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gruenes-auto-steckerGrazie all’approvazione dell’ordine del giorno presentato dai Verdi finalizzato al supporto alla mobilità sostenibile, la Giunta si impegna a a predisporre nel piano strategico per la mobilità sostenibile e nel bilancio provinciale delle misure e dei finanziamenti adeguati atti a sostenere quelle aziende che intendono passare a una mobilità più sostenibile con l’acquisto di veicoli elettrici.
Se il settore privato si muove in maniera parallela rispetto al pubblico perseguendo strategie interne ed esterne di mobilità sostenibile, il contributo contro il cambiamento climatico aumenta, così come l’effetto di sensibilizzazione sui singoli cittadini e cittadine.
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Cons. prov.
Brigitte Foppa
Riccardo Dello Sbarba
Hans Heiss
BZ, 16.12.2016

bio-euIl Consiglio provinciale ha approvato oggi l’ordine del giorno alla legge di bilancio 2017 dei Verdi per maggiori investimenti nella ricerca e nell’offerta formativa sull’agricoltura biologica.
È un settore in crescita e dal forte potenziale anche per l’occupazione giovanile e femminile. Entro il 2020 l’Italia vuole raddoppiare la superficie dedicata all’agricoltura bio, l’Austria ha posto il biologico tra i suoi obiettivi centrali e numerosi sono gli istituti di ricerca che operani in tal senso, dal 2013 la Germania investe 17 milioni di Euro all’anno per il Programma federale per l’agricoltura ecologica.
In Alto Adige/Südtirol il numero di agricoltori e agricoltrici che sceglie di passare al biologico è in costante aumento, ma la ricerca è ancora poco sviluppata, soprattutto per quello che riguarda i settori dell’agricoltura a fieno, cerealicola e legata all’allevamento per la produzione di latte.
Anche l’offerta formativa sul biologico ha ampi margini di rafforzamento: solo la Scuola professionale per l’agricoltura e di economia domestica Salern di Varna gestisce l’attività in modo biologico. Negli altri istituti Laimburg, Dietenheim, Fürstenburg e nella Scuola superiore di agraria a Ora, il biologico è presente, ma solo incidentalmente.
Con l’approvazione di questo ordine del giorno, la Giunta si impegna così a:

  • rafforzare il reparto di ricerca e sperimentazione dedicato all’agricoltura biologica del Centro di sperimentazione Laimburg con adeguati finanziamenti e risorse di personale;
  • rafforzare la proposta formativa rivolta al biologico nelle varie strutture e istituti di ricerca dell’Alto Adige/Südtirol, dalle scuole superiori all’università.

Il testo integrale della mozione è disponibile qui.
Cons. prov.
Brigitte Foppa
Riccardo Dello Sbarba
Hans Heiss

