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Partiamo dai fatti: già oggi in Europa migliaia di persone hanno un doppio passaporto. Ciò rispecchia a buon diritto la storia loro e della loro famiglia in un’Europa i cui confini sono stati continuamente attraversati. La nostra posizione è invece contraria alla trasposizione di un diritto individuale in un diritto collettivo, che in questo caso riguarda la popolazione di lingua tedesca e ladina dell’Alto Adige. NOn vogliamo che si crei una disparità di diritti, verso altre persone spesso residenti nella nostra provincia da molto tempo, quando non da più generazioni.
Alcuni in questo momento propongono che, se doppia cittadinanza deve essere, allora lo sia per tutti quelli che risiedono nella nostra provincia, italiani e immigrati compresi. La proposta è fatta con ottime intenzioni, ma purtroppo è illusoria. Infatti, a quanto ci è dato sapere al momento, il diritto alla doppia cittadinanza sarebbe limitato a due gruppi di persone:

  1. a persone che possono dimostrare di avere (avuto) degli antenati in Alto Adige/Südtirol, cittadini dell’Impero austroungarico fino all’annessione all’Italia (diritto per discendenza)
  2. a persone che appartengono ai gruppi linguistici tedesco o ladino (per la funzione tutrice dell’Austria verso entrambi questi gruppi).

Questo comporterebbe una serie di problemi:
Problemi pratici:

  • il diritto per discendenza comporta le seguenti domande: chi può dimostrare (e come) che i suoi antenati un tempo, prima del 1919, erano cittadini/e dello Stato austriaco se nei nostri Comuni gli uffici dell’anagrafe sono stati introdotti solo a partire dal 1922? Bisognerà andare a rovistare nei registri dei battesimi degli archivi parrocchiali?
  • L’altro criterio, quellodell’appartenenza linguistica, comporta anche la domanda su chi faccia parte davvero, oggi, dei gruppi ladino e tedesco. Si pensa di portare come prova la dichiarazione di appartenenza linguistica? Questa è stata istituita per un altro scopo, completamente diverso, cioè la distribuzione delle risorse pubbliche secondo la proporzionale. Chi si dichiara per un gruppo o per l’altro lo fa per un calcolo di convenienza. Che cosa succederebbe con tutte le persone  che si sono aggregate per una simile scelta? In futuro gli/le italiani/e dovranno scegliere a quale gruppo appartenere a seconda se vorranno avere la cittadinanza austriaca oppure se riterranno più conveniente dichiararsi italiani secondo la distribuzione delle risorse? Una tale contraddizione potrebbe passare un esame giuridico?
  • Nel caso non si proceda in base alla dichiarazione di appartenenza ai gruppi linguistici, come si appurerà chi è “tedesca/o” e chi è “ladina/o”? E come sempre si dimentica sempre un aspetto: quale sarebbe la posizione delle persone bi- e plurilingui della nostra terra? Quali sarebbero i loro diritti e come li potranno acquisire?

Problemi politici, sociali e questioni legate all’autonomia:

