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L'insicurezza della politica

Riccardo Dello SbarbaDISCORSO SULLA LEGGE DI BILANCIO 2015
È sempre facile esternalizzare i problemi, riferendosi alla crisi internazionale e scaricandoli sull’Italia e sulla burocrazia europea, che certo hanno tutte le colpe possibili, “ma l’insicurezza ha caratterizzato anche la politica fatta nella scorsa legislatura e nella prima parte di questa, grazie alle scelte politiche della maggioranza, tra cui quella relativa all’energia”. In campo sociale hanno creato insicurezza le modifiche ad hoc di una serie di settori della politica sociale senza un disegno complessivo, senza parlare chiaro con i cittadini o senza avere la consapevolezza delle conseguenze: per esempio, la revisione del livello di assistenza relativamente alla non autosufficienza, che ha spesso portato a una riduzione della copertura. Questo ha portato incertezza ai cittadini, i quali si domandano quanto sia solido il welfare locale. A ciò si è aggiunta la modifica del contributo sulla casa: anche in questo caso i funzionari competenti hanno mostrato proiezioni in base alle quali il sussidio non sarebbe stato ridotto, ma così non è stato. Si è poi intervenuti nell’ambito della casa: mentre fino a oggi un certo punteggio garantiva il diritto alla casa, dal prossimo anno questo non sarà più garantito, trasmettendo il messaggio che non ci sono più soldi per tutti. Questo non è più il welfare europeo che conosciamo e che ci differenzia dagli USA, non si procede più a coprire il gap tra i redditi.
La vicenda della sanità è stata gestita in maniera catastrofica, soprattutto se si pensa al trasferimento ad altro incarico di Mathá e allo studio Pasdera, che, tutto costruito sui costi, dice poco rispetto alla qualità del sistema. La politica ha giocato male le proprie carte, e anche qui ha trasmesso insicurezza: invece che presentare la riforma negli ospedali, l’ass. Stocker sarebbe dovuta andare prima sul territorio e partire da lì. Nella percezione del cittadino la politica che chiude ospedali è una politica che non si cura di lui. L’Autonomia deve essere anche un modello di welfare, e di questo si può discutere anche nella convenzione; la discussione in merito sarebbe già dovuta avvenire, e anche questo ha creato insicurezza.
Il “pasticcio” dell’energia è poi un ulteriore fattore di insicurezza “fatto in casa”: sulla questione delle grandi concessioni, che producono la maggior parte dell’energia, si è rimasti fermi alla truffa del 2006, e rispetto alla legge omnibus approvata in ottobre, che era “una sanatoria dell’illegalità” e prevedeva la riorganizzazione del settore con una fusione AEW-SEL, con trasferimento a questa società delle concessioni e delle autorizzazioni amministrative e chiusura della cosiddetta “procedura Caia”, si è fatto un passo indietro: la road map è cambiata, e la “procedura Caia” rimessa in moto, pare in seguito a un incontro con Rispoli. Si intende revocare e riassegnare le concessioni a chi le meritava, riconsiderando le domande già presentate e valutando ex novo i progetti SEL trovati nel server, di cui però non si può garantire l’originalità e la completezza; Caia propone inoltre l’istituzione di un collegio di esperti esterni, che non si potrà non istituire. In ogni caso, cosa succederà se la procedura Caia si rivelerà inconcludente? Come si procederà? Il rischio è che, per una o più concessioni, si debbano rifare le gare, per decisione del magistrato delle acque: “A quel punto dovremo applicare pedissequamente il decreto Monti, e ci pentiremo di non avere una nostra legge sulle grandi concessioni”. In ogni caso, nel 2017 scadono Brunico, Val di Vizze e Marlengo, in seguito ne scadono altre: anche per questo una legge sulle grandi concessioni è necessaria. Bisogna quindi riaprire la riflessione su questo, cercando di rendere l’oggetto delle gare meno appetibile per chi guarda solo al profitto: la Provincia non deve fare l’imprenditrice, ma la legislatrice. In quanto all’opportunità della fusione, essa è stata motivata con dati che hanno il sapore propagandistico, pertanto non si possono avere certezze; certo è, però, che a livello europeo le grandi aziende si ridimensionano e differenziano la propria attività, e che la Provincia non potrà avere nella nuova configurazione un ruolo dominante nella produzione e distribuzione di energia, perché resterebbe il conflitto di interessi; sono i Comuni che devono fare produzione e distribuzione, mentre la Provincia deve limitarsi al ruolo legislativo, regolatore e di controllo.
Riccardo Dello Sbarba
BZ, 16.12.2014

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