Discorso sulla legge di bilancio 2017.
Brigitte Foppa
Geehrter Landeshauptmann, geehrte Landesregierung, geschätzte Kolleginnen und Kollegen,
Brigitte Foppa
Ich weiß nicht wie es euch geht – aber ich war selten so uninspiriert wie bei diesem Haushalt 2017. Vielleicht ist es die Mittlegislaturdepression, vielleicht die Tatsache, dass der Landeshauptmann in seiner heurigen Rede nichts, aber schon gar nichts auslassen wollte, nichts der Imagination überlassen, sich auch nicht vorhalten lassen, wie die letzten Jahre, wen und was er alles außen vor gelassen hatte.
Trotz Inspriationsmangel habe ich mich bemüht und meine Rede zum Landeshaushalt geschrieben. Mein schönes Feedback angelegt, das vergangene Jahr Revue passieren lassen, die Rede des LH durchanalysiert. Das übliche Pingpong, der LH bringt seine Gedanken vor, die Opposition kommentiert, mehr oder minder kritisch – und dann ist fertig und man geht in die Weihnachtspause.
Jedoch habe ich im Anschluss ein Buch gelesen, Ulrich Grobers „Der leise Atem der Zukunft“, eine Reflexion zum „Aufstieg nachhaltiger Werte in Zeiten der Krise“. Wie in vielen der neueren Texte über Nachhaltigkeit geht es auch darin weniger um technologische Lösungen gegen die Verschmutzung und Ausbeutung der Umwelt, sondern vielmehr um die Erfindung, die Entwicklung, die Gestaltung und die Implementierung des Neuen. Und meine Lust, das immer Gleiche zu variieren, wenn auch möglichst mit Stil und Verve, hat sich in Luft aufgelöst. Ich habe meine Rede verworfen.
Breaking through to the other side…… mit diesem Lied der Doors beginnt das Buch und es handelt vom “Druchbruch”, vom Öffnen neuer Welten. So war die einzige Lust, die verblieb, jene, zu erzählen, welche Rede ich gern gehört hätte, für unser Jahr 2017. Denn ich wünsche mir, weiterhin, vielleicht auch schon aussichtslos, dass das Neue endlich Einzug hält im Land. Nach 3 Jahren Probezeit sollte es doch endlich möglich sein.
Wir, die wir vor 3 Jahren neu waren, sind das nicht mehr.
Die Narration der Veränderung ist das, was vor den Wahlen funktioniert. Schon sehr viel schwieriger ist es, die Veränderung in die Systeme, die Realitäten, den politischen Alltag zu tragen. Mein Eindruck ist, dass diese Regierung sehr schnell gealtert ist – und ich glaube auch, dass man umso schneller altert, je mehr man sich vorher, vielleicht ohne es wirklich zu sein, als das Neue verkauft hat. Il meccanismo forse è diabolico e universale e prescinde dal nuovo: Boy-Scout Renzi è il miglior esempio che la metafora che ti sei cucito addosso (nel suo caso: il rottamatore), ti può molto facilmente cadere addosso alla prima occasione. È invecchiata presto questa giunta, dicevo, e lo si nota soprattutto perché si muove già in difesa. Evidentemente perché gli attacchi, spesso probabilmente dalle proprie fila, sono molti e risulta sempre più difficile tenere insieme la baracca della maggioranza. Di questo non invidiamo nessuno.
Aber es lohnt sich auch darüber nachzudenken, wie sich das Neue hätte anhören können. Es wären vielleicht nicht 34 Seiten zu den drei WWWs Wurzeln, Wirtschaft und Wachstum gewesen.
Vielleicht hätte es 5 Seiten gegeben, in denen davon die Rede ist, wie wir dieses Land, das unsere Heimat ist, gestalten wollen, in den 2 Jahren, die noch verbleiben bis zum Legislaturwechsel. Denn immer wieder greifen Sie in Ihrer Rede das Thema der Verwurzelung auf, und beschwören die Heimat. Ein Begriff, der bei den nächsten Wahlen 2018 an Bedeutung regelrecht anschwellen wird und es ist gut, sich rechtzeitig damit zu befassen. Das Wort war ursprünglich ein Neutrum und stammt von germ.*haimi, ie. *kei (liegen), es betraf also strikt die Herkunft, die geografische Dimension. Interessant ist, dass dieses Wort, das für uns heute so sehr emotional besetzt ist, bis zur Mitte des 19. Jh. ein Amtswort war, das hauptsächlich im juristischen Sinne gebraucht wurde. Ich habe es in dieser Färbung in der Rede des LH wiedergefunden, wo die Heimat zwar rhetorisch beschworen, in Wirklichkeit aber eher parametriert und monetisiert wird.
Wir haben uns im vergangenen Jahr sehr ausgiebig mit der Heimat befasst. In vielen Debatten hier im Landtag und in den Medien haben wir darüber diskutiert, wem sie gehört, wer Recht darauf hat, welche Bedingungen dafür gelten. Es hat auch einige Entgleisungen gegeben, die letzten während der Nachwehen zum landesüblichen Empfang beim Besuch des Kommissionspräsidenten Juncker.
Was das aber heißt, eine Heimat zu sein, eine Heimat zu bieten, im 21. Jahrhundert und in einer globalisierten Welt, darüber haben wir uns noch nicht wirklich verständigt. Das ist schade. Wir hätten uns auf Heimat als einen dynamischen Begriff einigen können, ein Konzept, das sich ständig entwickelt und dessen emotionale Dimensionen für jede Kultur, ja jede Person anders sind und sich wahrscheinlich auch im Laufe des Lebens verändern. Und wir hätten uns überlegen können, ob zu Heimat notwendigerweise jene Verwurzelung gehört, die der LH so oft zitiert, ob Luftwurzeln möglich und erwünscht sind, ob die Heimat den Menschen gehört oder die Menschen zur Heimat und ob das „gehören“, das Possessivum überhaupt treffend ist in diesem Zusammenhang.
Un discorso del cambiamento, della trasformazione sarebbe comunque partito dalle persone che vivono in questa terra, sia che la considerino la loro Heimat, sia che si trovino in una stazione di passaggio della loro vita.
Mi sarebbe piaciuto trovare al centro del discorso al bilancio 2017 gli uomini e le donne prima del PIL, gli esseri viventi prima dei miliardi da distribuire, la vita prima delle infrastrutture, la qualità della vita prima degli standards di cui vantarci e di cui è certamente bello e giusto vantarci. Ma avremmo potuto partire molto più banalmente da domande di questo tipo: Come vivono le persone in questa terra? Cosa conta per loro? Stanno bene? Sono persone, sudtirolesi, altoatesini, nuove cittadine e cittadini felici? Perché uno su 6 è a rischio povertà? Come vivono? Ho parlato con una persona che lavora in uno dei palazzi di questa piazza e che vive con marito e figli in un appartamento al 7° piano, senza balcone, senza tapparelle contro il sole, su 55 metri quadri.
Il Suo è un discorso sterile, presidente, guardi quanta poca vita contiene! La cosa più viva di tutto il discorso è lo Yogurt a pagina 21 e l’unico riferimento sensuale sono le stelle Michelin a pagina 22.
Solo nell’ultima parte ci si occupa un po’ più da vicino delle persone, ma per il resto ci si muove nell’astratto, nell’ambito degli schemi e delle percentuali e delle cifre (Ricordo la frase dell’anno, del Sindaco di Vadena, Alessandro Beati, che diceva in uno dei dibattiti sull’aeroporto: Si comincia con le cifre, quando finisce il buon senso!).
Ma, gentili assessori, ricordatevi sempre che quello che amministrate, molto prima di amministrare amministrazioni, associazioni di categoria e criteri di assegnazione, sono le persone, la loro vita e la loro fiducia in voi. Non siete notai, non siete tecnocrati né direttrici di dipartimento, non siete consiglieri di amministrazione di un’azienda. Non siete i ragionieri, ma i capi politici di una piccola provincia, questa terra a tutte e tutti noi così cara, in cima all’Italia, in mezzo all’Europa e in mezzo alle Alpi.
Infatti avrei voluto che si pensasse, subito dopo, alla natura, al mondo che ci circonda.
Anche su questo le domande sarebbero tante e andrebbero molto più in là delle tante risposte fornite dal presidente Kompatscher (le domande vanno sempre più in là delle risposte – ecco perché in politica dovremmo fare più domande!). Cosa abbiamo fatto nel 2016 per salvaguardare gli elementi più fragile del nostro ambiente, la natura e i suoi abitanti? I terreni, le falde acquifere, i boschi e i prati di alta montagna, le parti verdi delle città – come stanno? Sono stati protetti bene quest’anno? Abbiamo fatto progetti per aumentare la biodiversità, delibere per inquinare meno, leggi buone per proteggere ciò che vogliamo lasciare alle nostre figlie e i nostri figli? Abbiamo creato le basi per meno consumo di suolo? Siamo sicuri che solo con qualche centrale idroelettrica in più, senza cambiare stile di vita, salveremo il clima dal surriscaldamento – ancora, assessore Theiner, non abbiamo capito come mai continuiamo a ridurre la nostra impronta ecologica, pur aumentando ogni anno il traffico e il consumo di energia elettrica. In questi anni non si è parlato di natura e ambiente in questo Consiglio, se non quando ponevamo noi il tema… tant’è che il dibattito sulla pernice bianca era praticamente lo zenit del tema ambientale di questa prima metà della legislatura!
Nel mio discorso ideale dopo non si sarebbe passato direttamente alle infrastrutture (wieviel wird nur gebaut, in diesem Haushalt, Herr Kompatscher?), ma al modo in cui conviviamo in questa nostra terra.
Era la parte finale del Suo discorso, collega Landeshauptmann, con cui ha voluto concludere, esortando alla comprensione reciproca, alla non-provocazione, alla distensione. Le vogliamo dare atto. Ma ci sfugge comunque cosa abbia fatto questa maggioranza (e che cosa abbia in mente per l’anno a venire) per far stare meglio i vari gruppi linguistici. Non sarà stricto sensu compito della giunta, ma comunque bisogna prendere atto del fatto che gli italiani e le italiane in questa terra hanno sempre meno voce. E avere meno voce vuol dire perdere, collettivamente, sicurezza di sé, autostima – e quando questo succede con una parte di società bisogna stare molto, molto attenti.
Invece siamo troppo spesso indifferenti. Ci stiamo dimenticando di una parte di società. Pensate solo a quest’aula, che dovrebbe rappresentare la popolazione di questa terra. Solo uno su 7 degli eletti è di lingua italiana. Metà degli italiani di questa provincia ha scelto di non farsi rappresentare. Addirittura le donne sono più rappresentate e anche di queste quasi la metà sceglie di non farsi rappresentare. Colpa loro, lo so, si tende a dire in quest’aula – ma forse, se qui dentro per un insieme di circostanze ci fossero seduti solo 10 uomini e solo 11 consiglieri di lingua tedesca, magari qualche domanda sorgerebbe.
Invece ci si è abituati allo schiacciante mainstream tedesco. Quando in quest’aula risuonano quelle poche voci italiane rimaste, l’ascolto si fa meno attento, lo osservo spesso. La SVP rincorre parecchie provocazioni dal fronte patriottico tedesco.
Nel mio discorso ideale su questo punto avrei sentito delle proposte, anche suggerite magari da un partner di coalizione che si sveglia fuori prima della campagna elettorale e che vadano un po’ oltre alla settimana Sharm-el-Sheik (anche se ho già trovato confortante che ci sia stato, nel 2016, almeno un segno di vita da parte del PD).
Nella giunta che vorrei, infatti non ci sarebbe quella egemonia culturale e sopportazione affaticata che si percepisce nitidamente, ma interesse e curiosità verso l’altro. Credo nelle coalizioni, non per calcolo politico, ma perche penso che dalla diversità, proprio da essa, nasca il nuovo – e vedere quanta estraneità, quanto disinteresse, quanto freddo spartirsi-il-potere contrassegna il nostro governo provinciale fa perdere una occasione di vero buon governo dopo l’altra.