  • Nella nostra terra si verrà a creare un divario nei diritti: una parte delle cittadine e dei cittadini sudtirolesi potrà richiedere la doppia cittadinanza, un’altra parte no. Questo fomenterà ancora di più l’impressione delle persone di lingua italiana di una loro progressiva emarginazione. Sicuramente non saranno molti gli italiani e le italiane con il desiderio di divenire cittadine e cittadini austriaci, ma la sola prospettiva di non averne assolutamentediritto farà crescere il senso di discriminazione. In una situazione di rassegnazione e scoraggiamento come quella attuale, il gruppo linguistico italiano non ha bisogno di ulteriori attacchi. Non dimentichiamo che la rappresentanza italiana col in 14% in Consiglio provinciale e il 12,5% in Giunta è di molto inferiore rispetto alla reale presenza italiana tra la popolazione [26% secondo il censimento del 2011].
  • I partiti della destra tedesca provocano da anni con questa richiesta. Con il palese richiamo all’ingiustizia storica, senza dubbio commessa nei confronti dell’Alto Adige nel 1918, viene minata in continuazione l’autostima collettiva della popolazione sudtirolese. Qualsiasi identificazione con lo Stato italiano viene etichettato e biasimato come nazionalismo. Proposte politiche, dalla maglia per gli sportivi sudtirolesi fino alla proclamazione dell’autodeterminazione per l’Alto Adige, servono solo a tenere viva la separazione etnica. Questo continuo punzecchiare ha portato a una gara a chi è più discriminato e a una lotta per il ruolo della vittima tra il gruppo tedesco e quello italiano. I presupposti per un ragionamento pacifico e rispettoso nella nostra terra continuano a deteriorarsi. La doppia cittadinanza rafforza ancora di più questo meccanismo perverso.
  • Su un altro livello bisogna poi tenere presente quali sarebbero le conseguenze che il doppio passaporto provocherebbe sui rapporti tra l’Alto Adige/Südtirol e l’Italia, tra l’Alto Adige/Südtirol e l’Austria e tra l’Austria e l’Italia. L’equilibrio difficile e sempre traballante degli ultimi anni sembra essersi già indebolito dopo il semplice annuncio da parte del governo austriaco di una tale possibilità.
  • Pensiamo poi a quale situazione potrebbe verificarsi se solo poche persone di lingua tedesca o ladinachiedessero il passaporto austriaco. Roma potrebbe dedurne che il rapporto con l’Austria abbia perso di significato e la funzione tutrice di Vienna si indebolirebbe. Se per evitare questo esito negativo partisse una campagna massiccia per convincere più persone possibile a richiedere la doppia cittadinanza, si rischierebbe una spaccatura verticale del gruppo di lingua tedesca tra chi si dimostrerebbe “fedele” al passato austriaco e chi si rivelerebbe un “traditore”. In ogni caso, una corsa alla cittadinanza austriaca indurirebbe le relazioni con l’Italia e sarebbe del tutto controproducente rispetto all’ampliamento dell’autonomia.
  • La concessione di una doppia cittadinanza ai e alle sudtirolesi rischia di farci uscire dalla strada dell’autonomia. Non dimentichiamo la storia: clausola fondamentale dell’accordo Degasperi-Gruber fu la restituzione della cittadinanza italiana a chi l’aveva persa optando nel 1939 per la Germania. L’autonomia dunque trova la sua origine e ragion d’essere nella tutela di una minoranza tedesca e ladina all’interno dello stato italiano. Se domani, invece, una parte consistente della popolazione sudtirolese diventasse anche cittadina austriaca, da Roma si potrebbe affermare che basta questa doppia cittadinanza a tutelare chi non si sente italiano, mentre chi si è accontentato della sola cittadinanza italiana non ha bisogno di tutela. In entrambi i casi l’autonomia diventerebbe superflua e anche la “funzione tutrice” dell’Austria cambierebbe natura: non riguarderebbe più il Sudtirolo, ma solo chi ha chiesto e ottenuta la doppia cittadinanza. È su questa strada che vogliamo metterci? E non sarà proprio per questo che i portabandiera della doppia cittadinanza sono proprio i partiti che considerano l’autonomia un ferrovecchio da mettere in soffitta?

Quindi ci domandiamo: a che cosa serve la spinta verso la doppia cittadinanza? Questa richiesta porta la nostra Provincia indietro o avanti? Contribuisce a una convivenza positiva dentro l’Alto Adige/Südtirol e alla sua apertura europea?
Noi pensiamo di no: La direzione in cui muoversi sulla questione della cittadinanza può essere solo l’Europa. La collezione di cittadinanze statali da parte di singoli cittadini e cittadine non ci fa procedere di un solo centimetro in questa direzione. Il progetto delle doppia cittadinanza ci sembra essere legato a doppio filo al passato e per nulla al futuro. E provoca già ora malumore e smarrimento.
 
Consigliamo di riflettere a fondo su questa questione e sulle sue conseguenze sulla società sudtirolese e sull’autonomia. Liberiamoci dalle favole che raccontano i partiti secessionisti della destra tedesca. Ci appelliamo soprattutto ai partiti al governo in Alto Adige, perché assumano un atteggiamento fermo, responsabile e di buon senso.
 
