stati anche durante l’ultima Conferenza sul clima di Parigi – allora una buona parte delle riserve fossili deve restare nel terreno. Ma più si investirà nelle energie fossili, più grande diventerà il pericolo di una “carbon bubble”, una “bolla del carbonio”, che ancora sta gonfiando i mercati finanziari e che prima o poi rischia di scoppiare. Questo fa sì che gli “investimenti fossili”, non solo non siano più sostenibili (non lo sono mai stati), ma anche sempre più a rischio. Grandi gruppi come Rockefeller e Allianz ne hanno già preso atto, così come grandi città (Stoccolma, Oslo, Bristol, Berlino…) e anche i fondi statali norvegesi. È compito di ogni persona, Comune, Provincia, Regione prendere atto di questa contraddizione intrinseca e di tale rischio – così Bütikofer – e iniziare così a “disinvestire”, cioè indirizzare gli investimenti su altre tipologie di energia.
Per il Gruppo verde in Consiglio provinciale e regionale, Brigitte Foppa ha anche presentato due interrogazioni, grazie alle quali abbiamo potuto esaminare gli investimenti nelle energie fossili a livello provinciale e regionale. Questi sono presenti essenzialmente in PensPlan Centrum S.p.A. nel cui portfolio si trovano tra 1,5 e 2% di azioni indirizzate ai settori di petrolio, carbone e gas. Inoltre, tramite Medio Credito, la Provincia ha partecipazioni in Alto Garda (6%), Enercoop (15 %) e Dolomiti Energia (0,27%). La Autostrada del Brennero S.p.A. da parte sua partecipa per il 52% alla Auto Plose Sadobre Srl.
Chiederemo quindi di rinunciare anche a queste partecipazioni. In questo modo la Provincia potrà rafforzare la sua strategia per la protezione del clima e la Regione potrà minimizzare il rischio finanziario. In un modo o nell’altro si tratta dei nostri soldi e del nostro futuro.
Bolzano, 21.09.2016
Brigitte Foppa, Hans Heiss, Riccardo Dello Sbarba