Vom Zusammenleben-Reden würde auch heißen, zu überlegen, wie wir den Reichtum verteilen, wie gerecht unser soziales Umverteilungssystem ist. Ganz Europa hinterfragt sich derzeit in Sachen Anfälligkeit für Populismen und einfache Versprechen und es ist wohl erwiesen, dass soziale Abstiegs- und Verlustängste eine enorme Rolle spielen. Wir sind bisher dieser Frage in Südtirol ausgestellt und konnten uns das vielleicht auch leisten. Aber den Augenblick, in dem man sie sich stellen muss, den sollten wir nicht verpassen. Das wäre wichtiger, als immer wieder kleine Zugeständnisse an populistische Kräfte zu machen und sich im Übrigen immer wieder recht beleidigt in den Elfenbeinturm der Unverstandenen zurückzuziehen.
Indessen stehen wir mitten in der Welt und deshalb steht es auch an, unsere Rolle in der Welt zu überdenken.
2016 ist schließlich ein denkwürdiges Jahr, weit über unser kleines Land hinaus. Einige Schockwellen sind über die Welt gefegt. Dramatisch wurde auch uns unsere Rolle in der Welt bewusst.
Etwa als Österreich mit Schließung der Brennergrenze drohte und wir plötzlich im Blickfeld des Kontinents standen. Wie sehr Österreich geblufft hat und wie sehr unsere „Schutzmacht“ dabei schmutzig gespielt hat, wurde quasi nicht bemerkt. Denn Österreich hat damals auf die heiligste Kuh unserer Gesellschaft Druck gemacht, nämlich die Bewegungsfreiheit für Menschen und Waren – die wahre Drohung an Italien war hinter den Grenzkontrollen versteckt. Denn es ging in keinem Moment darum, in den Kontrollen Flüchtlinge aufzugreifen (die Flüchtlinge kommen ja nicht mit Privatautos über den Brenner), sondern Ziel war es, mit der Androhung von Erschwernissen für Italienausreisende Italien zu einer anderen Flüchtlingspolitik zwingen. Mich wundert bis heute, dass das so wenig Thema war und alle auf die Erzählung von der Flüchtlingskontrollen hineingefallen sind. Die progressiven Kräfte haben sich damals zusammengerottet, eine denkwürdige Kundgebung am Brenner fand statt. Es war eine Schockvorstellung, den Brenner zu schließen, es war wohl für viele der Moment, in dem man die Flüchtlingsproblematik als in unser aller Leben vorgedrungen wahrnehmen musste. Bis dahin war es möglich gewesen, sie am Bildschirm in der Menge der schlimmen Nachrichten aus der Welt von sich abzuspalten und sie einigen Wenigen Zuständigen oder engagierten Freiwilligen zu überlassen. Nun aber veränderte sich der Alltag von allen, und zwar weit über den kleinen „fastidio“ hinaus, wenn man angebettelt oder am Bahnhof mit den verängstigten Gesichtern, den Psychosen, den Traumata, dem Krieg und dem Hunger konfrontiert wird.
Nein, das war etwas anderes, nun drohte die eigene Bewegungsfreiheit eingeschränkt zu werden, das war eine neue Dimension. Sie kann sich natürlich jederzeit wieder präsentieren, wenn ein Land Europas dicht macht.
Inzwischen habe ich im Nachtzug nach Deutschland erlebt, wie man um 4 Uhr früh aus dem Liegewagen geschmissen wird und froh ist, dass das eigene Gesicht europäisch ist, wenn einem die Taschenlampe der Grenzer ins Gesicht leuchtet. Eine Lappalie.
Aber es hat Tote gegeben. Wir erleben, wie sich Menschen auf die Güterzüge werfen, sich unter die LKW`s begeben, um über die Grenze zu kommen. Unser vorübergehend grenzfreies Europa besinnt sich wieder auf die Striche, die auf der Landkarte gezogen wurden, in dem einen oder anderen Moment der Geschichte, je nachdem ob man auf der Seite der Gewinner oder der Verlierer stand. Unser Europa, das auch vom LH vielfach beschworen wurde, ist dabei, wieder zu einer Sammlung von Nationalismen, Eigenheiten und Eigeninteressen zu werden – da kann der Kommissionspräsident Juncker hier in Bozen noch so Unverfängliches und Humoristisches von sich geben. Danke, Herr Landeshauptmann, in diesem Zusammenhang, fürs Relativieren der Flüchtlingsanzahl und den Nachdruck mit dem Sie in Ihrer Rede gesagt haben, dass wir keinen Notstand im Lande haben! Aber das ist nicht genug. Wir haben insgesamt eine halbherzige Aufnahmepolitik erlebt und in vielen Fällen wurden die Freiwilligen allein gelassen, mit einer gesamtgesellschaftlichen Frage, die weit über ihre Zuständigkeit (falls es so eine überhaupt gibt) hinaus ging.