Cons.prov. Brigitte Foppa, Riccardo Dello Sbarba, Hans Heiss
 
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I vertici di ÖVP e FPÖ hanno concluso velocemente la formazione del nuovo governo a Vienna. Esattamente due mesi dopo le elezioni, nasce il gabinetto Kurz-Strache. Con tre sorprese: tante nuove facce, una folta rappresentanza di donne nelle file della ÖVP mentre la FPÖ si è accaparrata i ministeri dell’interno e della difesa, occupando questi due dicasteri chiave con due esponenti dell’area intransigente come Kickl e Kunasek.
Il programma del nuovo governo si basa sui principi della stabilità, della sicurezza e della riduzione delle tasse – l’avvio dunque di un percorso verso uno stato forte e neo-liberista. Taglio delle tasse, riforma radicale dei tempi di lavoro e della assicurazione sanitaria, demolizione del sistema di compartecipazione: tutto ciò va incontro alle richieste dell’economia. Mentre i richiedenti asilo e i migranti, e più in generali tutti i ceti sociali più deboli vengono messi sotto pressione. Il potenziamento delle forze di polizia e del controllo sui dati personali indicano la tendenza verso un cambio di sistema, verso l’autoritarismo. Il riconoscimento dell’Europa è fatto a mezza bocca, poiché l’invocazione della “sussidiarietà” suggerisce soprattutto l’intenzione di rafforzare lo Stato nazionale.
La disponibilità – tuttavia piena di se e ma – ad esaminare la doppia cittadinanza per i e le sudtirolesi dimostra che questa richiesta è finita nel programma di governo solo per la pressione dei Freiheitlichen sudtirolesi, della Südtiroler Freiheit e di una parte della Svp, senza immediate conseguenze per adesso, poiché Vienna conosce benissimo quante incognite presenta questa soluzione sia per l’Alto Adige che per l’Austria.
La presentazione moderata e accompagnata da armonia della nuova coalizione austriaca non può ingannare: Kurz, Sprache, Kickl e compagnia hanno pianificato una trasformazione radicale della Repubblica d’Austria. Questo piano avrà effetti profondi sull’Europa e anche sul Sudtirolo, che con una simile “potenza tutrice” sul groppone verrà spinto a spostarsi sempre più a destra.
Noi Verdi vediamo nella partenza della nuova coalizione non certo motivi di soddisfazione e terremo sotto stretta osservazione le sue conseguenze preoccupanti sulla nostra Provincia e quando ci vorrà non terremo di certo la bocca chiusa.
Brigitte Foppa e Tobe Planer, portavoce e consigliera provinciale
Hans Heiss e Riccardo Dello Sbarba, Consiglieri provinciali
​Bolzano 17. 12. 2017

Per una volta, la politica italiana si è assunta grande responsabilità. Con il voto a larga maggioranza di questa mattina al Senato, il cosiddetto testamento biologico è finalmente legge. Pazienti irreversibilmente malati, le loro famiglie e gli operatori sanitari non si dovranno più rassegnare all’inevitabilità sperando in un atto di misericordia. Da ora in poi hanno un diritto. Il parlamento, restituendo alla persona il diritto di autodeterminazione sulla propria vita fino alla morte, ha compiuto un atto di coraggio.
Con rispetto prendo atto del voto dei senatori sudtirolesi a favore del provvedimento.  Spetta, però, stima a gratitudine alla nostra compaesana sudtirolese Mina Schett Welby. Questa insegnante nata e cresciuta a San Candido, oggi 80enne e vivente a Roma, ha dedicato parte della sua vita proprio alla lotta per il diritto ad una morte in dignità. Chiamare, quindi, Mina Schett Welby la madre della legge ora approvata, non è una esagerazione.
Florian Kronbichler