Beim Prüfen unserer Rolle in der Welt geht es auch um die Anbindung Südtirols an ebendiese Welt.
Bei der Abstimmung zum Flughafen haben wir 2016 verschiedene Lebensmodelle gegenüber gestellt und Prioritäten gemessen. Wir haben viel über Anbindung und Erreichbarkeit gesprochen, aber ich glaube, wir haben uns letztlich über die Verbindung zur Welt auseinander gesetzt. Die SüdtirolerInnen haben sich dafür entschieden, diese Verbindung in einem erträglichen Maß zu halten. Ich glaube, sie waren weise in der Voraussicht.
Südtirol hat im Vorfeld dieser Abstimmung eine breite Debatte über die Grenzen des Wachstums geführt und sich für das gute Maß entschieden. Der Landesregierung haben wir immer zuerkannt, dass sie das Wahlversprechen eingehalten hat. Über die Entscheidung des Landeshauptmanns, sich in erster Person für das Ja einzusetzen, habe ich gerade nach dem Verfassungsreferendum eine noch sehr viel negativere Einschätzung als zu Zeiten der Volksbefragung. Denn es ist eine Verwirrung und Verzerrung, was zunehmend passiert. Die Sachfragen von Volksabstimmungen werden personalisiert und zu Vertrauensabstimmungen umgepolt. Das hat unser LH gescheiterweise nicht getan, Renzi ist beim Verfassungsreferendum der Eitelkeit noch sehr viel mehr erlegen. Er hat damit ganz Italien das Messer an die Brust gesetzt und ein wahres nationales Psychodrama ausgelöst. Nie hatte ich von so vielen Menschen gehört, die bis zuletzt nicht wussten, wie sie wählen sollten.

Über das Verfassungsreferendum, seinen kuriosen Ausgang und seine Folgen ist auch in diesem Saal schon alles gesagt worden. Der Landeshauptmann hat hierüber eine ganze Seite im Konjunktiv geschrieben (vielleicht hat auch er seine ideale Rede dort hinterlegt?), mein Kollege Dello Sbarba hat letzte Woche die Position unserer Fraktion in ihren diversen Fassetten geschildert und ich werde sie nicht wiederholen. Nur auf eines möchte ich hinweisen, liebe Kollegen der Volkspartei, nämlich dass ihr völlig unkorrekt seid, wenn ihr die Ja-Stimmen auf die euch gewohnte hegemonische Weise vereinnahmt. Es gibt auch gar einigen Unwillen darüber, wie ihr das in eurer Interpretation des Ergebnisses leichtfertig und auch etwas großmäulig gemacht habt. Viele auch aus unserem Umfeld, wir sagten es schon, haben ebenfalls JA gewählt, und ganz sicher nicht wegen der Weisung der SVP, sondern trotzdem. Sie haben gegen Grillo JA gewählt, gegen Salvini, gegen Berlusconi, gegen den Brexit und gegen Hofer und das war eine sehr legitime Entscheidung und das hat mit euren Verhandlungen innerhalb der römischen Koalition nichts zu tun. An die sogenannte Schutzklausel hat von diesen Ja-WählerInnen niemand geglaubt – aber sie glauben vielleicht noch weniger an die Vertrauenswürdigkeit von politischen Kräften, die mit der Unvorhersehbarkeit und Verengungstaktik des Populismus agieren. Euer Siegesgefühl, das wir euch sicher nicht absprechen wollen, rührt von eurem internen Macht- und dem noch nicht abgeschlossenen Generationenkampf und da sei euch ein Etappensieg gegönnt. Aber in welchen Kontext sich dieser Wahlausgang einfügt, das ist erst noch zu sehen.
Und so ist letzte Frage, die ich mir also gewünscht hätte, jene nach den Modalitäten und Möglichkeiten einer neuen Politik.
Das war das eigentliche Versprechen der neuen Landesregierung gewesen und an dem muss sie sich messen lassen. Denn das Neue liegt ja selten im Inhalt, sondern meistens im Prozess, in der Methode, der Vorgangsweise. Hier ist der Durchbruch möglich und derzeit gibt es auch spannende Denkprozesse zur Entwicklung der Demokratie. Christian Felber etwa arbeitet am Konzept der souveränen Demokratie; NachhaltigkeitsstrategInnen befassen sich zunehmend mit der Gestaltung des Gemeinwesens; über den Sinn und die Grenzen von direkter Demokratie hat sich im Jahr des Brexit und des Italienreferendums die ganze Welt hinterfragt. Auf diesen Grundlagen war ein klares Wort, eine starke Aussage dazu zu erwarten, wie die Landesregierung die Demokratie und die Autonomie Südtirols weiterentwickeln zu gedenkt. Ich setze die beiden Termini in Verbindung, denn ich bin vom Gesetz der Gegengewichte überzeugt.
Politik ist die Kunst der Balance und jedes Gewicht braucht entsprechend ein Gegengewicht. Je stärker die Machtkonzentration, desto stärker muss die Kontrolle sein. Und je stärker der Staat, desto mehr Subsidiaritätsmechanismen braucht es. Je mehr Macht an das Lokale delegiert wird, desto mehr Mitsprache ist notwendig. Der Diskurs zur Vollautonomie müsste daher notgedrungen mit einer Ausweitung der Partizipation einhergehen, wenn sie nicht zu einem small-size-Dominat verkommen will. Wir Grünen nennen diese neue Phase „partizipative Autonomie“ und es läge nahe, diese im Konvent zu entwerfen.

Die Aussagen des LH zum Autonomiekonvent aber, und noch mehr die Gesetzesänderung, die mit dem Stabilitätsgesetz vorgeschlagen wird, weisen leider völlig in die andere Richtung. Der Konvent wird noch weiter entschärft, ja zu einem unverbindlichen Visionsworkshop degradiert. Schon jetzt fragte man sich, wozu die nette Plauderrunde sich wohl zweiwöchentlich trifft, wenn nebenher und daran vorbei die Inhalte der Autonomie in völlig anderen Foren, die noch nicht einmal im Austausch mit dem Konvent stehen, entwickelt, systematisiert und verhandelt werden. Es ist eine Frage der Zeit, bis sich die Menschen, die für die Zukunft Südtirols im Einsatz sind, missbraucht fühlen – und ein weiteres Mal warnen wir davor, diesen ersten großen Beteiligungsprozess, der der Prototyp für viele weitere Prozesse sein sollte, auflaufen zu lassen. Man wird nicht mehr glauben daran und das wäre ein gravierender Missbrauch des Werkzeugs Konvent und der Menschen, die mitgemacht haben.
Das gilt gleichermaßen auch für die direkte Demokratie. Die elegante Auslassung dieses Themas und die Nichtnennung des Gesetzesvorhabens 2017 (die einzige) stach ins Auge, zumindest ins grüne. Dabei war der Glaube an die Umsetzung des Gesetzentwurfs der AG der Gesetzgebungskommission schon nach den ersten Kommentaren im Tagblatt auf ein Minimum gesunken. Nur der Rat der Gemeinden, der in seinem Gutachten den LGE der Kollegen Freiheitlichen mit dem Verweis auf das andere Gesetz negativ bewertet hat, lässt einen kleinen Funken Hoffnung glühen.
Mit diesem Funken möchte ich schließen. Mit der Hoffnung in Versuche, die, ruhig auch aus dem Scheitern, dem Zweifel, dem Denken und dem Zusammenbringen von Unterschiedlichkeiten den Durchbruch des Neuen ermöglichen.
Ich war heuer zu einem denkwürdigen Workshop am Ritten eingeladen (von den hier Anwesenden war LR Schuler mit dabei) und die Anwesenden brachten ihre Vorschläge zur Zukunft Südtirols vor. Mein Vorschlag lautete: Mehr Poesie in die Politik. Verständnislos hat man mich angesehen und ich habe als Einzige meinen Vorschlag gepunktet, vielleicht ist die Zeit noch nicht reif, um verstanden zu werden. Vielleicht kann es helfen, an Barack Obama zu denken, an die poetische Dimension seiner Politik, die wir angesichts der Prosa, vielleicht auch des Dramas, die uns in den USA nun erwarten, bald vermissen werden.
Ich bin überzeugt, dass unsere Politik sich dann überleben wird, wenn wir nicht imstande sind, sie anders zu denken, ihr unbekannte Nuancen und Wege zu öffnen, Neues zu erschaffen.
Poiesis heißt genau das, Erschaffen. Damit haben schon große Erfolgsgeschichten begonnen.
Vielen Dank.
Bozen, 14. Dezember 2016
 

foppa_tragust_heiss-1L’assemblea provinciale dei Verdi a marzo ha incaricato il coordinamento provinciale Verde di mettere in discussione la struttura e i modi di lavoro degli organi del partito per adattarli al ruolo sociale di un partito.
In un processo di riorganizzazione il coordinamento provinciale si è dato una nuova forma, più aperta, con meno riunioni amministrative, più laboratori e networking con i comuni .
Tra le altre cose, è stata espressa la necessità di inserire la figura di un presidente, con il compito di accompagnare e moderare i lavori del coordinamento provinciale. Dr. Karl Tragust, ex direttore della Ripartizione famiglia e politiche sociali,  ex presidente dell’Agenzia per lo sviluppo sociale ed economico, presidente dell’associazione Mediana-piattaforma per mediatori e portavoce del gruppo verde social&green, è stato eletto primo presidente del coordinamento. “In questo ruolo intendo farmi da tramite per una politica emancipata dal basso, come punto di collegamento tra consiglieri/e comunali, gruppi di lavoro all’interno del partito, direttivo e Gruppo verde in Consiglio Provinciale per i membri del partito e i/le tante attivisti/e e organizzazioni del movimento ecologista. Il coordinamento provinciale deve diventare una piattaforma di discussione, di elaborazione di idee e suggerimenti per una politica verde e sociale in Sudtirolo.” spiega Tragust.

referendum-costituzionale-2016“E’ la prova che il Sudtirolo non è Italia – scrive un amico – Ora non vi resta che trasferirvi armi e bagagli nell’Austria di Van Der Bellen”. In effetti…
Ma, in effetti, il Sudtirolo (per dire la stragrande maggioranza della popolazione di lingua tedesca, mentre quella italiana ha votato come la media nazionale) non ha votato sulla riforma della Costituzione, ma sulla “clausola di garanzia”, da noi rafforzata dalla funzione tutrice dell’Austria, che invece alle altre autonomie speciali non è data (e infatti non ci hanno creduto). Hanno votato a favore di una Costituzione che da noi non si sarebbe applicata. Anzi, hanno votato sì proprio perché da noi la nuova Costituzione non si sarebbe applicata.
Hanno votato “diversamente sì”. E’ stato il sì di tante mie amiche e amici che somiglia moltissimo al sì a Van Der Bellen di tante austriache e austriaci che pure i Verdi non li votavano mai. A Vienna hanno votato VDB per non dare l’Austria in mano a Hofer, a Bolzano hanno votato sì per non dare l’Italia in mano a Grillo e Berlusconi. Lì hanno votato VDB per stabilizzare l’Austria e stabilizzare l’Unione Europea dopo Brexit e Trump, qui hanno votato sì per stabilizzare l’Italia e reggere in piedi l’Unione Europea. Quindi un voto politico, al di là dei contenuti. Che fosse vero o no che i due paesi si trovassero sull’orlo di un baratro, questa era l’impressione di molte persone fuori dall’Italia. Per questo i progressisti europei, verdi inclusi appunto, tifavano per Renzi, al quale è riuscito di convincere l’opinione pubblica fuori dall’Italia che il voto non verteva più su una (mediocre e contraddittoria) riforma della Costituzione, ma era un voto sul destino dell’Italia in procinto di fare bancarotta e finire nelle mani di populisti e avventurieri (lui che di populismo e avventure è grande intenditore). E a Bolzano cosa pensano fuori, soprattutto nell’area tedesca, si sente.
Ma forse (forse) non è così. In Italia c’è sicuramente uno che ha perso, e si chiama Renzi. Ma non c’è uno che ha vinto, tanto era variegata l’”accozzaglia dei no”. Di sicuro ha perso chi vedeva la soluzione di tutti i problemi nella centralizzazione del potere, nel taglio dei contrappesi democratici, nell’umiliazione delle autonomie e nell’efficientismo senza popolo. Era una ricetta sciagurata ed è bene che sia stata bocciata. Adesso però bisognerebbe fare l’opposto: diffondere il potere verso il basso, rafforzare il bilanciamento tra i poteri della Repubblica, riqualificare e sviluppare le autonomie, credere nella partecipazione democratica alle grandi scelte, ricreare una informazione degna di questo nome.
E’ il compito che spetta alla parte migliore del NO. E alla parte migliore del SI’. Perché da oggi, sia chiaro, il “fronte del no” e il “fronte del sì” non esistono più.
Buon giorno Italia, guten Morgen Südtirol.
Riccardo Dello Sbarba, Capogruppo in Consiglio provinciale

plakatDomenica si vota!
Noi Verdi Grüne Vërc consigliamo di votare NO. Il nostro no, non è un no ll’Italia o un no a Europa, ma un no a questa riforma.
Informazioni sul contenuto della riforma trovate sul sito di Politis che ha pubblicato una breve guida al referendum sulla riforma costituzionale.
Il parlamentare Florian Kronbichler, che nelle ultime settimane ha viaggiato molto per informare sulla riforma, riassume i principali argomenti per un No nei suoi post su Facebook.
 