Questa mattina si è concluso il dibattito generale sul bilancio provinciale. La presentazione di numeri e cifre offre a maggioranza e minoranza l’occasione per valutare il corso delle politiche attuate dalla Giunta provinciale negli ultimi quattro anni. Anche il Gruppo verde ha effettuato una valutazione complessiva e ha evidenziato le mancanze nelle politiche rivolte al sociale, all’ecologia e alla democrazia.
Nell’euforia dell’attuale fase di crescita si dimentica troppo spesso che „nei momenti di grande prosperità resta sempre una base di poveri e di persone a rischio povertà intorno al 15%“ ricorda Hans Heiss. Si percepisce anche una preoccupazione più sommersa che serpeggia nella società „che il boom economico possa durare solo un periodo limitato e che la pace possa essere fasulla“.
Si usa l’alibi della sicurezza per bloccare l’apertura democratica e viene promossa una politica “per le persone” invece che “con le persone”. Le promesse di più partecipazione sono state disattese. Non vale solo per la Convenzione e questo nonostante “non si sia mai verificata prima un’ondata così intensa di consultazioni popolari” commenta Brigitte Foppa. Lungo il cammino di elaborazione della legge per la democrazia diretta sono stati posti molti ostacoli. Dare una conclusione degna al processo “sarà un banco di prova importante per la Giunta provinciale”, anche per incoraggiare nuovi modelli di partecipazione nella nostra terra, piuttosto che dichiararli inutili e superflui. Disattendere anche questa aspettativa sarebbe una vera e propria “dichiarazione di fallimento per qualsivoglia tentativo di partecipazione nella nostra provincia”.
I consiglieri e la consigliera verdi definiscono un fake anche la cosiddetta partecipazione nell’elaborazione della nuova legge urbanistica. Lo stesso Kompatscher lo ha dichiarato senza tanti giri di parole a che cosa serva: 1) sburocratizzazione, 2) vicinanza alla cittadinanza, 3) semplificazione delle pratiche, 4) certezza del diritto e 5) progettabilità. Chi si aspettava obiettivi come 1) tutela del suolo, 2) limitazione della cementificazione, 3) spazio come risorsa, 4) tutela del bene comune e 5) trasparenza è rimasto deluso. L‘elaborazione del disegno di legge purtroppo non è un buon esempio di partecipazione riuscita, ma piuttosto di lobbying riuscito.
Abbandonare binari conosciuti significa necessariamente sviluppare un atteggiamento nuovo, ma soprattutto mostrare il coraggio di cambiare e di aprirsi. E si ha bisogno anche di un’altra cosa: accanto al diritto fondamentale alla sicurezza ci vuole anche la capacità di apprendere, se vogliamo davvero costruire il futuro guardando lontano.
Il discorso di Brigitte Foppa può essere scaricato qui: http://www.verdi.bz.it/brigitte-foppa-haushaltsrede-2018/
Il discorso di Hans Heiss può essere scaricato qui: http://www.verdi.bz.it/hans-heiss-haushaltsrede-2018/
Bolzano 14. 12. 2017
Brigitte Foppa, Hans Heiss, Riccardo Dello Sbarba

L’ultimo fine settimana ha stabilito nuovi record per i mercatini di Natale dell’Alto Adige: le città della provincia sono state invase da centinaia di migliaia di visitatori, migliaia di auto, autobus e camper hanno intasato strade e parcheggi.
I commercianti, gli operatori degli stand e gli albergatori non hanno motivo di lamentarsi, perché stavolta le casse si sono davvero riempite.
Ma molte normali cittadine e cittadini si lamentano del trambusto e della folla. Non è solo un fastidio superficiale, ma la meditata certezza che le città e gran parte del territorio non “appartengano” più a loro e che l’atmosfera dell’Avvento sprofondi definitivamente nel caos del consumismo.
Infatti:

  • I cittadini e le cittadine che non traggono profitto dagli affari natalizi sono drasticamente limitati nella loro mobilità e nella qualità della vita;
  • L’inquinamento atmosferico che già cresce d’inverno è ulteriormente aggravato dal traffico di migliaia di camper e autobus;
  • L’autostrada congestionata da Vipiteno a Verona diventa un’enorme fonte di emissioni nocive;
  • I costi del controllo del traffico e dello smaltimento dei rifiuti gravano sulla comunità, mentre i benefici vanno solo a un numero limitato di persone.