Si vota solo domenica 4 dicembre dalle ore 7 alle ore 23.

gleichgewichtIl Referendum Costituzionale è alle porte e mi trovo stranamente a invidiare tutte le persone in grado di comunicare in maniera chiara e univoca come voteranno domenica prossima. Anch‘io vorrei avere la stessa convinzione. Purtroppo però non è così.
Da punto di vista dei contenuti non ho dubbi su come voterei. Perfino i sostenitori concordano nel dire che si tratta di uno dei tentativi di riforma peggiori di tutti i tempi (anche solo dal punto di vista formale). Perfino la campagna di promozione più costosa non riesce a coprire il fatto che si tratta di una medicina sbagliata per una falsa malattia. Il fatto che sia collegata a una legge elettorale scandalosa provoca a tutti gli elettori e le elettrici di centro-sinistra un gran mal di pancia.
La conclusione all’inizio: non si può approvare questa riforma e chi lo fa, lo fa nella gran parte dei casi non sui fatti, ma su riflessioni politiche. Anche chi non si identifica con le politiche di Renzi, soffre all’idea delle possibili alternative: strilloni populisti, aizzatori xenofobi, nullità di destra, galli di sinistra… la scena politica italiana non offre un bello spettacolo. Renzi ha camuffato la sua inguardabile riforma con una grande operazione di marketing e ha trasformato il referendum in un voto di fiducia sulla sua persona. Questa trama però ci mette in un bel dilemma. Da un lato perché coloro che rifiutano i contenuti della riforma in questo modo fanno il gioco di quelli che non hanno niente di meglio da offrire, con ancor meno correttezza e sicurezza rispetto a un PD che con tutti i suoi difetti è ancora da ritenere una forza quanto meno progressista. Dall’altra perché l’analisi dei contenuti della riforma è diventata del tutto secondaria. E la cosa è ancor più spiacevole, visto che in un referendum si dovrebbe essere liberi di decidere proprio nel merito delle cose. Questa politicizzazione forzata, riguardo proprio il testo più importante della nostra democrazia, è molto grave e lascerà il segno anche sui prossimi appuntamenti elettorali.
Se vediamo la democrazia come un complesso gioco di equilibri, allora vedremo in questa riforma una cascata di elementi destabilizzanti che ci devono far drizzare le orecchie. In una democrazia esistono degli equilibri ben oliati tra le forze e su vari livelli che mantengono bilanciati il potere e il controllo: più forte è delineato il potere, più affilati devono essere i meccanismi che lo controllano.
La riforma Renzi-Boschi, collegata alla legge elettorale Italicum, nasconde molte insidie. Cerca infatti di risolvere la debolezza endemica delle forze politiche italiane con un aumento del potere costruito in modo artificiale. Il Senato viene depotenziato e delegato a sindaci e consiglieri regionali, i quali dovranno in poco tempo prendere posizione sulle leggi di bilancio dello Stato. La Camera, dopata da un premio di maggioranza esagerato, avrà il potere di nominare i Giudici delle Corte Costituzionale e così proprio una di quelle istanze che dovrebbero garantire il controllo. In tempi di populismo è un pericoloso spostamento degli equilibri.
Lo stesso si può osservare se parliamo di efficienza e sussidiarietà. I progressi ottenuti nel 2001 con grande fatica verso un federalismo dello Stato italiano, vengono annullati con la scusa dell’inefficienza delle amministrazioni locali. Eppure sussidiarietà e federalismo sono dei sistemi sperimentati con successo in tutte le grandi democrazie del mondo. Anche qui vale il discorso degli equilibri: più forte è uno stato centrale, meglio deve essere assicurata la responsabilità degli enti periferici. Ma la riforma toglie poteri alle Regioni secondo la logica di una migliore efficienza. Chi ha mai avuto occasione di entrare in un ministero a Roma, troverà arduo a immaginarselo un luogo deputato all’efficienza.
Se zoomiamo lo sguardo verso di noi, possiamo occuparci finalmente anche con gli equilibri della nostra realtà, seguendo forse il principio “più amministrazione autonoma, più partecipazione nei processi decisionali”. Questa riforma potrebbe avere delle ricadute negative anche sulla nostra autonomia e non riesco molto a capire la tranquilla fiducia della Volkspartei. Ma accanto al solito gioco “noi contro l’Italia” dovremmo guardare alla nostra democrazia interna, a cui non si è nemmeno fatto cenno nel corso di questa campagna elettorale… eppure sono in atto grandi manovre di regia intorno alla nostra autonomia: sono in corso trattative con lo Stato, i presidenti delle due province sembrano essersi accordati sul futuro della Regione e ci sarebbe pure un gruppo di persone che nel loro tempo libero si incontrano per discutere sul futuro dell’autonomia in quel processo che chiamiamo Convenzione. La visione su quale direzione si debba andare e sucome debba diventare la nostra democrazia è ancora molto oscura e nebulosa… e non abbiamo usato la discussione sul referendum per confrontarci in proposito e fare chiarezza.
Questo referendum è quindi una opportunità persa. La Costituzione deve essere rinnovata e sarebbe potuto essere un apice della storia democratica. La grande partecipazione ai molti dibattiti organizzati su questo referendum mostrano che le persone si sentono chiamate in causa. Stiamo davvero vivendo un bel momento di cittadinanza attiva. Lo spettacolo che stanno dando i leader politici italiani è invece una tragedia.
Chiedo dunque di poter decidere in piena libertà semplicemente nel merito della questione referendaria, senza dovermi preoccupare dei giochi di potere che non hanno nulla a che vedere con il quesito. In questo senso mi aggrappo alla nostra cara vecchia Costituzione, la quale nell’articolo 1 dichiara in modo inequivocabile che: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.” Appunto.
29.11.2016
Brigitte Foppa

Coi piedi per terra…?
Frammenti di una ricerca collettiva intorno a un termine „irritante“.
Abbiamo parlato di „Bodenständigkeit“, dopo che ci eravamo inciampati su questo termine, nell’elaborazione della „Vision“ dei Verdi Grüne Vërc. Il „Törggelen“ ci pareva un luogo e una forma adatti per farlo.
Der „Stein des Anstoßes“ (nel senso che ha fatto rotolare altri sassi…) era questa frase:
„Die Bodenständigkeit und die verschiedenen Sprachen Südtirols sind für uns wertvoll.“ (che in traduzione letterale potrebbe essere reso così: Viviamo l’essere coi piedi per terra e le diverse lingue del Sudtirolo come un patrimonio prezioso.)
Abbiamo scelto di partire dalle posizioni polarizzate, riassunte da Corinna (contraria al termine) e Toni (che lo difende):