In queste condizioni, le richieste di una terza corsia autostradale, come proposto dal capo degli impianti di risalita Paolo Cappadozzi e appoggiate dal direttore dell’A-22 Pardatscher, non sono solo incomprensibili, ma addirittura ciniche.
Dopo un fine settimana come l’ultimo, che ha fortemente limitato la qualità della vita e la mobilità di molti cittadini e cittadine, la questione dei limiti di questo caos non è più rinviabile.
Ridurre questo orrore dell’avvento nei prossimi anni è un accorato desiderio di molte persone, che non riconoscono più il loro ambiente di vita in fine settimana come l’ultimo e devono pagare per il disordine senza che aver potuto esprimere la propria opinione in merito.
Bolzano, 11.12.2017
Brigitte Foppa
Hans Heiss
Riccardo Dello Sbarba

L’ultimo fine settimana ha stabilito nuovi record per i mercatini di Natale dell’Alto Adige: le città della provincia sono state invase da centinaia di migliaia di visitatori, migliaia di auto, autobus e camper hanno intasato strade e parcheggi. I commercianti, gli operatori degli stand e gli albergatori non hanno motivo di lamentarsi, perché stavolta le casse si sono davvero riempite. Ma molte normali cittadine e cittadini si lamentano del trambusto e della folla. Non è solo un fastidio superficiale, ma la meditata certezza che le città e gran parte del territorio non “appartengano” più a loro e che l’atmosfera dell’Avvento sprofondi definitivamente nel caos del consumismo. Infatti:

  • I cittadini e le cittadine che non traggono profitto dagli affari natalizi sono drasticamente limitati nella loro mobilità e nella qualità della vita;
  • L’inquinamento atmosferico che già cresce d’inverno è ulteriormente aggravato dal traffico di migliaia di camper e autobus;
  • L’autostrada congestionata da Vipiteno a Verona diventa un’enorme fonte di emissioni nocive;
  • I costi del controllo del traffico e dello smaltimento dei rifiuti gravano sulla comunità, mentre i benefici vanno solo a un numero limitato di persone.

In queste condizioni, le richieste di una terza corsia autostradale, come proposto dal capo degli impianti di risalita Paolo Cappadozzi e appoggiate dal direttore dell’A-22 Pardatscher, non sono solo incomprensibili, ma addirittura ciniche. Dopo un fine settimana come l’ultimo, che ha fortemente limitato la qualità della vita e la mobilità di molti cittadini e cittadine, la questione dei limiti di questo caos non è più rinviabile. Ridurre questo orrore dell’avvento nei prossimi anni è un accorato desiderio di molte persone, che non riconoscono più il loro ambiente di vita in fine settimana come l’ultimo e devono pagare per il disordine senza che aver potuto esprimere la propria opinione in merito.

Brigitte Foppa
Hans Heiss
Riccardo Dello Sbarba

Bolzano, 11/12/2017

Ieri a Malles l’assessore altoatesino Richard Theiner e il sottosegretario della Lombardia Ugo Parolo hanno presentato lo studio preliminare per un traforo sotto lo Stelvio.
Lo studio ha valutato diverse ipotesi di tunnel stradale e ferroviario. L’ipotesi stradale è stata decisamente respinta da tutti gli interventi di parte altoatesina: la Val Venosta non può diventare un corridoio per il traffico su gomma tra Germania e Lombardia.
Poiché finora Lombardia e Alto Adige hanno parlato due lingue diverse (di strada a Milano, di ferrovia a Bolzano), auspichiamo che durante l’analoga presentazione che si terrà questa sera a Bormio l’assessore Theiner parli chiaro, seppellendo definitivamente l’ipotesi stradale.
Ma anche i progetti di tunnel ferroviario presentati dalla Regione Lombardia sono inaccettabili. Essi prevedono infatti un treno al servizio della strada, con la possibilità di trasportare su ferrovia le auto, i bus e i camion.
Nelle previsioni, i maggiori utilizzatori del tunnel di circa 30 km sarebbero proprio i mezzi su gomma, che raggiungerebbero la Venosta dall’Europa attraverso passo Resia, monterebbero a cadenza oraria sul treno a Malles, in 25 minuti raggiungerebbero in treno Bormio, lì scenderebbero dal treno e continuerebbero su strada verso Milano.