Bei der Diskussion über unsere Vision sind wir über den Begriff „Bodenständigkeit“ gestolpert. Vielleicht liegt das daran, dass wir dieses Wort nur mit alten, eher „konservativen“ Synomymen  wie Erd- und Heimat verbunden oder sesshaft und heimisch in Verbindung gebracht und es daher auch mit „legame con la propria terra“ übersetzt haben.
Es gibt aber auch eine andere Bedeutung von Bodenständigkeit, die wir für unsere Vision verwenden sollten. Denn Bodenständigkeit sollte m. E. nicht (nur) durch eine Verbundenheit zum Wohnort / zur „Heimat“ definiert sein. Bodenständigkeit sollte vielmehr Haltungen oder  Einstellungen zum Ausdruck bringen: Klarheit im Blick, Realitätsnähe und unkomplizierte Denkweisen auch in Fragen der Komplexität. Bodenständig hieße demnach „auf dem Boden (der Tatsachen) stehend“ und hätte die Bedeutung von „geerdet“ (con i piedi per terra).
In einer Zeit, wo Flexibilität gefragt und gefordert ist, könnte dieser Begriff vor allem „Ruhe im Inneren“ oder „Sicherheit und Achtsamkeit“ bedeuten.
Bodenständig wäre so betrachtet nichts Statisches und Unverrückbares, sondern die Voraussetzung, um von einer sicheren Basis aus Neues zu wagen, innovative und kreative Lösungen anzustreben.
(Toni Ladurner)

La Bodenständigkeit mi sembra un concetto inadeguato alla nostra realtà (la “Bodenständigkeit“ ha a che fare con terra, “radicamento“, radici, provenienza, proprietà, identità… – cosa che proprio noi Verdi dovremmo guardare con grande senso critico…) e ancora di più inadeguato per quanto riguarda il futuro (il futuro porta più incertezze che mai, arrivando a possibilità e scenari che per noi ora nono inimmaginabili – come possiamo, quindi, apprezzare di sentirci “con i piedi per terra“ per innalzarci a guardare lontano…?? Lontano dove? Non abbiamo la minima idea di cosa potremmo vedere in quella lontananza. A parte il fatto che non sappiamo nemmeno dove guardare…;)
Forse l’irritazione nasce anche da un concetto che “sento“ tra le righe, e cioè quello che „bisogna prima essere sicuri nella proprio identità (terra, radici, Heimat, Boden…), nel proprio ‘sentire’ per poter poi affrontare bene il mondo“. Questa concezione, spesa soprattutto a livello di insegnamento di lingua, non corrisponde alla realtà (come sappiamo è scientificamente comprovato) e non rende giustizia alle identità che modificano in continuazione. Non si parte da una base, la ‘base“ non esiste, è un concetto ‘inventato’. Non dovremmo noi Verdi legarci proprio a concetti così vecchi e superati.
(Corinna Lorenzi)

Ecco alcune delle riflessioni che abbiamo fatto, in modo anche contrastante, ma in un crescendo di comprensione reciproca:

  • A me il concetto rimanda comunque a periodi bui che avevano messo al centro proprio il „Sangue e suolo“.
  • Bodenständig lo sopporto solo se accoppiato a un termine antagonista complementare, tipo „Bodenständigkeit und Weltoffenheit“.
  • Per me è un termine brutto, mi costerebbe fatica votare un partito che ha questo termine nella sua Vision.
  • Per me il termine riporta alle radici e sto riflettendo molto in questo periodo sulla necessità di avere delle radici per poter volare.
  • Attualmente bodenständig non è una parola associata ai Verdi, ma dovrebbe esserlo, perché vorrebbe dire fare una politica più concreta e vicina alle persone, si starebbe di più „auf dem Boden der Tatsachen“ e meno „campati per aria“.
  • Nell’antico motto dei movimenti ecologisti „Pensare globalmente, agire localmente“ si trova già condensato questa complementarietà tra Bodenständigkeit e Weltoffenheit.
  • Sentirsi appartenere a una terra e la concretezza sarebbe necessario anche per gli italiani di questa provincia – e significherebbe essere meno lontani dalle persone. I Verdi sono percepiti a volte „per aria“, forse sono anche solo „troppo avanti“.
  • Il termine si rifa alla „Eigentlichkeit“ di Adorno. Anche se si potesse interpretare nel senso dell’autenticità e della genuinità, bisogna considerare che si colloca comunque in uno spazio semantico „occupato“. La soluzione sta probabilmente nella collocazione all’interno di una dialettica con un termine che contrasta l’eccesso di unilateralità.
  • Bodenständig ha un’accezione anche spirituale, che forse a volte non comprendiamo appieno.
  • Il significato di bodenständig in Tirolo rimanda comunque a Blut&Boden e al DJ Ötzi – ma se ad esempio si guarda questa Stube (al Kinighof a Signat, n.d.r.) si vedono elementi di integrazione con culture diverse. Anche questo è Südtirol!
  • Ho fatto una serie di traslochi e in quelle occasioni si scoprono sempre i legami e la fluttuabilità. Per me la Bodenständigkeit è positiva. I Verdi sono visti più sospesi per aria, l‘unica eccezione è costituita da Hans, che percepisco come veramente bodenständig.
  • I Verdi sono nati proprio in contrapposizione a un Sudtirolo percepito come statico e chiuso su sé stesso e sulle proprie tradizioni in modo asfittico. Non a caso si chiamavano molto esplicitamente Alternative Liste für das Andere Südtirol (ALFAS), con due riferimenti alla diversità, all’apertura. Oggi bisogna trovare un nuovo modo di contestualizzarsi, nei tanti dibattiti in giro per la provincia il nostro ruolo è spesso quello della controparte, a prescindere.
  • Potrebbe essere anche una questione generazionale? Per noi giovani la Bodenständigkeit non è più un tema. Forse in questo dibattito si specchia di più la differenza tra città e campagna.
  • Le mie associazioni sono positive: Geerdet, nachhaltig, weiblich.
  • Nella mia realtà comunale rilevo diversi tipi di Böden, di suoli (il bosco, i pascoli, il suolo sigillato nei centri…, e poi un diverso suolo nelle varie parti del paese…), di per sé il suolo è il tema più verde in assoluto. Noto che come consigliera comunale verde vengo percepita come quella che disturba la quiete. Verde comunque dà fastidio.
  • Lo stigma che portiamo come Verdi secondo me è legato al fatto che presentiamo lo specchio al Sudtirolo dominante, questo ci rende antipatici. Noto ai dibattiti con gli Schützen che come Verde sono considerata automaticamente come non-bodenständig, e quindi affermarlo nella Vision con forza, mi dà il senso di restituire questa parte di me che l’essere verde mi toglie.
  • Sono in Sudtirolo da molto, ma alla fine si resta sempre Gastarbeiter! Forse è proprio questa Bodenständigkeit che rende il Sudtirolo una terra escludente, mi sembra anche un concetto ridondante e che guarda indietro. Forse anche la somma di regole (che spesso conoscono solo gli addetti ai lavori, gli indigeni, gli Eingeweihten) distrugge i potenziali, la creatività.
  • Bello il dibattito sulla consapevolezza di quello che si è, sono una cittadina del mondo e in molti sperimentiamo l’equilibrio che deriva dall’essere in più terre. A volte spaventiamo come Verdi, perché abbiamo sempre la verità in tasca.
  • La Bodenständigkeit è bella e necessaria, specie per me che lavoro la terra. L’innovazione è possibile solo a partire da buone radici e il senso della realtà – che ad ogni modo non deve mai escludere.
  • Non basta usare il concetto di Bodenständigkeit insieme a un elemento antagonista, lo si deve anche spiegare. Per la Visione una soluzione potrebbe essere mettere delle note a pié di pagina.
  • Tutto dipende dal contesto. È il Südtirol che è bodenständig, non necessariamente noi come Verdi. Per noi può significare la cura dell’ambiente, della terra, specie per chi vive in montagna. Però bisogna liberare la Bodenständigkeit dall’idea di possesso. La terra è di Dio e se vogliamo usare il concetto dobbiamo sempre farlo in senso antipodico (v. le utopie concrete).
  • Ho imparato molte cose oggi. Non provo fastidio per il termine bodenständig, forse perché lo sono. Questo non mi impedisce di volermi magari anche trasferire a Vienna – mentre mia moglie viennese preferirebbe stare qui.
  • Possiamo pensare la Bodenständigkeit più come metodo, come modo di affrontare i problemi, in modo realista, concreto, appunto, coi piedi per terra.