Lo studio ha evidentemente preso a modello l’analogo tunnel svizzero della Vereina, che con treni navetta ogni 30 minuti consente ai veicoli stradali di evitare il Passo della Flüela e raggiungere la strada per Davos in 18 minuti.
Che il nuovo traforo ferroviario lavorerebbe per la strada lo dimostra anche il fatto che da Bormio a Tirano non esiste alcuna linea ferroviaria. Tra i due centri della Valtellina ci sono 35 chilometri e 900 m di dislivello e servirebbe un tunnel dal costo di oltre un miliardo di euro. Su questo Parolo non ha preso alcun impegno concreto.
In queste condizioni, il progettato traforo ferroviario Malles-Bormio si trasformerebbe in un treno-navetta rapido, con frequenza oraria, per auto, bus e camion; un magnete di traffico su gomma che va respinto.
Un tunnel ferroviario verso Bormio può essere accettabile esclusivamente per il trasporto di persone. Ma la condizione è che la Lombardia porti la ferrovia della Valtellina fino a Bormio. E da questo siamo ancora molto lontani.
 
 
Riccardo Dello Sbarba
Brigitte Foppa
Hans Heiss
 

  1. 12. 2017

Dopo il lamento dei mesi scorsi sul fatto che nelle scuole materne tedesche ci siano troppi bambini di altre lingue, la giunta provinciale ha deciso di centralizzare le iscrizioni. Si vuole arrivare a una più equa distribuzione dei bambini di varie lingue su tutte le scuole materne. Alla maggioranza politica magari sembra plausibile, ma in realtà sorgono molti problemi nuovi.
Ad esempio, i genitori possono, al momento dell’iscrizione, indicare la scuola materna preferita, e possono indicare anche una seconda scelta. Questa però è limitata alla stessa lingua di insegnamento. Quindi una famiglia che sceglie di iscrivere il figlio o la figlia in una scuola materna tedesca non può indicare come seconda scelta una scuola, dello stesso quartiere, ma italiana – opzione che per molti genitori sarebbe molto più sensata e vantaggiosa.
Ci si chiede poi anche come avverrà l’assegnazione delle scuole materne di “prima scelta”. A chi viene data la priorità? Ai bambini “tedeschi”? A quali, tra tutti gli iscritti? Come si fa poi a capire di quale lingua è un bambino o una bambina di due anni? I genitori dovranno indicarla? Cosa indicano i genitori di bambini bilingue? E cosa succede se si rifiutano o se non dicono “il vero”?
Le domande sono scottanti, perché il tema è questione dell’autonomia della nostra provincia, ma anche della libertà di scelta dei genitori, della convivenza dei gruppi linguistici e, forse prima di tutto il resto, della parità di diritti di tutti i bambini e di tutte le bambine.
Abbiamo perciò formulato una serie di domande alla giunta provinciale e presentato questa interrogazione:

  1. Come avverranno assegnati i bambini e le bambini alle singole scuole materne, nello specifico:
  • a quali genitori verrà data la priorità della prima scelta?
  • secondo quali criteri verrà deciso quale bambina/o verrà assegnato a quale scuola materna?
  • qualora questi criteri siano di natura linguistica: come si farà, a livello di direzione di scuole materne, a decidere quale sia la lingua della bambina/del bambino?
  • dove avverranno i colloqui con le famiglie per capire se la bambina/il bambino parla “abbastanza tedesco”? A livello di direzione o a livello di singola scuola materna? Chi condurrà questi colloqui? Verrà steso un verbale? Cosa succede se una famiglia non si presenta?
  • dove verrà stesa la lista delle bambine/dei bambini che saranno accolti in una scuola materna piuttosto che in un’altra? Come avverrà la comunicazione alla famiglia? Ci sarà facoltà di ricorso?
  • come saranno inquadrati i bambini bilingue? Avranno lo stesso diritto alla scelta prioritaria come i bambini monolingua (“tedeschi”)?
  1. Perché non è possibile indicare, come seconda scelta per chi lo desiderasse, una scuola materna dell’altra lingua?
  2. Come viene, nel complesso, garantito il diritto dei genitori di scegliere liberamente la scuola per le proprie figlie e i propri figli?
  3. Come viene, nel complesso, garantita la tutela dei dati personali e della privacy?

BZ, 4.12. 2017
Brigitte Foppa
Riccardo Dello Sbarba
Hans Heiss

Il previsto record annuale ci dà l’occasione per cambiare rotta

Alla fine della stagione 2017 il turismo sudtirolese ha ottenuto un altro record: grazie all’estate fortissima con 20,4 milioni di pernottamenti, l’intero anno 2017 supererà con agilità i 33 milioni. Il trend è sicuramente una buona notizia per l’occupazione e le aziende turistiche, per l’artigianato, i rifornitori e l’edilizia.
L’estate da record del 2017, con un aumento di pernottamenti del 3,4%, dopo il balzo dell’estate 2016 (+7,9%), dà sì grandi soddisfazioni, ma pone l’Alto Adige con forza davanti a noti punti interrogativi.
Siamo ben raggiungibili, purtroppo con i mezzi sbagliati
Anche il 2017 da record smentisce le lamentele sulla difficile raggiungibilità dell’Alto Adige. Mai come ora, nonostante l’assenza dell’aeroporto, arrivano così tanti turisti, che hanno scelto la nostra provincia come meta proprio a causa dei pericoli intrinseci a viaggi aerei e internazionali. Purtroppo l’85% degli ospiti ci sono arrivati con la propria automobile invece che non le possibilità sicuramente limitate dei mezzi ferroviari.
Il flusso di traffico legato al turismo è una questione chiave per il futuro ed ancora senza risposta. Il numero degli ospiti cresce, mentre la durata del soggiorno cala, ormai sotto i 4 giorni. Per questo presto avremo bisogno non solo di nuovi sistemi di trasporto, ma di una vera e propria rivoluzione dei trasporti. Perché altrimenti non sarà solo la qualità di vita e essere messa sotto pressione nei periodi di alta stagione, ma anche la fama dell’Alto Adige come regione quiete e relax.
Più qualità invece di ulteriore crescita
L’Alto Adige/Südtirol è, insieme al Tirolo, la provincia con la più alta intensità turistica di tutto l’arco alpino. Da nessun’altra parte ci sono così tanti turisti in relazione alla popolazione come da noi. Un’ulteriore crescita non è più sostenibile, nemmeno dal punto di vista del numero dei letti. Tra il 2016 e il 2017 sono stati costruiti più di 260.000 metri cubi in strutture turistiche nuove o riqualificate. La cosa corrisponde a 250 case monofamiliari o al centro di Bolzano. Se il boom di nuove strutture alberghiere continua così, il settore turistico rischia di segare il proprio il ramo.
Accanto all’ondata di investimenti abbiamo bisogno di modelli diversi
Il settore delle funivie fiuta grandi possibilità per nuovi collegamenti e aree sciistiche:  Sesto-Sillian, Valle lunga, Klausberg-Speikboden, Vipiteno/Monte Cavallo sono solo alcuni degli ampliamenti in progetto.
Il “turismo dolce” sembra invece ormai in estinzione. Ma è una valutazione errata: già ora cresce il numero delle persone che apprezzano e cercano un’offerta turistica rispettosa del clima, del paesaggio e delle culture. Intere vallate come la Val di Funes dimostrano come si possa sviluppare una tipologia di turismo che attira ospiti interessati alla sostenibilità, alla salute e alla regionalità.
La crescita obbliga il turismo a nuove responsabilità
Il turismo in Alto Adige/Südtirol dovrebbe restare un player potente, ma limitato. La questione del limite massimo e della sostenibilità per persone e ambiente deve essere posta con maggiore decisione: con il previsto traguardo di 33 milioni di pernottamenti, grazie all’estate 2017 da record, il limite massimo è in vista.
Il futuro dell’Alto Adige/Südtirol è anche nelle mani di altri settori, come quello industriale, che con un più basso utilizzo di risorse e posti di lavoro qualificati genera un alto valore aggiunto.
Il turismo invece, nonostante tutto il successo, è un prodotto maturo che guadagna solamente da una autolimitazione.
E infine: il territorio turistico dell’Alto Adige, che approfitta così tanto delle conseguenze del terrorismo dell’insicurezza, deve dare una migliore prova di sé nell’accoglienza e assistenza ai profughi, rispetto a quanto fatto fin’ora. Alcune roccaforti turistiche, che di solito si vantano di grande ospitalità e disponibilità di posti letto, in questo ambito dimostrano una rigidità spaventosa.
01.12.2017
Hans Heiss
Riccardo Dello Sbarba
Brigitte Foppa