Detto tutto questo (e molto altro e mi scuso per quelle parti che non ho trascritto e quindi restano solo nelle nostre memorie) siamo passati alla sperimentazione „fisica“ della Bodenständigkeit, mangiando, bevendo e chiacchierando, in una Stube in cui su di noi vigilavano, dal soffitto, lo Spirito Santo e, dalla parete, in bella complementarietà, La Divina Commedia.
Brigitte/16.11.16

Fino al 4 dicembre Florian Kronbichler partecipa ancora a tanti eventi informativi per promuovere il NO. Ecco le date degli eventi pubblici:

  • Donnerstag, 24. 11. vormittag im Walther-von-der-Vogelweider-Gymnasium in Bozen mit Philipp Achammer und anderen – auch über das Flüchtlingsproblem
  • Giovedì, 24/ 11 – 20.30 h, Cles in Val di Non. La riforma della Costituzione e le autonomie regionali.
  • Venerdì, 25/11 – 17 h Bolzano, con SEL speaker’s corner – angolo Via Museo-Cassa di Risparmio.
  • Venerdì, 25/ 11 – 18.30 h Bolzano, circolo cittadino, Municipio, dibattito sulla riforma costituzionale con Francesco Palermo. Moderatore Toni Visentini.
  • Lunedì/Montag, 28.11. – 20.00 h, Pfatten/Vadena – Riforma costituzionale con Guido Denicolò.
  • Dienstag, 29.11. – 20 h, Jenesien, Info-Abend über Verfassungsreform mit (wahrscheinlich) K.Abg. Renate Gebhard.
  • Mittwoch, 30.11. – 19.30 h – Schabs, Haus der Dorfgemeinschaft, Podiumsdiskussion zur Verfassungsreform zusammen mit SVP, Südtiroler Freiheit, Freiheitliche und Bürgerunion.
  • Freitag, 2.12. – 20.00 Toblach – Einzelheiten noch festzulegen.

Il tragico incidente alla stazione di Bolzano è sintomo di una emergenza profughi ormai cronica

fiocco neroLa triste notizia a momenti passava quasi inosservata: la scorsa notte un giovane eritreo è morto alla stazione di Bolzano travolto da un treno. I dettagli devono ancora essere chiariti, ma già da ora risulta chiaro che questo tragico incidente si è verificato anche a causa del fallimento delle politiche rivolte all’immigrazione e all’accoglienza profughi e all’incapacità del gestore delle ferrovie a controllare e mettere in sicurezza il proprio areale.
Da settimane le forze dell’ordine, così come i volontari e le volontarie e i semplici osservatori constatano come la situazione soprattutto a Bolzano stia degenerando. Sulle scale della stazione si raccolgono ogni notte rifugiati senza dimora, altre persone dormono sulle soglie delle case, sotto i ponti o in altri luoghi più o meno pericolosi all’addiaccio. Le sistemazioni per l’emergenza freddo sono accessibili solo negli orari notturni e a condizioni assurde come l’obbligo di presenza dalle ore 21 e il limite a usufruire del servizio per un massimo di 20 notti.
L’emergenza freddo è stata spostata lontano dal centro della città e sistemata nei magazzini della zona industriale: per chi decide di ripararsi lì ci sono scarse informazioni e soprattutto nessun trasporto o bus navetta a disposizione. È già successo che persone indirizzate all’ex Alimarket poi non vi siano mai arrivate.
Il diritto internazionale garantisce, fin dal primo giorno della domanda di asilo, il diritto a essere accolti dal paese ospitante. E tra i doveri umanitari è compreso l’aiuto e l’assistenza nell’emergenza e nel bisogno. La Provincia di Bolzano e il Commissariato del governo hanno chiuso gli occhi troppo a lungo di fronte alle centinaia di richiedenti asilo che con mezzi propri raggiungevano Bolzano, e adesso è evidente che il sistema ha troppe falle. Tra le altre cose, la Giunta fa riferimento all’adempimento del contingente statale, ma le liste dei presenti non vengono aggiornate e quindi il conteggio in realtà non torna.
Indipendentemente da calcoli e tabelle però, il fallimento di una società e delle sue istituzioni emerge anche da fatti tragici come quello di questa notte, quando le persone cercano di fuggire aggrappandosi ai treni merci. Porsi delle domande, guardare bene, aiutare (invece di perdersi in calcoli) sarebbe la  cosa più urgente da fare.
 
Brigitte Foppa, Riccardo Dello Sbarba, Hans Heiss
Bolzano, 22.11.16